Di Georg Friedrich Haendel
Direttore Orchestra Teatro dell’Opera di Roma : Rinaldo Alessandrini
Regia : Pierre Audi
Maestro del coro: Ciro Visco
Scene e costumi : Patrick Kinmonth
Luci : Matthew Richardson
Alcina : Mariangela Sicilia
Ruggiero : Carlo Vistoli
Bradamante : Caterina Piva
Oronte : Anthony Gregory
Morgana : Mary Bevan
Oberto : Silvia Frigato
Melisso : Francesco Salvatori
Teatro dell’Opera di Roma, dal 18 al 26 marzo 2025
Duecentonovanta anni esatti, perche’ l’Alcina di Haendel arrivasse a Roma. Del resto dopo i primi successi, l’Alcina era stata da tutti dimenticata: fu Joan Sutherland, la grande soprano inglese, a riscoprirla negli anni 50 del secolo scorso e a farla apprezzare nel mondo. Come la Callas fece con gli operisti italiani del primo Ottocento. Questa Alcina di Audi è un gran pezzo di bravura. Per Haendel (come, del resto, per molti musicisti dell’epoca barocca), l ’opera era l’occasione per infilare una serie impressionante di arie, con poco riguardo al recitativo e alla credibilità drammatica. E Audi ha dato a quest’Alcina il teatro che le mancava. Senza cadere nella facile tentazione di attualizzare il tema alciniano dell’incantamento introducendo allusioni ai paradisi artificiali e ai deserti del nostro tempo. Rispetta l’opera, con il tocco misurato, ma profondamente espressivo, che lo distingue. Sobrie le scene, i personaggi si muovono con studiata lentezza, poi si irrigidiscono in una plastica immobilitaà alla quale vengono ridotti dagli incantesimi di Alcina. Regia limpida, rigorosa, con qualche piccola concessione allo spirito haendeliano e ariostesco dell’ironia, del frizzo, della trovata destinata ad allegerire l’intensità del dramma. Come quando Oberto si ritrae dall’abbraccio di Morgana con le mani sui testicoli doloranti. Quanto alle voci, la scelta non poteva essere più felice. Mariangela Sicilia è una ottima Alcina. Nel canto, nella espressione, nella figura, nel gesto. Rotto in ghiaccio della prima aria (Tanto m’e’ grato...), su distende nella seconda (Alla costanza mia..si son quella) spiegando tutta la ricchezza dei suoi timbri nei vertiginosi vocalizzi di cui è così ricca l’opera. Alterna potenza e delicatezza, sale ad altezze sublimi per chiudere con preziosi vibrati, palpiti a fil di voce. Così lungo tutte le sue quattordici arie. Infaticabile. Carlo Vistoli – controtenore – eè un ottimo Ruggiero. Anche lui inizia in sordina, la sua prima aria (La bocca vaga...) non ha gran consistenza, ma poi, una volta scaldata la voce, è limpido, preciso, intenso nelle sue arie piu’ famose (‘Chi scuopre al mio pensier’, ‘Qual portento’, e l’ impervio ‘Verdi prati, selve amene...’ ). Anthony Gregory (Oronte) è un tenore mozartiano, una presenza che si impone nel gesto e nella voce, ottimo ‘pendant’ con la levitas di Ruggiero. ‘Semplicetto a donna credi’ mi e’ parsa la sua aria migliore. Caterina Piva (mezzosoprano) è Bradamante: a suo agio in tutti i suoi timbri, gran pathos, perfetta interprete di arie barocche, stupisce nell’aria ‘Vorrei vendicarmi del perfido cuore’ per la incredibile girandola di vocalizzi, una tempesta che poi in chiusura si placa. Mary Bevan, soprano inglese, è disinvolta, voce fluida, perfettamente a suo agio nel ruolo di Morgana. Francesco Salvatori (Melisso) è un ottimo basso, canta ‘Pensa a chi geme, d’amor piagata...’ con voce compatta, austera, come richiede il suo personaggio: il pedagogo, la voce del dovere nel giardino dei piaceri. Quanto alla direzione dell’orchestra, Alessandrini è uno dei più apprezzari interpreti del repertorio barocco: da lui ci si aspettava quanto è riuscito a dare in eleganza e precisione ad uno dei migliori spettacoli della stagione non solo romana. Attilio Moro