di András Dömötör, Kornél Laboda e Albert Benedek
Regia: András Dömötör
Testo: Kornél Laboda, András Dömötör, Albert Benedek
Traduzione dall'ungherese: Inez Matis
Con: Mareike Beykirch, Bettina Hoppe, Tim Porath, Aram Tafreshian, Mehmet Yılmaz
Scena e costumi: Moïra Gilliéron
Sound e musica: Tamás Matkó
Drammaturgia: Holger Kuhla
Berlino, STUDIO Я, dal 9 giugno 2016
Un intricato ma preciso labirinto di riferimenti storici: così si presenta il nuovo spettacolo del regista ungherese András Dömötör dal titolo Mephistoland, attualmente in scena presso lo STUDIO Я del Teatro Maxim Gorki di Berlino. Se i suddetti riferimenti presuppongono un minimo di conoscenza pregressa per la fruibilità della messa in scena, Dömötör riesce a realizzare uno spettacolo godibile anche per i non conoscitori della situazione politica ungherese attuale. Mephistoland prende le mosse da un preciso avvenimento storico del 2013 in Ungheria, la destituzione di Róbert Alföldi dalla carica di direttore artistico del Teatro nazionale ungherese e la sua sostituzione con Attila Vidnyánszky, personalità conservatrice nelle grazie del premier Viktor Orbán. Al momento del congedo forzato, Alföldi stava lavorando all'adattamento del romanzo Mephisto di Klaus Mann, che fu il suo ultimo grande successo al Teatro nazionale. Ed ecco che al centro dello spettacolo di Dömötör c'è una compagnia teatrale sull'orlo della crisi. Il futuro non promette affatto bene: pare che un nuovo direttore artistico, buon amico del primo ministro, stia per insediarsi. Nonostante il clima di tensione, gli attori continuano a lavorare imperterriti, non a caso proprio al Mephisto di Klaus Mann. Sulla scena impreziosita da drappi rossi disposti su più livelli di profondità, Bettina Hoppe si divide tra due ruoli antitetici: dapprima interpreta la regista agguerrita, aggressiva e antifascista che non perde occasione di rimbrottare gli attori e insultare il futuro direttore del teatro; poi si cala nella parte del nuovo direttore che caldeggia un teatro nazionalista, tradizionalista, moralista e basato sui valori cristiani. Tim Porath e Aram Tafreshian interpretano due attori dell'ensemble, coppia omosessuale nella vita privata: il primo si oppone con tutte le forze alla dottrina reazionaria del nuovo direttore, perde il lavoro e se ne va all'estero dove sopravvive grazie a un lavoretto in una sauna, mentre il secondo, nettamente meno talentuoso del compagno, si adatta alle nuove direttive e ottiene così la parte del protagonista in Mephisto. Con una satira tagliente, mischiata a un'estetica burlesque, grottesca e surreale, Dömötör ritrae la condizione dell'artista in una dittatura. Il regista non fa riferimento soltanto alla situazione politica dell'Ungheria contemporanea, ma azzarda collegamenti con la Germania nazista degli anni '30, lasciando pur sempre le vicende della messa in scena sganciate da un preciso inquadramento temporale. Sembra che con Mephistoland Dömötör voglia diffondere un monito: quello che è accaduto in Germania negli anni '30 e che sta accadendo in Ungheria ora, può ripetersi sempre e ovunque. Lo scenario d'orrore fittizio di Mephistoland potrebbe diventare realtà nell'Europa del futuro, o forse lo è già. Dömötör ha realizzato un capolavoro di teatro politico: facendo ridere a crepapelle non smette di ricordare quanto sia tragica la condizione in cui versa l'arte nell'Europa di oggi. Gloria Reményi