Con Massimo Popolizio
dall’omonimo romanzo di John Steinbeck
Furore Copyright! John Steinbeck, 1939
Copyright rinnovato John Steinbeck, 1967
ideazione e voce Massimo Popolizio
adattamento Emanuele Trevi
musiche eseguite dal vivo da Giovanni Lo Cascio
Roma – Teatro Argentina dal 6 al 18 dicembre 2022
Le letture sceniche sono un genere teatrale che non si sa bene come definire. Spettacolo? Non del tutto. Mancano gli altri interpreti, perché in genere tutti i ruoli sono affidati alla singola voce recitante. Mancano la scenografia, l’azione. Manca, in una parola, il teatro. Ma, si potrebbe obiettare, perché non compensare queste assenze con l’immaginazione? Del resto gli spettatori non sono componente passiva di uno spettacolo, e debbono partecipare a quello che avviene sul palco con la loro fantasia: colorare una battuta, un’espressione, un certo passaggio con considerazioni personali che si svolgono nel silenzio del chiacchiericcio mentale. Allora sì che il teatro, il vero teatro, si compie.
Dall’altro lato, le letture sceniche sono un giusto compromesso per portare su di un palco opere che sarebbero di difficile realizzazione: sia per questioni drammaturgiche, sia per questioni materiali. Immaginando di non poter realizzare una certa versione di Riccardo III, con tutti i personaggi che la pièce richiede, ecco che ci si affida solo all’attore, alla sua voce ed ai suoi colori per dar vita a qualcosa che spettacolo propriamente non è, ma può darne un’idea sebbene dimidiata – a meno che, come si diceva, il pubblico non compensi da sé con la fantasia.
In una parola, la lettura scenica è una specie di preludio allo spettacolo vero e proprio.
Con Massimo Popolizio, però, tutto questo viene meno. Perché le sue letture sceniche non sono mai semplici parole lette con una certa espressività. Al contrario, sono degli spettacoli che hanno una connotazione loro propria che finiscono per dar vita a qualcosa di unico e difficilmente ripetibile.
Prendiamo, ad esempio, Furore, in scena in questi giorni all’Argentina. Ridurre teatralmente Steinbeck è impresa ardua. E questo vale un po’ per tutte le opere che si presentano con caratteristiche fortemente letterarie. Una fra le più marcate: un’evidente componente descrittiva. L’unico modo per portare in scena un’opera simile è la lettura.
Ma Popolizio ha fatto di più: ha realizzato una dimensione scenica simile a quella che si crea nel lettore quando, nel silenzio della concentrazione, sotto i suoi occhi scorrono parole e pagine. Un miracolo avvenuto non solo grazie all’ausilio di immagini proiettate su uno schermo alle spalle del nostro interprete, quanto alla sua musicalità recitativa, alle sue caratterizzazioni vocali, alla bravura di trasformare il ritmo dello stile di Steinbeck in materia viva, pulsante; al punto che i personaggi descritti, appena pronunciati dalla voce di Popolizio, comparivano sul palco come i sei personaggi di Pirandello al loro autore.
Si può pensare che questa sia una cosa scontata? Sì, però sarebbe un errore. Perché Popolizio, anche quando fa una lettura, non si accontenta mai di restituire parole e intenzioni. Ma personaggi attraverso quelle parole e quelle intenzioni.
Ecco perché il suo Furore (la cui bellissima drammaturgia è stata affidata a Emanuele Trevi) è un esempio di grande teatro.
Pierluigi Pietricola