concept di Francesca Pennini
azione e creazione con Andrea Amaducci (grafica live), Francesca Pennini (movimento), Alfonso Santimone (live electronics)
alla Galleria Ricci Oddi, Piacenza, 11 ottobre 2018
nell'ambito del festival di teatro contemporaneo, L'altra scena
Intorno ci sono tele tardo ottocentesche e dei primi del XX secolo, la Galleria Ricci Oddi è un piccolo scrigno di arte contemporanea, collezione di un facoltoso medico piacentino, è un museo incredibile che sembra fuoriuscire da un altro tempo, un luogo intimo in cui Medardo Rosso, Campigli, Casorati, De Pissis dialogano fra loro e con i visitatori. In questo contesto ha trovato spazio l'azione performativa O+< scritture viziose sull'inarrestabilità del tempo di Francesca Pennini e Andrea Amaducci. Una sorta di tappeto bianco rettangolare occupa il centro di una delle sale, intorno il pubblico. Sul rettangolo bianco il corpo di nero vestito di Francesca Pennini danza, mentre Andrea Amaducci osserva, strizza gli occhi, in un serrato sguardo sezionato in frame che si traduce in disegni, forme floreali che disegna saltando da un punto all'altro dello spazio. È come se il movimento venisse bloccato, ritratto, schizzato sul foglio che si riempie di segni in corrispondenza della presenza della danzatrice, segni con cui Francesca Pennini entra in dialogo in quello spazio bianco monodimensionale da cui emerge – ad un certo ponto – come tratto che si fa corpo, mentre il corpo si fa tratto nell'azione pittorica frammentata di Amaducci. Il suo schiacciare gli occhi, il suo segare il movimento fluido di Pennini si riversa con morbidezza sul foglio che si riempie di tratti neri, che si anima così come la coreografa di CollettivO CineticO abita quel rettangolo candido destinato a farsi tela. A sostegno di questa azione – in cui l'improvvisazione coreutica e grafica vivono di una forte e armoniosa interazione – è il tappeto sonoro costruito da Alfonso Santimone in un dialogo alla distanza fra performer e artista grafico. In questo interscambio emozionale e relazionale che si compie fra i tre attori dell'installazione il pubblico assiste e in un certo qual modo è fagocitato emotivamente da quel che accade. Si vive una sorta di atto demiurgico che crea non solo la tela ma si completa con la proiezione tridimensionale del corpo di Pennini che alla fine diventa segno anch'esso. E' come se gli sguardi dei ritratti, i colori dei quadri della sala della Ricci Oddi vivessero una possibile proiezione tridimensionale, potessero improvvisamente offrirsi come soggetti che fuoriescono dalla dimensione del quadro, con quello stesso effetto del vedere e chiudere gli occhi, del frammentare la visione in cui nell'alternarsi di buio e luce è possibile intuire un mondo altro in cui i segni diventano movimento, i colori corpo, lo spazio movimento. Per venti minuti di azione non è poca cosa.
Nicola Arrigoni