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BATTIATO | PIRANDELLO - regia Nicoletta Mandelli

Paolo Scheriani "Battiato | Pirandello", regia Nicoletta Mandelli Paolo Scheriani "Battiato | Pirandello", regia Nicoletta Mandelli

L'uomo dal fiore in bocca e altre canzoni
Concerto | spettacolo
Con Paolo Scheriani
Testo Luigi Pirandello
Canzoni Franco Battiato
Regia Nicoletta Mandelli
Video Paolo Scheriani
Dipinti Franco Battiato
Produzione scheriANIMAndelli
Milano, Pacta Salone dal 4 al 7 aprile 2019

www.Sipario.it, 10 aprile 2019

Sorprende ancora che cosa sia in grado di fare un uomo seduto su una sedia con un microfono davanti, in una dimensione essenziale, tagliando con il rasoio di Occam ogni orpello, ogni oggetto non necessario, stringendo il fuoco sull'interprete e la sua voce, con un ideale primissimo piano cinematografico, ci si ritrova faccia a faccia con la dimensione più intima, cardiaca, del fare teatro, che tanto piacerebbe a Peter Brook. L'intuizione di far dialogare tra loro, ed insieme con la platea Pirandello e Battiato si rivela un operazione vincente, perché due personalità siciliane non possono che fare della parola un lento masticare, assaporare, che regala un gusto filosofico, un sapore vagamente metafisico ad ogni fonema. E all'interno del monologo il protagonista, quando la vocalità è meno da un passo dall'anima, e sente di averla lì a portata di mano, ma avvertendo che il discorso logico, da raisonneur, descrive un'orbita regolare intorno alla verità, non può che compiere l'ultimo movimento rompendo il passo della prosodia, trovando quello della musica, e scoprendo che il verbo pirandelliano può farsi spartito, e creare una sovraimpressione perfetta con la musica di Battiato. Non è da solo l'attore, a fargli compagnia ha due mani, e fin qui nulla di strano, se non fosse che non sono semplicemente due estremità del corpo, ma sembrano esse stesse due personaggi dotati di una propria autonoma esistenza. Descrivono una loro struggente coreografia in bilico tra morte e vita, gesti sacri, simbolici, mudra trovati quasi per caso, attratti dalla fatale forza di gravità dell'incenso sottile di una sacralità esistenziale che profuma il legno drammaturgico di questo spettacolo. Con naturalità l'attore passa dalla parola al canto, come attraverso una porta basculante, lasciando che tra le due forme di recitazioni si realizzi un'osmosi, una contaminazione reciproca. Ed allora all'interno della stazione del testo si può trovare un cammello in una grondaia con la stessa facilità con cui Lautremont può fare incontrare fortuitamente, su un tavolo da dissezione, una macchina da cucire ed un ombrello. La parola è un incessante, onomatopeico "plic plic" sulla coscienza della platea, il segnale di un tempo fortunatamente, e con buona pace di Nietzsche, troppo umano, che inesorabilmente scandisce se stesso, si fa prezioso, visto il fatale e mortifero fiore che porta in bocca. Scheriani con capacità rabdomantica è in grado di scovare all'interno delle pagine di narrativa e di musica, ogni vibrato psichico, emozionale, si lascia possedere da ogni frase, abbandonandosi ad essa come un derviscio, facendosi antenna mistica tra il cielo e la terra, raccontando al microfono i bisbigli dell'anima che si fanno largo sempre di più, e colonizzano i periodi, interi paragrafi. La regista Nicoletta Mandelli è stata brava a farsi socratica levatrice di questo parto vocale, rendendo naturalmente l'uomo dal fiore in bocca un sacerdote posto sul confine dell'esserci, l'unico a potere oracolare agli spettatoti da quale orizzonte possa sfumare, e forse rinascere, la luce. Si ha l'impressione di assistere ad un viaggio iniziatico, che la morte, la quale ronza insistente nel testo e nei padiglioni auricolari della platea, sia il reagente per un esperimento chimico-teatrale, in grado di cercare l'odore, o l'ombra di una sostanza altra, sottile ma necessaria, che si deposita tra i vapori fonetici dell'attore, in grado di farsi a volte grumo dionisiaco, di coagularsi di tanto in tanto, nell'urlo panico, nel caos, che la ragione non conosce, bizzarro e paradossale luogo geografico ed insieme dell'anima in cui Pirandello nacque e nel quale continuò con insistenza a sbirciare. Su uno schermo scorrono proiezioni,così come su quelli laterali i quadri di Battiato, scomposizioni di una luce vocale che si fa inesorabilmente immagine e racconto visivo. Quando un uomo non sa più come dire l'indicibile a parole, gli viene da cantare, e così fa immancabilmente il protagonista che cuce efficacemente con l'ago della dialettica hegeliana, le canzoni con le pagine letterarie. In coda alla piece, ogni sera un easter egg, una diversa sorpresa per rendere omaggio al testo, nella serata recensita le canzoni di De Andrè si aggiungono come un'efficace postfazione cantautorale al lavoro teatrale.

Danilo Caravà

Ultima modifica il Venerdì, 12 Aprile 2019 21:51

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