scherzo napoletano in due atti
testo e regia: Laura Angiulli
con Nando Neri, Mario Santella e Michele Danubio a Laura Borrelli e Antonio Pennarella
Napoli, Galleria Toledo, dal 26 dicembre 2007 al 6 gennaio 2008
Continua a intitolarsi, in italiano, «Dove sta Zazà», ma lo spettacolo che Laura Angiulli presenta alla Galleria Toledo si pone, rispetto alla celebre canzoncina, un interrogativo diverso: chi è Zazà? E assumendo quel buffo nomignolo per il suo risvolto onomatopeico, ne fa la stella polare di un percorso mentale che parte dai fragori innocenti delle bande di paese per arrivare ai frastuoni perversi che disegnano la metafora di una perdita d'identità, politica e culturale insieme. Una perdita d'identità che, manco a dirlo, chiama in causa Napoli. Al riguardo, l'attacco non potrebbe essere più esplicito. Il ritornello a mezza bocca di «Addò sta Zazà» viene intonato da quattro suonatori ambulanti che arrivano dritti da «La musica dei ciechi» di Viviani. Ma subito, poi, quei ciechi passano ai soliti numeri di «Cantanapoli... 'o festival!», da «Desiderio» a «'A cartulina 'e Napule». E il seguito è una sorta di gioco delle scatole cinesi: da «Cantanapoli» si passa a Petito (scambiato per un artista di Telegaribaldi e, quindi, confuso tra Biagio Izzo, Lino D'Angiò e Alessandro Siani), da Petito al Viviani di «Pescatori» (con la scena della seduzione fra Cumpa' Dummineco e Catarina), da Viviani a Scarpetta (giacché l'innamorato di Zazà, sospettato di averla uccisa e di averne occultato il corpo, finisce nel tribunale di «'O scarfalietto»). Il tutto condito da una ridda di nomi e titoli che ammucchia, poniamo, Moscato, Carpentieri, Martone, «Ditegli sempre di sì» e «Persone naturali e strafottenti». Il ricordo corre immediatamente alla recita infinita, sgangherata e scostumata dei morti che si levavano dalle tombe in «Chianto 'e risate e risate 'e chianto» di Leo de Berardinis. Solo che qui, al posto del cantante di matrimoni Luigi Finizio, c'è l'intramontabile Nando Neri. Nelle vesti di Cumpa' Dummineco invera la definizione che di «Pescatori» diede Carlo Bernari: «Una tragedia popolare, nel senso più alto della parola, dove un antico contenuto rivive con una nuova forza espressiva che ha del prodigioso». E nell'intermezzo dedicato alle canzoni di giacca («Cinematografo», «Papele 'o marenaro», «'O schiaffo» e «Scusate, 'na preghiera») invera la formalizzazione sempre raccomandata da Roberto De Simone. Certo, sono bravi anche gli altri: da Mario Santella e Michele Danubio a Laura Borrelli e Antonio Pennarella. Ma insomma, non tiriamola per le lunghe. Oltre il sogno e la speranza qui incarnati da Zazà, si va a vedere lui. Nando Neri, 85 anni, è una delle superstiti e autentiche ricchezze del teatro napoletano. Un solo suo gesto, carico di un'emozione sapiente, dice più di mille parole.
Enrico Fiore