di Oscar Wilde
traduzione ed adattamento di Ileana Ghione
regia: Giuseppe Venetucci
costumi e arredamento scenico: Cabiria D’Agostino
interpreti: Cristina Borgogni, Paolo Lorimer, Mico Cundari, Piergiorgio Fasolo, Alessandra Pala, Evelina Nazzari, Maddalena Recino, Bianca Galvan, Patrizia Pezza, Laura Verga, Antonio Sarasso
Roma, Teatro Ghione 2007
Due sovrapposti sipari, con evidente allusione ad un “gioco speculare”, una razionale distribuzione di sedie e la quasi totale assenza di suppellettili consentono ai tagli di luce di trarre dal volto degli interpreti espressività da primo piano cinematografico, i costumi, accuratissimi, a cura di Cabiria D’Agostino, evocano alla perfezione e senza smancerie gli “ultimi fuochi” dell’Inghilterra tardo ottocento pervasa da tornacontismi e ipocrisie d’alto bordo, le variazioni cromatiche del rosso “infiammano” una sorta di balletto-meccanico dove – come prescrive Oscar Wilde – nessuno è quello che appare. O meglio, appare quel che decide di apparire al solo fine di scalare lo status sociale e le rendite finanziarie. Per simili obbiettivi, ovviamente, si fa ricorso ai mezzi più spregevoli: la delazione, il ricatto, la lettera anonima, la menzogna programmata – purchè tutto accada con aristocratico distacco e un plastificato sorriso sempre a fior di labbra, con angolare ghigno di perfidia.
Al Teatro Ghione lo spettacolo va avanti: proprio nell’accezione più banale e imperativa che impone la prima regola del mestiere. È il primo anno che Ileana non c’è più: e Un marito ideale fu tra i primi copioni che ella stessa aveva provveduto a rifiltrare verso un linguaggio elegante e tagliente, su specifiche cadenze di mondanità, effimere egolatrie e galanteria al vetriolo, frammiste al piacere della sobrietà e dell’essenzialità didattico-dialettica. Il regista Giuseppe Venetucci onorandone la memoria, ne desume un allestimento adamantino e riflessivo, smagliante e pessimista allo stesso tempo: sull’immutabilità, a quanto pare, dei sette vizi capitali, in varie epoche e sotto molte bandiere. Non v’è molto da aggiungere, poiché l’ordito drammaturgico è complicato ma accattivante, lineare in ogni suo interstizio. In perfetto stile “old british”, ma con strali di satira (corruzione, rampantismo, falso lieto fine), vi si sgranano i maneggi di una bella avventuriera, Mrs Chevelley e di un ambizioso (ancorché disonesto) Sir Robert, più vari amici da “parrocchietta”, alla volta di un’incerta speculazione su fondi di investimento argentini per la favolistica costruzione di un canale da caldeggiare alla Camera dei Lord. Vi ricorda qualcosa?
A vivacizzare il tutto provvedono attori di razza e temperamento quali Cristina Borgogni, Paolo Lorimer, Mico Cundari, Bianca Galvan, Evelina Nazzari, Piergiorgio Fasolo: disinvolti nel dare la giusta caratura agli interiori subbugli di fair-play e livore.
Breve ma meritata tournèe nazionale.
Angelo Pizzuto