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BASSIFONDI (I) - regia Oskaras Koršunovas

I bassifondi I bassifondi Regia Oskaras Koršunovas

di Maksim Gor'kij
regia Oskaras Koršunovas
con Jonas Verseckas, Rasa Samuolyte, Nele Savicenko, Julius Žalakevicius, Darius Meškauskas, Dainius Gavenonis, Darius Gumauskas, Giedrius Savickas, Tomas Žaibus, Rytis Saladžius
scene Dainius Liskevicius
produzione OKT/Vilnius City Theatre (Lituania) (spettacolo in lituano con sopratitoli in italiano)
Teatro ERA, Pontedera, 16 febbraio 2013 – PRIMA NAZIONALE

www.Sipario.it 18 febbraio 2013
 

Qualcosa è cambiato nel modo di lavorare di Oskaras Koršunovas, il più talentuoso e ammirato regista lituano degli ultimi anni. Lo si può dire confrontando I Bassifondi, presentato a Pontedera per la prima volta in Italia, con l'Hamlet visto nel 2011 sullo stesso palcoscenico. Non c'è più traccia delle sorprendenti sequenze sceniche di quell'allestimento, che procedeva attraverso enigmi visivi, contrazioni e parossismi vocali. Lavorando su Gor'kij, vale a dire il cantore del proletariato russo di inizio Novecento, della sua vitalità urgente e della sua smania di emancipazione, Koršunovas decide di aderire a un'estetica minimalista, con una forte componente meditativa: scelta che porta con sé una conseguente parsimonia nella composizione scenografica, o per meglio dire nella concezione del dispositivo teatrale.
Non troviamo altro che bottiglie e bicchieri sparsi su un lungo tavolo e una fila di sedie dietro ad esso, occupate dagli attori (lateralmente, cumuli di casse di plastica, altri imballaggi e diapositive proiettate in un angolo). Un criminale, un nobile decaduto, un poliziotto, un facchino, una prostituta, un attore: uomini e donne accomunati dalla miseria, acquartierati nello stesso squallido albergo, incattiviti. Rivolti direttamente alla platea (molto ravvicinata al palco, in una situazione che potrebbe somigliare a una conferenza stampa), pronunciano vaniloqui, sberleffi, confessioni, ed esprimono desideri di riscatto ispirati dalle parole di un vecchio viandante, ricordato da tutti ma assente come un dio o un personaggio beckettiano.
Niente a che vedere con le figure del quasi contemporaneo Cechov, fragili, impaurite e soccombenti; i personaggi di Gor'kij sono pesanti e meschini, poiché giacciono "nel fondo" (è la traduzione del titolo originale del dramma, Na dne). Costruire un ambiente emotivo intorno al fiume di parole proferite da questi reietti e dare loro un ritmo è l'unica possibilità per far digerire la cruda natura dell'opera. Qui agisce la potente inventiva di Koršunovas, il quale dissolve l'intreccio, mettendo in scena solo il quarto e ultimo atto del dramma ma inserendovi lacerti di monologhi dai primi atti; scoraggia ogni immedesimazione o punta realistica, andando pure a ricercare un'interazione con gli spettatori (alcuni dei quali invitati a bere la stessa vodka con la quale si ubriacano i personaggi); e lascia precipitare in un'atmosfera plumbea, segnata da improvvisi e violenti scoppi sonori, le battute dove si manifesta la massima filosofia di Gor'kij («La menzogna è la religione dei servi e dei padroni; la verità è la divinità degli uomini liberi»). Alla notizia del suicidio dell'Attore, sovrastato dai rimpianti, che interrompe la bisboccia alcolica e conclude il dramma, Koršunovas fa seguire un ultimo monologo: è lo stesso Attore che a luci spente declama versi shakespeariani, espressione paradigmatica dell'arte teatrale come ricerca di una verità interiore.
Poco più di un'ora di spettacolo: regista e attori meritatamente applauditi a lungo.

Carlo Titomanlio

Ultima modifica il Giovedì, 08 Agosto 2013 10:17

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