Salvatore Margiotta C'è voglia di fare i conti col passato recente, di rileggerlo tenendo conto delle possibili eredità che questo può avere sul nostro presente. C'è voglia di documentare l'arte effimera ma non inconsistente della scena e di farlo con affreschi storici e memorie intime, assumendo categorie storiche consolidate: come la definizione di Marco De Marinis per il 'nuovo teatro' delle avanguardie della seconda metà del XX secolo e da queste partire per una narrazione che ci metta a confronto con una scena lontana ma che forse ancora ci appartiene. In questo senso si pone l'azione editoriale di Titivillus che in accordo col progetto di ricerca di Lorenzo Mango dell'Università di Napoli L'Orientale, dopo aver pubblicato il volume di Daniela Visone, La nascita del nuovo teatro in Italia 1959-1967 ora fa seguito il volume di Salvatore Margiotta, Il nuovo teatro in Italia 1968 – 1975, la serie si concluderà col saggio di Mimma Valentino dedicato al periodo che va dalla metà degli anni Settanta a 1985. «L'aspirazione del progetto – scrive Lorenzo Mango – è tracciare una storia del Nuovo Teatro nel senso più puntuale e tecnico del termine si è evitato, cioè, di associare in discorsi unitari l'attività dei singoli artisti, preferendo incontrarla di volta in volta nei modi e nelle forme che assumeva nei diversi momenti storici». Nel secondo tomo si analizza il dopo Convegno d'Ivrea – atto fondante delle avanguardie italiane- con esponenti come Carmelo Bene, Carlo Quartucci, l'esperienza di Leo de Berardinis e Perla Peragallo, la Compagnia della Loggetta di Brescia, solo per fare qualche nome. Il sessantotto teatrale e le molteplici esperienze degli anni immediatamente successivi vengono passate al setaccio, così come il dibattito critico che ne scaturisce. In questa pur sommaria sintesi dei contenuti del volume si vuole mettere in evidenza la tensione a documentare, rileggere la memoria/storia del teatro attraverso un progetto editoriale e di ricerca condiviso che si affianca ad un persistente sforzo legato a attutire la natura effimera del teatro e a coltivarne la memoria prima e la storia poi. Nicola Arrigoni |