martedì, 18 febbraio, 2025
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ÀKRI - di Manel Rosés Moretó

Manel Rosés Moretó in "Àkri". Foto Clara Pedrol Manel Rosés Moretó in "Àkri". Foto Clara Pedrol

Idea Originale: Manel Rosés Moretó
Acrobata in scena: Manel Rosés Moretó
Tecnico del suono e macchinista dal vivo: Diego Rada Antoñanzas
Accompagnamento artistico: Roberto Magro e Joan Català Carrasco
Composizione musicale e spazio sonoro: Lluis Casahuga e Enric Bartomeu
Disegno luci e tecnico delle luci: Luis Portillo Vallet
Costumi: Eli Meoz
Costruzione scenografia e progettazione attrezzi: Ullrich Weisel
Spazio FLIC – Centro Internazionale per le Arti Circensi di Torino 18 - 19 gennaio 2025
prima nazionale

www.Sipario.it, 27 gennaio 2025

Filosofia e acrobazia. Akri è la traslitterazione della prima parte della parola greca da cui deriva l’italiano acrobazia e significa limite, mentre il termine completo sta per camminare sul limite. Akri è un assolo ça va sans dire acrobatico e di pensiero del catalano Manel Rosés Moretó, in prima nazionale a gennaio 2025 nello Spazio Flic di Torino. Pièce elaborata e ammaliante, dove l’equilibrismo si intreccia con la fantasia nel ricreare quadri connessi, di un discorso faceto e fisico, in cui lo stupore per il numero provetto si innesta in un ragionamento, in apparenza semplice, in verità ponderoso. Una porta. Una porta semovente, aperta in quinta, da cui fuoriescono foglie spinte da furiose folate di vento. Poi questa porta, che porta non era, è spostata in proscenio, l’artista si appoggia davanti e dialoga con gli spettatori sul concetto dell’essere dentro o fuori. Dentro o fuori dallo spettacolo, dentro o fuori dal tempo, e il tempo fuori è tempo altro. Sorridendo, interagendo magari con qualche distratto che ha dimenticato di spegnere il cellulare. E ancora. Al centro una scala a rotelle, una grande scala con gradini imbottiti ma impossibili da risalire con le scarpe che come dotate di autonomia continuano e tornare indietro scivolando. Allora per salire è meglio toglierle e perché non usare le mani, ascendendo a testa in giù. Poi tante scarpe compaiono e tutte scivolano veloci e allegre dalla scala. L’artista scompare, si cambia, ricompare imitando un quadro in cui si staglia un jolly assopito, con il cappello da matto e il costume rosso. Un'altra porta, tre gradini, una cantina immaginaria, si scende e si risale, si sta fermi a non fare niente. Se non si fa niente non succede niente. Così, dice Manel, agli spettatori conquistati e complici. Sta fermo e zitto e non succede niente, ma sta fermo e zitto dicendo che se non si fa nulla non capita nulla. Pausa, silenzio, attenzione, sorriso. Chapeau. 

Maura Sesia

Ultima modifica il Martedì, 28 Gennaio 2025 17:08

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