di Costantino Raimondi
con Guerassim Dichiliev, Juana La Corazza, Sergio Longobardi, Costantino Raimondi, Oscar Valsecchi
regia: Costantino Raimondi
Napoli, Galleria Toledo, dal 5 al 13 febbraio 2008
Il mimo è bulgaro, la danzatrice è boliviana, il ballerino è bergamasco, il capocomico napoletano. Sono i personaggi, ma è anche la vera identità degli attori messi in campo per lo spettacolo «Prove (Rewind)», alla Galleria Toledo. L'autore e regista Costantino Raimondi, a sua volta italo-francese, si è ispirato a «Emigranti» di Mrozek e il lavoro è prodotto dallo stesso teatro che lo ospita, diretto da Laura Angiulli e Rosario Squillace, da tempo rivolti a esperienze di scena transnazionale. Il tema è impegnativo: l'emigrazione e l'erranza, assunte come condizione che accomuna tanto le persone che lasciano il loro paese in cerca di nuova vita, quanto i commedianti per loro natura girovaghi. Gli attori-personaggi raccontano di se stessi. Il duplice titolo allude al pretesto (in verità consunto) delle prove di uno spettacolo da mettere in scena insieme, e al desiderio di riavvolgere su un nastro a ritroso i loro percorsi. Così, Guerassim Dichiliev dalla natia Bulgaria attraversa l'Europa su un bus, la lingua si fa babelica, il Danubio è sottolineato da un'aria di valzer, un can-can per l'approdo a Parigi, dove si scopre irrimediabilmente straniero. Oscar Valsecchi, emigrato a Londra, alterna l'inglese con il suo dialetto bergamasco nei nostalgici dialoghi con la nonna. Juana La Corazza è fuggita dal padre padrone con un biglietto di sola andata Bogotà-Napoli, per amore del teatro e della musica. Napoletano è il capocomico Sergio Longobardi, a telefono con mammà che gli manda a Parigi salsicce e limoncello e strillazza contro "quella francese" che ha sposato. Elemento costante è la vecchia valigia di cartone, destinata ad accogliere le povere cose e le esaltate illusioni della loro erranza. Il modello della corrosiva scrittura di Mrozek, intellettuale esule dalla sua Polonia, resta distante. Qui il frammentato discorso è ingenuo e tuttavia vive della esuberanza degli interpreti, che offrono alle loro radici perdute il sogno di ritrovarsi tra le luci e gli orpelli di un music-hall straccione.
Franco de Ciuceis