di Mariano Dammacco
con Serena Balivo e Mariano Dammacco
regia Mariano Dammac
co
produzione Piccola Compagnia Dammacco
cura dello spazio scenico Stella Monesi
produzione Piccola Compagnia Dammacco / Teatro di Dioniso
in collaborazione con
L'arboreto Teatro Dimora, Teatro di Dioniso, Teatro Franco Parenti,
Primavera dei Teatri
residenze artistiche Capotrave/Kilowatt, Compagnia Diaghilev Residenza Teatro Van Westerhout,
Giallo Mare Minimal Teatro, Residenza teatrale Qui e Ora
Teatro Franco Parenti, Milano, dal 12 al 17 giugno 2018
La buona educazione. Quale?
In una scenografia decadentista che assomiglia a uno di quei quadri esposti nei musei vediamo un divano, una sedia e, sul fondale del palcoscenico, una porta illuminata. Sul divano siede una donna con i capelli raccolti in un foulard. C'è un'atmosfera che ci risveglia un sentimento di abbandono, di disagio, come se tutto, gli oggetti e la donna, fossero il frutto di una separazione fra loro e il modo fuori. La donna inizia a parlare. Ci racconta della sua famiglia che non c'è più, dei fantasmi genitoriali che la vengono a trovare di notte e soprattutto di un bimbo, quello di sua sorella morta, che gli è stato affidato con il compito di educarlo. La donna che non ha aderito alle aspettative genitoriali crea sul nipote delle aspettative che a loro volta verranno deluse. In questa sorta di karma educativo che passa da una generazione all'altra nasce il conflitto tra le richieste di chi educa e i bisogni e le azioni di chi è educato, con il risultato finale di una delusione del primo e un senso di colpa del secondo. La donna si sente in colpa per non essersi sposata come avrebbe voluto suo padre e l'interiorizzazione di questa richiesta sopravvive alla morte del genitore con la sofferenza che ne consegue. Il bambino a sua volta vuole diventare odontotecnico e disdegna l'iscrizione al liceo classico come vorrebbe la zia. Sono questi i fatti che vediamo in scena e che nel sotto testo vogliono sottolineare e porci una domanda: qual è la buona educazione? Cosa significa educare? La drammaturgia di Mariano Dammacco ci lascia intendere anche le risposte. Educare, dal latino educere, significherebbe, trarre fuori, un'operazione che non fa nessuno dei personaggi dello spettacolo. Le difficoltà di educare, nel senso profondo del termine, prevalgono sul risultato che bisognerebbe raggiungere. Le aspettative di chi educa prevalgono sui desideri di chi è educato. In questa stortura educativa risiede la disperazione di tutti i personaggi, anche di quelli che non vediamo. La regia dello stesso Dammacco guida Serena Balivo nella creazione di un personaggio originale lungo una recitazione precisa e interessante, ma contraddistinta da un ritmo sempre uguale che non prevede quei colpi di scena che ci saremmo aspettati. Toccante per intensità emotiva è la scena (che forse poteva essere la scena finale) in cui la donna ricorda, nel profumo delle lasagne al forno, i momenti felici trascorsi con i genitori. "La buona educazione", nel complesso, per la sua unicità, è uno spettacolo che merita l'interesse di essere visto.
Andrea Pietrantoni