di Spiro Scimone
compagnia Scimone Sframeli
regia di Francesco Sframeli
con Spiro Scimone, Francesco Sframeli, Gianluca Cesale, Giulia Weber
scena di Lino Fiorito
, disegno luci Beatrice Ficalbi,
regista assistente Roberto Bonaventura
direttore tecnico Santo Pinizzotto
amministrazione Giovanni Scimone,
relazioni esterne e ufficio stampa Rosalba Ruggeri
realizzazione scena Nino Zuccaro
produzione compagnia Scimone Sframeli
in collaborazione con Théâtre Garonne Touluouse
Messina, al Vittorio Emanuele dal 5 all'8 novembre 2015
E' davvero una novità questo ottavo testo di Spiro Scimone titolato Amore, una delle parole più malate avrebbe detto il filosofo austriaco Ludwig Wittghenstein e con lui Moravia autore d'una pièce poco rappresentata, Il mondo è quello che è. Una novità perché nei sette precedenti lavori del drammaturgo di Messina, Nunzio, Bar, La festa, Il cortile, La busta, Pali, Giù, non compariva una presenza femminile in quanto tale, solo ne La Festa c'era una madre interpretata dallo stesso Scimone, poi più niente. Due tombe con un paio di crocette ai lati, che talvolta s'illuminano di rosso e quattro cipressi stilizzati impressi sul fondale compongono la scena minimale/essenziale di Lino Fiorito e quattro i personaggi senza nome, definiti come il vecchietto dello stesso Scimone, la vecchietta d'una brava Giulia Weber, integratasi benissimo nel gruppo, il pompiere di Gianluca Cesale e il suo comandante Francesco Sframeli pure regista dello spettacolo. Certamente anche in questo lavoro per un momento la mia mente vola a Beckett, al Pozzo di Aspettando Godot che ad tratto, rivolto ad Vladimiro e Estragone, dice... Partoriscono a cavallo di una tomba, il giorno splende un istante, ed è subito notte. Come dire che nello stesso momento che nasciamo moriamo pure, senza più avere la cognizione del tempo. Ma il mio pensiero dura solo un attimo, perché credo che il Teatro di Spiro Scimone ormai sia unico e facilmente riconoscibile, acquistando sempre più una propria autonomia, allontanandosi in modo deciso dai facili raffronti con Kafka, Ionesco e lo stesso Beckett, poggiando su una solida scrittura scenica fatta di dialoghi incalzanti, densi di aure metafisiche, ironiche, allusive, mai volgari, quasi sospese in un vuoto senza tempo in cui tutto è comprensibile e in cui le battute finali dell'uno vengono ripetute dall'altro quando riprende a parlare. Ecco dunque i due vecchietti, più arzilla lei più svanito lui, alle prese con pannoloni da cambiare e con dentiere da pulire, ritornare con la mente ad un passato felice condito da baci appassionati, di viaggi indimenticabili come quelli sulla neve e focosi amori in albergo sotto le lenzuola accanto al caminetto acceso. Ed ecco i due pompieri, in una prova ilare e di grande clownerie, che giungono sulla scena con un carrello da supermercato, fornito d'un piccolo sterzo martorizzato dal comandante Sframeli rannicchiato al suo interno e tirato dal suo subordinato Cesale, uniti d'un amore che vorrebbero quasi celare, pure loro a rivangare momenti indimenticabili, amarcord dietro un'autobotte, pannoloni da cambiare unitamente a creme da spalmare per evitare irritazioni, piccole gelosie e incendi da spegnere, tristi vacanze separate, col cruccio di non aver potuto vivere liberamente la loro intimità, per colpa ancora d'una società omofoba che non condivide di buon grado queste unioni. Una storia di due amori, uno etero uno omo, entrambi vissuti con toni poetici e gesti amorevoli, in cui l'Eros diventa Thanatos, sino a quando le due coppie adagiate sulle loro tombe non si copriranno con delle lenzuola bianche. Successo per questa prima mondiale al Teatro Vittorio Emanuele di Messina, in una produzione della stessa Compagnia Scimone-Sframeli in collaborazione col Théâtre Garonne Toulouse e salutata alla fine da infiniti applausi.
Gigi Giacobbe