di Frank Wedekind
traduzione Roberto Cavosi
con: Patrizia Milani, Giovanni Battaglia, Matilde Bernardi, Fabrizio Contri, Giovanna Rossi
e con Giacomo Albites Coen, Giovanni Cannata, Bianca Castanini, Pietro Landini, Sebastian Luque Herrera, Max Meraner, Edoardo Rossi, Emma Francesca Savoldi, Giacomo Toccaceli
regia: Marco Bernardi
elementi scenici e costumi: Roberto Banci
luci: Denis Frisanco
maschere: Saverio Assumma
consulenza effetti magici e illusionistici: Francesco Scimemi
assistente alla regia: Alessandra Limetti
Teatro Stabile di Torino -Teatro Nazionale - Teatro Stabile di Bolzano
Teatro Gobetti, Torino 6 aprile 2025
Un’occasione persa, purtroppo, per “Risveglio di Primavera” al Teatro Gobetti di Torino, nella traduzione di Roberto Cavosi e per la regia di Marco Bernardi. Il testo, che suscitò scandalo quando nel 1891 Frank Wedekind lo diede alle stampe, tanto da guadagnarsi la censura e il divieto di rappresentazione, ancora oggi contiene grandi potenzialità esplorative e artistiche, giacché affronta un tema tutt’altro che superato, ossia quello del disagio adolescenziale in un mondo che non lo rappresenta e non lo comprende, fino a determinarne esiti drammatici. La scelta di intervallare le diciannove brevi scene di cui il dramma si compone con strofe di canzoni pop, rap o trap, attinte dalla scena musicale italiana contemporanea, in netto contrasto per altro con il ricorso a costumi d’epoca, appare come un ammiccamento alle nuove generazioni poco efficace, un espediente ingenuo, che non convince come appiglio alla contemporaneità. La recitazione delle giovani attrici e dei giovani attori è impeccabile, trasuda passione autentica e grande impegno, ma sostanzialmente risulta accademica, così come l’utilizzo equilibrato dello spazio scenico, specchio di una regia didascalica e ancorata al passato. Eppure, i turbamenti sessuali che si attraversano in adolescenza, benché con una maggiore consapevolezza di come meccanicamente si svolga l’atto procreativo, permangono, lo stesso vale per il senso di inadeguatezza rispetto al performante mondo adulto, che alle nuove generazioni troppo spesso appare incasellato nel rigido ruolo di genitore privo di empatia o maldestramente protettivo oppure in quello di insegnante repressivo e incartapecorito. A questo proposito, la scelta di far indossare agli adulti maschere grottesche (realizzate da Saverio Assumma, ispiratosi all’opera di James Ensor, pittore di fine Ottocento) è funzionale, soprattutto quando a ciò si accompagna una gestualità stereotipata come accade all’inizio del secondo atto, che ritrae il consiglio scolastico in assemblea, meno in altri momenti in cui le maschere si riducono a semplici oggetti posticci. L’intero spettacolo si svolge in un’atmosfera buia, opprimente. L’uso severo delle luci, con la presenza quasi costante dei controluce e di qualche cono luce a pioggia sui personaggi, sottrae dinamicità all’azione che un “risveglio” invece presupporrebbe. L’inquietudine dei sensi, la paura, la solitudine esistenziale, l’attrazione per il proibito e persino per la morte convivono infatti con il desiderio, la vitalità esplosiva e l’esuberanza, tratti che caratterizzano le giovani generazioni di ogni tempo e che qui appaiono un po’ sacrificati. Il finale volutamente surreale, macabro e allo stesso tempo ridicolo, risulta spiazzante e quasi scollegato stilisticamente dal resto dello spettacolo, ma questo era già nelle intenzioni di Wedekind, artista inquieto, poliedrico e visionario. Uno spettacolo che parla agli adulti, sollecitandoli a una maggiore immedesimazione, forse più che agli adolescenti, mettendo tuttavia in evidenza le profonde fragilità di entrambi. Francesca Maria Rizzotti