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INFANZIA DEL MAGO (L') - regia Maurizio Bercini

"L'infanzia del mago", regia Maurizio Bercini "L'infanzia del mago", regia Maurizio Bercini

testo di Marina Allegri
con Alberto Branca, Alejandro Zamora, Piergiorgio Gallicani, Zeno Bercini
regia e scenografie di Maurizio Bercini
produzione Accademia Perdita Cà Luogo D'Arte
Cremona, teatro Ponchielli, 1 aprile 2016

www.Sipario.it, 3 aprile 2016

C'è il fascino del circo, si avverte una certa nostalgia per un fare spettacolo ingenuo e genuino al tempo stesso, c'è la voglia di recuperare il gusto dello stupore, c'è sullo sfondo l'unica certezza della vita: che un giorno moriremo e che il passaggio di consegne non solo è inevitabile, ma necessario, doveroso e - se fatto con generosità - consolante. C'è tutto questo in sottofondo a L'infanzia del mago di Cà Luogo d'Arte e Accademia Perduta, uno spettacolo per ragazzi ma che parla agli adulti per leggeri segni, per allusioni, per quel pizzico di malinconia che sempre più caratterizza la maturità artistica della coppia Marina Allegri e Maurizio Bercini.
L'infanzia del mago coniuga infatti cialtroneria circense e giochi di prestigio, nostalgia e un sottile ma persistente sentimento del nulla che pone lo spettatore di fronte al divenire e alla morte annunciata. Detta così suona male, ma se questa riflessione è affidata alla compagnia Cà Luogo d'Arte la cosa si fa leggera e comica. L'infanzia del mago, nella rilettura drammaturgica firmata da Marina Allegri dell'omonimo libro di Herman Hesse, racconta di un apprendistato del giovane mago (interpretato da Zeno Bercini) a lezione dei tre zii votati allo spettacolo, all'inganno, ai giochi di prestigio: interpretati da Alberto Branca, Alejandro Zamora e Piergiorgio Gallicani. Maurizio Bercini — che cura regia e scenografia — costruisce un teatrino su cui si esperisce l'inganno e il fascino di quella magia che aiuta a rendere migliore o forse solo meno triste il passare del tempo e la vita stessa. La consapevolezza è che teatranti, maghi e ballerine — si direbbe — sono lì per allietarci l'esistenza e per illuderci di una vita senza fine, recitano per noi spettatori, ci offrono le loro illusioni aprendoci il mondo della fantasia e forse regalandoci un'infanzia perenne, o perlomeno lo sguardo stupito dei bambini sul mondo.
Tutto questo è giocato dagli attori con divertita comicità clownesca. Sul palcoscenico di un teatrino di piazza si compiono la sfida e il gioco fra vecchi e giovani, fra i tre maghi attempati e il nipote desideroso di farsi strada. Tutto è forse un ricordo nostalgico del giovane mago apprendista, oppure tutto accade lì e ora, nello stesso tempo del racconto. Anche in questa ambiguità sta il bello de L'infanzia del mago, pur nel suo – a tratti – persistente ribadire meccanismi e pensieri che lo rendono un po' statico e ne rallentano il ritmo. C'è persistente per tutto lo spettacolo un sottile gusto retrò che è colto più dai grandi che dai piccoli. L'apertura è affidata alla clownerie ed è un modo per conquistare subito il pubblico, poi pian piano ai fuochi d'artificio scenici, ai trucchi ostentati di una prestidigitazione da spettacolo di strada si affianca la riflessione sulla necessità di passare il testimone, la riflessione sul tempo che passa, il tutto mediato da un gusto calligrafico per un mondo dalle atmosfere felliniane. Con tutto questo L'infanzia del mago si dimostra uno spettacolo con più chiavi di lettura o di godimento: quella della comicità clownesca con effettacci da saltimbanco alla malinconia di quei tre vecchi che non si consolano della loro dipartita e si porta via l'applauso di una platea di ragazzini divertiti, mentre agli adulti spetta il compito di fare i conti con il fluire dell'esistenza.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Lunedì, 04 Aprile 2016 06:17

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