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OPATAPATA - regia Roberto Azzurro

"Opatapata", di e con Roberto Azzurro. Foto Giancarlo De Luca "Opatapata", di e con Roberto Azzurro. Foto Giancarlo De Luca

Di e con Roberto Azzurro
Rivisitazione de La Tempesta, di William Shakespeare
Scene di Tata Barbalato

produzione Ortensia T

Napoli, Teatro Elicantropo dal 9 al 12 marzo 2017

www.Sipario.it, 13 marzo 2017

L'atmosfera intima e raccolta del Teatro Elicantropo – che da vent'anni si apre al pubblico come un piccolo e sorprendente scrigno nel cuore di Napoli – si tinge di azzurro. Essenziali scenografie di carta (curate da Tata Bartalato) raccontano di navi tra le onde del mare: viaggi, miti e leggende a popolare Opatapata fantasiosa riscrittura de La Tempesta di William Shakespeare.
Opatapata è quasi un'onomatopea: un concetto squisitamente e musicalmente partenopeo, che rende in dialetto la violenza dell'acquazzone, la forza dell'acqua che scroscia senza sosta e sconvolge la terra. Opatapata è la tempesta, omaggio in lingua napoletana al bardo Shakespeare, ma non solo. La riscrittura messa a punto da Roberto Azzurro, che è anche attore unico sulla scena, colleziona le citazioni più disparate: dal Giacomo Leopardi de La quiete dopo la tempesta, alla Raffaella Carrà di Ballo Ballo.
William diventa Guglielmuccio. La trama da lui ideata è oggetto di questo esperimento meta-teatrale, che racconta in modo divertente l'allestimento di uno spettacolo da parte di una sgangherata compagnia di guitti. Il capocomico, la prima attrice, la spalla... Diverse anime e voci interpretate da Azzurro, che, oltre a recitare, canta: porge tutto d'un fiato il racconto di una messa in scena che fa sorridere e tenta anche di offrire alcuni spunti alla riflessione sull'attualità.
I personaggi sono quelli ben noti ai lettori di Shakespeare: Prospero, il duca di Milano nonché depositario di oscure arti magiche, esiliato su un'imprecisata isola deserta, desidera ad ogni costo reintegrare la sua bella figliola, Miranda, restituendole il trono che le spetta. A tal fine, invoca attraverso rituali e formule imperscrutabili una tempesta tale da rovesciare i suoi nemici e cospiratori. Dopo mille peripezie, Prospero riesce nell'impresa di dare in sposa Miranda a Ferdinando, principe di Napoli.
Uno spettacolo sulla brama di potere, dunque, su ambizione e corruzione; sugli arrampicatori sociali, che purtroppo esistono da sempre e sempre esisteranno. Su chi pugnala alle spalle e chi non può far altro che subire, ma poi miracolosamente si riscatta. E il mare – il mare che come si dice a Napoli «non tiene caverne» e mette paura –, issandosi e rivoltandosi con tutta la rabbia di cui è capace, può talvolta riportare la giustizia, determinare capovolgimenti che ristabiliscano gli equilibri.
Un monologo musicale (nelle parti cantate e in quelle recitate) dai ritmi serrati, che non concede pause ma neanche parentesi di lentezza. Un testo che riesce in quanto discorso sul teatro, analisi ironica e disincantata sul mestiere dell'attore. Roberto Azzurro si diverte, è evidente, a mischiare Shakespeare e Leopardi coi successi nazionalpopolari della canzone italiana. Somiglia incredibilmente a Vinicio Capossela, non risparmia battute sulla politica, su Berlusconi e De Magistris. È istrionico, fa ridere, ma forse sacrifica l'elemento poetico che ci sarebbe piaciuto fosse tenuto in considerazione maggiore.

Giovanni Luca Montanino

Ultima modifica il Lunedì, 13 Marzo 2017 22:58

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