Book & Lyrics by Quiara Alegría Hudes
Music & Lyrics by Erin McKeown
Choreography by Danny Mefford
Directed by Lear deBessonet
Featuring Marinda Anderson, Danny Bolero, Andrew Cristi,
Latoya Edwards, Shawna M. Hamic, Marcus Paul James,
Gizel Jiménez, David Patrick Kelly, Michael Mulheren, Daphne Rubin-Vega, and Martín Solá
Scenic Design by Riccardo Hernandez
Costume Design by Emilio Sosa
Lighting Design by Tyler Micoleau
Sound Design by Jessica Paz
Hair and Makeup Design by J. Jared Janas & Dave Bova
Co-Orchestrations by Charlie Rosen & Erin McKeown
Music Coordinator: Michael Aarons
Music Director: Cody Owen Stine
Music Supervisor and Additional Arrangements: Julie McBride
New York, The Public Theater 10 aprile 2018
Non solo musical e fiabe a Broadway: il Public Theater di New York si confronta con l'attualità dell' immigrazione clandestina
L'edificio che ospita il teatro esiste dal 1853 , ai suoi tempi sede della Biblioteca della Fondazione Astor, diventato, nel corso del tempo sinagoga, poi sede del Centro per l'emigrazione ebraica fino al 1923. Nel 1965 si optò per la demolizione del fabbricato, ma a tale evento si oppose il Public Theater, che cercava sede, e il New York Shakespeare Festival. Fu così che dal 1965 al 1972, caso raro nella storia dell'edilizia americana, lo stabile fu restaurato e affidato alla gestione del Public Theater: in questo spazio che prese vita il famoso musical Hair. Edificio dall'aspetto esterno monumentale, eppure gli spazi teatrali sono semplici, pareti in mattone, spazio pubblico unico a gradinata, attori che entrano in scena dalle uscite di sicurezza, palcoscenico aperto semplicemente delimitato dall'impianto luci. Attualmente la struttura ospita un "Pub "con la funzione di caffè letterario e musicale, tre spazi teatrali, un centro di documentazione sulla storia della vita teatrale newyorkese. Ideato nel 2016 come laboratorio teatrale all'Università di San Diego,"Miss you like hell" di Quiara Alegría Hudes (scrittrice latino americana, premio Pulitzer per la drammaturgia) ha debuttato nel palcoscenico raccolto della sala Newmann al Public Theatre di New York nei primi giorni d' aprile e concluderà il suo percorso a metà maggio. Il grande successo registrato da questa produzione ha fatto si che si aggiungessero, a richiesta, ulteriori due settimane di repliche. E' un "musical" perchè a New York è quasi impossibile fare del teatro di prosa senza musiche e canzoni dal vivo, salvo l'eccezione delle reading attoriali, assai seguite; ma non si pensi che i "musical" siano soltanto fantasmagoria scenica. Nel caso di "Miss you like hell" si tratta di una vicenda di attualità: la situazione di chi negli USA vi è entrato clandestinamente, ha fatto famiglia, ma non ha le carte in regola per rimanerci e rischia l'espulsione.
Protagoniste sono due donne, madre messicana e figlia naturalizzata statunitense che intraprendono un viaggio "on the road" alla ricerca di un padre smarrito.Il musical racconta l'odissea di Beatriz che viaggia con la figlia Olivia, da Philadelphia a Los Angeles, con deviazioni in un centro commerciale in Ohio, una frenetica sosta nel Wisconsin, assistono al matrimonio di due vecchi motociclisti gay in Indiana e passando per una visita al parco di Yellowstone. Insieme incontrano americani di diversa estrazione, sogni condivisi e verità complesse con l'incombenza dell'udienza di deportazione e di espulsione della madre. La storia si conclude in un zona al confine tra Stati Uniti e Messico, raffigurato da un enorme grata che divide il palcoscenico, segnata dall'esplusione della madre e dalla separazione dalla figlia.
Spettacolo creato insieme alla cantautrice e polistrumentista strumentista Erin McKeown assai nota degli ambienti del popo americano, interpretato da Daphne Rubin-Vega, e Gizel Jiménez, attrici impegnate in diverse produzioni televisive, quali Law and Order e Sex and the City e presenze attive nel mondo teatrale di Broadway.
Accanto alle due protagoniste, il cast presenta un collettivo di otto persone che rappresentano la diversità dell'America,che comprende un avvocato, donna bianca, che patrocinia la causa della migrante, la responsabile dell'ufficio emigrazione, afroamericana, assistente sociale, due gay bianchi anziani motociclisti, un poliziotto di confine, cinese, un latinoamericano che si mette a disposizione delle due donne per guidarle in questo loro viaggio.
Spazio scenico pressocchè vuoto, con un piccolo gruppo musicale sullo sfondo un allestimento costituito da un tavolo, due sedie e altri pochi oggetti che vengono portati in scena dagli stessi attori, un buon gioco di luci ricreano gli ambienti della vicenda. Si tratta una storia fatta essenzialmente a due dove gli inserti musicali su basi ritmiche jazz, afro, latina, insieme a melodie nostalgiche, fungono da monologhi e duetti d'assieme.
Presentato in anteprima agli studenti delle scuole che hanno un'alta percentuale di genitori immigrati l'autrice stessa, Quiara Alegría Hudes ha appositamente invitato un gruppo di studenti delle scuole superiori dello Stato di Washington, attivi nel Migrant Leaders Club, promuovendo una sottoscrizione per portarli a New York per farli assistere allo spettacolo.
"Sarebbe magnifico," ha ribattuto il regista deBessonet, "che venissero anche alcuni senatori" in una nota di polemica contro le attuali restrizioni introdotte dal governo Trump.
Durante la preparazione la compagnia teatrale ha visitato la zona dove il muro di confine messicano che divide San Diego negli USA dalla cittadina messicana di Tijuana , esperienza toccante nel vedere famiglie separate che si toccavano le dita attraverso il recinto fatto che ha indotto una profonda revisione nella messinscena da parte degli attori.
Per molte comunità latino americane l'immigrazione è una questione di sopravvivenza e di lotta sociale, per altri gruppi "Latinos" come per i portoricani una questione invece di distinguo e di conservazione di privilegi, data la situazione di Portorico come territorio USA.
Una realizzazione che nell'ambito teatrale newyorkese sta facendo discutere per il coraggio di una proposta che è insieme reportage e denuncia sociale.
Federica Fanizza