ideazione e regia: Lorenzo Bazzocchi
con Andrea Basti, Paolo Carbone, Catia Gatelli, Eleonora Sedioli, Matteo Gatti, Lorenzo Bazzocchi
scene: Lorenzo Bazzocchi, Eleonora Sedioli, Andrea Basti
Forlì, Ex Filanda, 8 e 9 giugno 2007
Gli attori? Soli come cani randagi
A proposito di rapporti tra cinema e teatro, dopo Angels in America di Bruni-De Capitani e, la scorsa settimana, il Fassbinder di Bianco-Liberti, ecco Materia cani randagi, della compagnia forlivese Masque Teatro diretta da Lorenzo Bazzocchi. In merito al Masque, vorrei premettere un' osservazione. Scorrendo la lista delle sovvenzioni ministeriali, e dei contributi elargiti dalla Regione, si scopre che Masque è stato depennato dagli esistenti o duramente ridimensionato. Per quanto mi riguarda, rammento d' aver votato per il Premio Ubu Il ragazzo criminale di Bazzocchi come miglior spettacolo del 2005-06. Non posso non chiedermi come la penalizzazione di Masque sia potuta accadere. Credo sia dovuta a ragioni esclusivamente ideologiche. Non perché Bazzocchi, la sua collaboratrice Catia Gatelli, e gli altri compagni di lavoro, da bravi romagnoli siano comunisti, o qualcosa del genere; o perché allestiscano, che so, spettacoli scandalosi dal punto di vista dei costumi sessuali e dei precetti religiosi. Niente di tutto questo. L' unica ragione penso sia nella intrinseca qualità appunto ideologica del lavoro di Masque: una qualità tutta nera, diciamo pure d' intonazione nichilista, o che comunque rifiuta l' indulgenza riguardo ai rapporti mondani, o con il mondo tout court. Nel nuovo spettacolo lo si vede fin dal titolo. In esso la fonte d' ispirazione visiva mi è sconosciuta. È il cinema dell' ungherese Bela Tarr, in specie un suo film del 2000, Le armonie di Werckmeister. Costui tra il 1691 e il 1697 «divise in sedici parti uguali il sistema divino delle ottave». Rispetto alle armonie di Werckmeister, la filosofica domanda che (credo) Tarr e Bazzocchi si pongono è quale sia il fondamento dell' ordine armonico. È la, apparentemente, anti-naturalistica domanda che si pone Carlo Michelstaedter nel suo capolavoro del 1910 La persuasione e la rettorica. Dice lo scrittore goriziano, che è di Materia cani randagi la fonte d' ispirazione letteraria: «Egli (l' essere umano) deve resistere senza posa alla corrente della sua propria illusione; s' egli cede in un punto e si concede a ciò che a lui si concede, nuovamente si dissolve la sua vita». Insomma, una filosofia dell' esistenza ante litteram. Man mano che La persuasione e la rettorica si sviluppa, assistiamo a un passaggio sempre più netto verso proposizioni d' impronta morale se non moralistica. Di Tarr non posso dire, vedo però che qualcosa di analogo accade nello spettacolo di Bazzocchi. In Michelstaedter (nel quale l' elemento patetico non è affatto secondario, nella sua prosa ricorrono termini come amore e odio, o metafore come «il sole è un' arancia fradicia») e allo stesso modo in Bazzocchi (nel suo spettacolo tutto viene messo a tacere dall' irruzione in scena di una possente macchina), fondamento non v' è, non c' è che l' illusione - della parola, del suono, della stessa immagine. In Materia cani randagi, in cui il rapporto con il cinema negli anni Settanta si sarebbe definito uno sviluppo del teatro-immagine, alle figure solitarie degli attori (i metaforici cani randagi) che si dibattono in allucinati assoli gestuali per impedire il dissolvimento delle loro vite, si contrappongono inesorabili le macchine. Sono metafore anch' esse, ricorrenti in Bazzocchi, di un ordine universale minaccioso, oscuro, più nero del nero, assordante - come nella drammatica scena della credenza distrutta a colpi d' ascia o nella scena delle mille bottiglie che tremano e tintinnano all' avanzare d' una forza meccanica, più potente d' ogni promessa di tecnologica leggerezza, più potente d' ogni futuro. Gli interpreti: Andrea Basti, Matteo Gatti, Catia Gatelli, Eleonora Sedioli e lo stesso regista.
Franco Cordelli