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SPETTRI - regia Sebastian Hartmann

"Spettri" regia Sebastian Hartmann. Foto Arno Declair "Spettri" regia Sebastian Hartmann. Foto Arno Declair

liberamente tratto da August Strindberg / Henrik Ibsen / Heinrich Heine
regia e scena: Sebastian Hartmann
con: Edgar Eckert, Felix Goeser, Gabriele Heinz, Markwart Müller-Elmau, Linda Pöppel, Katrin Wichmann, Almut Zilcher
accompagnamento musicale: Ben Hartmann, Philipp Thimm
costumi: Adriana Braga Peretzki
video e luci: Rainer Casper
animazione video: Tilo Baumgärtel
suono: Martin Person
drammaturgia: Claus Caesar
Berlino, Deutsches Theater, dal 24 febbraio 2017

www.Sipario.it, 5 aprile 2017

Padri falliti, madri forti e volitive, figli inetti e malati: questa la popolazione di Spettri, la nuova messa in scena di Sebastian Hartmann al Deutsches Theater di Berlino. Lo spettacolo è frutto di un collage tra l'omonima opera del drammaturgo norvegese Henrik Ibsen, il dramma I padri del drammaturgo svedese August Strindberg e alcuni versi del poeta tedesco Heinrich Heine. Hartmann non ripropone gli intrecci dei drammi di Ibsen e Strindberg nella loro interezza, ma preferisce concentrarsi su alcune scene e soprattutto sul dipanarsi delle relazioni famigliari tra i personaggi. La prosa dei due drammaturghi scandinavi viene poi posta in relazione con i versi di Heine, in particolare con la poesia Deutschland. Ein Wintermärchen e il Libro dei canti.

Da Ibsen Hartmann trae la storia di un rapporto conflittuale tra madre e figlio che viene proposto in due varianti d'età. La madre non vuole ammettere a se stessa di vedere nel figlio una sorta di reincarnazione del defunto marito, un uomo infedele, dedito al bere e buono a nulla. Il figlio non vuole rassegnarsi ai tentativi della madre di estirpare i pallidi ricordi che ancora conserva del padre: affetto da una sorta di depressione che ne paralizza la produttività e la voglia di vivere e soffocato dai comportamenti della madre, il giovane non trova pace. La loro folle relazione è fatta di abbracci e baci intervallati da strattoni, spinte e botte. Dal dramma di Strindberg Hartmann estrapola invece il conflitto tra moglie e marito che non riescono a convenire sull'educazione della figlia. Per imporsi, la donna gioca una carta decisiva: insinua nel marito il sospetto che la figlia non sia sua, ma di un altro uomo. A questo punto l'uomo diventa folle.

Se in Ibsen e Strindberg viene messo a fuoco il passato personificato da padri fallimentari che riversano la propria inettitudine sui figli perseguitandoli come spettri, nei versi di Heine i fantasmi del passato sono di tutt'altra natura: l'io lirico esprime la propria nostalgia per le origini, per la patria, le proprie radici e dunque in un certo senso per "i padri". Il collage letterario proposto da Hartmann è tanto frammentario quanto affascinante. Sulla scena spoglia si avvicendano personaggi vestiti con abiti scuri di fine '800. Una rampa che conduce verso l'alto e al contempo verso il nulla rappresenta l'unico allestimento dello spettacolo. Servendosi di proiezioni luminose romantiche e spaventose allo stesso tempo, il regista riesce a creare un'atmosfera fantasmagorica e coinvolgente, forte anche dell'accompagnamento musicale di Linda Pöppel, Ben Hartmann e Philipp Thimm. E se da un lato le scene narrate ci sembrano anacronistiche o addirittura provenienti da un universo immaginario, dall'altro è inevitabile rendersi conto di quanto le problematiche famigliari siano realtà del nostro tempo.

Gloria Reményi

Ultima modifica il Sabato, 08 Aprile 2017 23:11

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