di Emma Dante
Interpreti: Verdy Antsiou, Roberto Burgio, Italia Carroccio, Adriano Di Carlo, Angelica Di Pace, Silvia Giuffrè,
Gabriele Greco, Francesca Laviosa, David Leone, Giuseppe Marino, Giuditta Perriera, Ivano Picciallo, Leonarda Saffi, Daniele Savarino
Luci: Luigi Biondi
Assistente ai movimenti: Davide Celona
Foto: Rosellina Garbo
Produzione: Teatro Biondo insieme ad Atto Unico - Carnezzeria e in collaborazione con Sud Costa Occidentale
Prima nazionale dal 22 novembre all’1 dicembre 2024 Teatro Biondo-Palermo
Un artista è colui/colei che riesce a darti emozioni e Emma Dante è un’artista, sin dai primi spettacoli che ho visto, ‘mPalermu, Carnezzeria e Vita mia, in grado di farti sobbalzare dalla sedia. Anche in questo suo Extra moenia - come dire ciò che succede fuori dalle mura della tua città – messo in scena in prima nazionale al Teatro Biondo di Palermo, con platea e palchi al completo, salutato da calorosissimi applausi e ovazioni finali da stadio, ho avuto vari sussulti. Nel vedere in 60 minuti riassunti i drammi che viviamo un po’ tutti, segnati da pandemie, migrazioni e guerre, in grado di pungere ogni giorno una umanità che soffre e che muore purtroppo. É come se Emma Dante, un mattino guardandosi intorno, abbia voluto raccontare, anche con un filo d’ironia, una società trasfigurata che ci passa davanti e che, ci fa comodo forse, non volere vedere. Chi ci salverà? Si chiede Emma e pure noi. C’è un lume di speranza per una nuova umanità? Intanto becchiamoci questo spettacolo che non ha una trama, ma racconta tuttavia sotto forma di schegge o di tesserine d’un puzzle, quello che succede fuori dalle nostre mura in un giorno qualunque. Lo spettacolo inizia con il volto di una dozzina di personaggi in fila sul proscenio, imbacuccati nei modi più strampalati che dopo aver gettato sotto i loro abiti danzano tutti insieme al suono d’una Bella ciao molto velocizzata, formando, forse col pensiero rivolto a Pina Bausch, una specie di cavallone marino che si agita sul palco come una risacca umana. Tra di loro scorgiamo tanta gente comune: un ferroviere scontento del suo lavoro: un militare dai capelli bianchi in divisa che afferma che solo la guerra è la salute dello Stato: due giocatori di calcio della squadra locale di cui riusciamo a leggere i loro nomi sul retro della maglietta rosa/nero, Mascara e Grotteria, ai quali, in un secondo momento, se ne aggiungono altri tre o quattro di altre squadre, i quali dopo aver arroccato il pallone nella proprietà d’una donnetta, colei che Giuditta Pereira interpreta sfoderando una supersonica parlantina incomprensibile, (quasi come Guia Jelo nei panni d’una prostituta di campagna, nel film La scomparsa di Patò, tratto da un romanzo di Andrea Camilleri, dialoga in modo concitato con il maresciallo Nino Frassica e il delegato Maurizio Casagrande), non restituendo indietro per nessun motivo la sfera di gomma. Sul palco s’aggira pure un rider in bici che pedala portando sulle spalle il classico zaino-giallo-porta-pizze-a-forma-di- cubo: un gruppo di donnette religiose che parlano in dialetto: una bella ragazza ucraina che fugge dal terrore delle bombe: un migrante in fuga dal Congo maltrattato e torturato che indossa una maschera da cavallo: tre portaborse in giacca e cravatta: una donna iraniana che si spoglia del suo nero chador per protesta, evitando la morte perché viene dichiarata folle: ci sono pure due promessi sposi che si amano e si baciano in ogni momento, ma lei prima del fatidico “si”, vuole essere certa, nel caso volesse tornare libera, che lui non le userà violenza. Poi gli occhi inorridiscono quando un gruppo di reporter col cellulare acceso, oggetto ormai cresciuto come un prolungamento naturale del braccio, fotografa quella povera musulmana nuda in mutandine e reggiseno o quando tutti i quattordici protagonisti mostrano, ognuno nelle due mani, cartelli di divieto d’ogni tipo, dal vietato d’accesso a quello di scarico o quell’altro di fumare e così via vietando. Come non ricordare La ciociara della Loren quando un manipolo di militari, qui bianchi, stuprano una povera donna che si raccoglie poi in preghiera, certamente non perdonando quell’atto infame. Ho sussultato sulla mia poltrona quando sono calati dalla graticcia un’infinità di vestiti e abiti colorati che salivano e scendevano sulla scena, sembrandomi l’insieme una performance artistica, lontano da quel dramma di Rosso di San Secondo Tra vestiti che ballano, o quando tutto il gruppo in costume da bagno, gonfiando dei salvagenti, nuotava in un mare di bottiglie di plastica fatti uscire fuori da tanti sacchi neri, che un po’ tutti conoscono. Un problema forse che rimane Intra Moenia della città di Palermo, sofferente perché non riesce a smaltire tutta la quantità di spazzatura che si riversa ancora nei cassonetti. Concludo dicendo che essendo riportati nella locandina dello spettacolo solo i nomi degli interpreti non ho potuto inserire quelli dei personaggi. Gigi Giacobbe