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ERODIÀS + MATER STRANGOSCIÀS – un progetto di Sandro Lombardi

Anna Della Rosa in "Erodiàs + Mater Strangosciàs", un progetto di Sandro Lombardi. Foto Daniela Neri Anna Della Rosa in "Erodiàs + Mater Strangosciàs", un progetto di Sandro Lombardi. Foto Daniela Neri

di Giovanni Testori
da Tre lai di Giovanni Testori
un progetto di Sandro Lombardi per Anna Della Rosa
assistente alla regia Virginia Landi
assistente alla drammaturgia Alberto Marcello
disegno luci Vincenzo De Angelis
Produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione ERT / Teatro Nazionale, Compagnia Lombardi-Tiezzi, progetto realizzato in collaborazione con l’Associazione Giovanni Testori
Al teatro Arena del Sole di Bologna dal 7 al 17 novembre, 2024 poi in tournée

www.Sipario.it, 9 novembre 2024

La caratteristica peculiare, e straordinaria, della scrittura di Giovanni Testori è la 'corporeità', una qualità che nasce dal suo saper impastare, nel senso concreto e proprio del termine, il lievito sottile della parola, unico luogo di conoscenza che distingue e appartiene all'essere umano, appunto con il suo 'corpo' animale, con quel sangue e quella carne che insieme producono e sopportano quella parola, accogliendola 'religiosamente'.

Erodiàs e Mater Strangosciàs, il secondo ed il terzo, insieme a Cleopatràs, dei famosi Lai testoriani suo lascito postumo in prossimità della morte che giunge, sono la cuspide di quella particolare sua 'religiosità' in cui i confini tra Dio e l'Umanità si sfumano fino a 'saltare' del tutto, in una rara e perturbante mescolanza tra divino e umano che è al centro della sua visione dell'universalità del mondo e dell'eternità circolare del tempo.

Questo fa sì che la messa in scena, la messa in vita contingente di quella scrittura costituisca ua sorta di 'più', in sincerità creativa e verità significativa, che il corpo dell'attore, e la voce che radicandosi in esso ne proviene, trascina nel mondo lampeggiando e risuonando di nuove e anche inaspettate significanze.

Sandro Lombardi con la regia di Federico Tiezzi ne costruì tra il 1996 e il 1998 una memorabile sequenza ed oggi ha offerto quella sua odissea, che ancora naviga oltre le Colonne d'Ercole verso l'Inferno/Paradiso dell'Alighieri, ad Anna Della Rosa, un dono che vuole essere non solo una ri-scoperta quanto una nuova rivelazione, di quanto appunto di religioso e di umano si nasconda in quella parola che un tempo si è incarnata.

Un dono che contiene anche un elemento di sfida nella diversità tra l'una, una rappresentazione in shakespeariano travestì, e l'altra che quell'elemento di dissonanza estetica supera quasi a consentire l'annullamento di ogni distanza, di ogni 'equivoco' tra cuore e mente.

Qualcosa di nuovo e di diverso che ribadisce la fedeltà ad una parola, quella testoriana così materiale da rotolare come un sasso che con ritmo scorre nel fiume, talora ingannato ed eterodiretto, della nostra più profonda percezione.

Al centro, in entrambi, vi è l'Amore, quell'amore che come nella cifra del grande scrittore lombardo, sembra potersi intimamente manifestare solo nel Dolore, quello della perdita che ci mostra finalmente la potenza dell'immobile motore che muove il mondo.

Ma, tra la scrittura e questa nuova messa in scena, vi è un altro elemento perturbante, che proprio la presenza scenica di Anna Della Rosa in fondo suggerisce, ed è il confronto tra le due protagoniste, così diverse e così mimetiche, quasi a intravvedere in controluce lo sfondo della battaglia che oltre il nostro sguardo infuria nel mondo: la guerra tra il Bene e il Male.

L'una, Erodiade, cortigiana e concubina che vive chiusa nel proprio desiderio tanto da giungere e provocare la morte dell'oggetto di quel suo stesso desiderio, l'altra, Maria di Nazareth, che si fa carico del dolore della perdita del figlio Gesù per consentirgli di produrre quella 'Grazia' che può riscattare il mondo dell'Umanità.

Conseguenza forse dell'essere quelle due donne al fondo un Archetipo maschile in cui il femminile sta scisso e prigioniero, come forse nel corpo stesso di Giovanni Testori, un Archetipo potente, quello tra la donna fatale e la Madonna, tra la concubina amante e la madre dei propri figli, che fatica a sciogliere le catene che stringono l'esistenza, oggi come e forse più di ieri.

Un archetipo che sta prima dentro di noi, come ci ha svelato tanta psicoanalisi da Freud e Jung in primis, prima che essere nella società e nel mondo e per questo è assai più difficile da elaborare e superare.

Però, paradossalmente, nei tre Lai di Giovanni Testori, i confini si fanno porosi e gli archetipi sfumano in una reciproca e limpida con-fusione che riesce a intravvedere il Dio che si contamina e contamina l'Umanità, ma anche il maschile e il femminile che si sovrappongono in quella invincibile calamita che è il sentimento che li attrae, come l'Amore lega da sempre Dio alla sua Umanità.

Come detto questo spettacolo nasce da un dono, il dono che Sandro Lombardi fa, come nel teatro orientale, della sua interpretazione a Anna Della Rosa, curando e anche coordinando con maestria il progetto scenico nel suo complesso, un dono che come ogni dono diventa reciproco scambio, e che è annunciato dalla voce stessa di Lombardi che introdue in un affascinante fuori scena la nuova 'visione'.

Perchè di questo si tratta, nella ottima interpretazione di Anna Della Rosa Premio Eleonora Duse e Premio della Critica 2024, di una 'visione' doppia, quella dell'attrice che illumina nuovamente il testo, e quella dello spettatore illuminato nel suo sguardo da questo affascinante nuovo transito scenico.

Parola e corpo si fanno dunque in lei sguardo e come sappiamo lo sguardo di chi guarda affonda spesso nel suo essere 'guardato', così che il teatro può farsi ancora una volta affascinante peripezia esperienziale in cui la presenza dell'attrice non surroga ma testimonia della nostra stessa presenza sulla scena.

Una presenza che è accolta nella scenografia e che ne è un segno metaforico che significa gli stessi oggetti di scena, la testa del Battista ed il sudario di Cristo che si scioglie formando l'immagine del suo stesso corpo, e caratterizzata da un andamento dal fondo al proscenio fino a mostrarsi direttamente nel suo dolore 'salvifico', mentre le luci trafiggono il buio dando a quello stesso buio una forma conoscibile.

Uno spettacolo di grande qualità, nella scrittura ovviamente e nella messa in scena, che conferma la piena maturità di una attrice non comune. Molti gli applausi, segno di un trasporto che va oltre il semplice apprezzamento.

Maria Dolores Pesce

Ultima modifica il Domenica, 10 Novembre 2024 21:06

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