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GENTE DI FACILI COSTUMI - regia Walter Croce

"Gente di facili costumi", regia Walter Croce "Gente di facili costumi", regia Walter Croce

di Nino Manfredi e Nino Marino
Regia Walter Croce
con Nadia Rinaldi, Walter Croce
Roma, Teatro Tirso de Molina, dall'8 al 26 marzo 2017

www.Sipario.it, 11 marzo 2017

Alle 4 di mattina Anna (Rinaldi), prostituta che esercita con il nome di Principessa, vistosamente truccata, con un parruccone rosso e un diadema di strass in testa, rientra in casa e fa un gran baccano: si leva una scarpa e ticchetta camminando con l'altra, telefona ad alta voce agli alberghi dove è stata a fare marchette perché non trova una chiave, apre il rubinetto della vasca e mette a tutto volume Tutto il resto è noia di Califano (unico brano che lei sa far venire fuori dal modernissimo lettore di cd che ha da poco comperato). Dopo pochi minuti suona il campanello: è l'inquilino del piano di sotto, Ugo (Croce) che, esasperato dalla rumorosa vicina che ogni notte gli interrompe il sonno, protesta con veemenza. Lei, sulle prime, reagisce con foga ma poi si mette a parlare con lui e, alla sua domanda sul perché si ritiri sempre all'alba, inventa un lavoro da infermiera (ma la bugia avrà vita breve) mentre lui le confida di essere uno scrittore costretto, per vivere, a scrivere filmacci e cosette televisive; sta però lavorando ad un suo progetto, un film dal titolo Esegesi sulla alienazione dell'uomo sopraffatto dalla tecnologia, che lo riscatti dalle mediocrità che è costretto a sfornare. Anche lei gli confida il suo sogno: lasciare quel mestiere, comprarsi una giostra e vivere di quella ma, ora, stanchissima, lo invita, cortesemente ma fermamente, ad andarsene, promettendo che di lì in poi farà attenzione al rumore. Rimasta sola ed in pace, se lo ritrova, un attimo dopo, scalzo e bagnato alla porta: la vasca lasciata aperta ha allagato il suo appartamento, rendendolo inabitabile. Anna, sentendosi in colpa, lo invita a dormire da lei, lasciandogli l'alternativa di dormire con lei o sul divano; lui sceglie quest'ultimo e, alle domande di lei sul perché sia solo le inventa di aver ammazzato la moglie; lei si rifugia in camera e lui può addormentarsi tranquillo. Sono passate alcune settimane e lui è ancora lì e lo troviamo mentre scrive il suo film e telefona al produttore Moriconi (voce di Stefano Ambrogi); rientra Anna che è andata a fare spese e gli ha comprato un costoso cardigan; lui, che è in un periodo di magra e, in cambio dell'ospitalità di lei, tiene in ordine la casa e va a fare la spesa, cerca di rifiutare ma lei è irremovibile: lui le sta insegnando tante cose e quello è un modo per sdebitarsi. Cominciano a parlare e lei gli racconta come è nato il suo soprannome: una volta un principe la aveva portata nel suo palazzo e, dopo una elegante cena, le aveva chiesto di sposarlo, con l'impegno, però, che lei avrebbe continuato la professione; un cardinale, poco dopo, le aveva spiegato che in quel modo il nobile voleva scontare la morte dei bambini di un asilo che, a causa della sua avidità di speculatore, era crollato; lei se ne era andata indignata ma il nomignolo le era rimasto. Anna, consapevole dell'impossibilità che il rozzo Moriconi produca il rarefatto Esegesi, prima prova a suggerirgli una trama alternativa – un melò con un bambino malato, una madre pronta al sacrificio e un infame chirurgo seduttore - poi gli prospetta un'alternativa: quella di invitare a cena il produttore, presentarla come moglie e, dopo essersi allontanato con una scusa, lasciare che lei ceda alle inevitabili avances del cafone che sarebbe poi costretto a finanziare l'opera. Lui, indignato, rifiuta ma accetta l'idea di invitarlo per convincerlo del progetto. L'indomani sera è tutto pronto ma Moriconi non arriva e Anna, a mezzanotte, confessa che il giorno prima era andata a parlargli ma, quando lui aveva allungato le mani, lei aveva salvato il suo onore di "moglie" allentandogli due schiaffoni. Ugo s'infuria e mentre litigano, arriva la telefonata del produttore: è pronto a finanziare il film ma nella versione melò che Anna gli aveva illustrato. Ancora più fuori di sé, Ugo va via ma – resosi conto di amare quella strana coinquilina - poco dopo ritorna e, alla notizia che lei ha comprato la giostra che ha sempre sognato, si candida quale aiuto-giostraio e, per far vedere che è in grado anche di fare lavori manuali, accende il complesso hi-fi e balla con lei sulle note de La nevicata del '56 (nella versione cantata dalla Rinaldi).

Gente di facili costumi – scritta da Nino Manfredi insieme a Nino Marino e interpretata da lui con Pamela Villoresi, per la sua regia nel 1988 – è, insieme a Viva gli sposi! un suo raro excursus nella confezione teatrale. Dal punto di vista della scrittura è, da un lato, efficacissima, dall'altro uno sfacciato patchwork: l'impianto di base richiama Il gufo e la gattina di Bill Manhoff, il personaggio di Anna ricorda, nella sua pasticciata ingenuità, la Cabiria di Fellini, la storia del gran signore che sposa una prostituta per scontare una colpa è presa di peso da uno dei racconti de L'oro di Napoli di Giuseppe Marotta (nel film di De Sica è l'episodio Teresa con Silvana Mangano ed Erno Crisa) e gli schiaffi al seduttore della prostituta/finta moglie sono l'asse portante dell'episodio Eritrea di Comencini nel film La mia signora con Sordi e la Mangano. Questi sono, alla fine, dettagli: la commedia è divertente e ancora perfettamente rappresentabile, purché la si tratti con rispetto e questo è quanto ha fatto, con risultati eccellenti, Walter Croce: ha appena un po' aggiornato il testo; ha reso romana la originariamente nordica Anna; ne ha accentuato i tratti felliniani, consegnando alla Rinaldi una donna di vita-bambina, adeguandola alle sue corde e, soprattutto, ha lievemente spostato i pesi drammaturgici dando alla compagna di scena il peso di gran parte della vis-comica. Il risultato è sorprendente: Croce ha una solida storia di autore, produttore e regista teatrale ed è al suo debutto come attore, mentre la Rinaldi sta continuando in una ammirevole crescita interpretativa (la ricordiamo, tra l'altro, duttile e commossa in Romane di Croce e, soprattutto, nell'intenso cameo di madre dolorosa e rabbiosa in Razzabastarda di Alessandro Gassman). Ripensando allo spettacolo mi sono ricordato di quando, bambino, sognavo di diventare ballerino di tip-tap: non avevo nessuna vocazione alla danza ma la levità di Fred Astaire mi faceva sembrare meravigliosa e semplicissima quell'arte; ecco, Croce e la Rinaldi ci danno quella magia: tutto sembra facile e naturale e la fatica ed il sudore sono cancellati dal miracolo del vero, grande teatro. Meritati e numerosi applausi a scena aperta per i due protagonisti.

Antonio Ferraro

Ultima modifica il Sabato, 11 Marzo 2017 20:19

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