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SU-A - di e con Marika Pugliatti

"SU-A", di e con Marika Pugliatti "SU-A", di e con Marika Pugliatti

azione teatrale in quattro posizioni da Ionesco, Kane, Shakespeare, Valentin e Wedekind
di e con Marika Pugliatti
Messina, Teatro dei Naviganti 15 febbraio 2015

www.Sipario.it, 16 febbraio 2015

All'inizio vestita da domatrice con frustino cilindro e lungo spolverino nero, Marika Pugliatti incarna quella stessa bestia che c'è in lei. Un modo per domarla, per calmarla e riuscire ad iniettarle delle siringhe di valium e farla sopravvivere in un mondo in cui tutti debbono essere belli, attraenti palestrati e senza un fil di pancia. È un inizio alla Wedekind questo suo monologo titolato con l'acronimo SU-A che sta per un'azione teatrale in 4 posizioni SUll'Attore, in cui la Lulu della Pugliatti conduce il pubblico da una stanza ad un'altra dei Magazzini del Sale del Teatro dei Naviganti e a fargli a malapena tenere il sedere piantato sulla sedia. Sì, perché poi su una scena con un trino separé che alloggia tre specchi, uno pure in bella mostra di lato, una sedia e un bancone e una sfilza di luci rosse per delimitare una piccola ribalta, diventano i luoghi per poter sviscerare la Pugliatti metaforicamente e/o realmente il suo disgusto per il mondo, riflettere e far riflettere il pubblico cosa significhi il lavoro dell'attore, precario come ogni altro lavoro, attraversare momenti di scoramento e solitudine come tutti, amplificare senza freni corporali e verbali la condizione di chi vive ai bordi d'una lama affilata, portarlo infine nei suoi labirinti neuronali e farle provare le stesse sofferenze che vive lei. Ecco dunque la Pugliatti in sottana nera e una sorta di museruola simile ad uno strumento di tortura che le serra la bocca, udire registrata la voce di chi vive nella penombra, snocciolare in 50 minuti quattro brevi frammenti di opere teatrali nelle quali le parole di Ionesco, Sara Kane, Karla Valentin e Shakespeare aderiscono come una seconda pelle alla biografia della protagonista. Gli occhi della Pugliatti fissano il pubblico, lo costringono ad entrare nel personaggio femminile de La cantatrice calva tanto assurdo quanto reale e a fargli prendere coscienza poi che l'Ofelia shakespeariana, respinta più volte da Amleto, pazza certamente ma d'amore per lui, tutto affaccendato costui a scoprire chi realmente gli ha ucciso il padre, è destinata a rinchiudersi in convento o a suicidarsi, facendosi trascinare dalle acque gelide d'un fiume ricoperta di foglie e fiori come ben raffigurata in quel dipinto di Millais. Eccola poi, dopo aver abbracciato e toccato alcuni spettatori, montare su quel bancone di legno, smuovere il suo corpo e i suoi seni e apostrofare al mondo con le parole di Sara Kane e del suo quinto e ultimo lavoro titolato 4,48 Psycosis, alcuni giorni prima di suicidarsi all'età di 28 anni, perché al massimo della depressione la sua carne le fa schifo e perchè non ne può più della madre, del padre, di dio e di tutte le cose animate e disanimate che le stanno intorno. Infine, dopo i versi di Karl Valentin (Nel fienile), in dialetto siciliano vicini alla poetica teatrale di Franco Scaldati, le parole di Wedekind del prologo iniziale chiuderanno il cerchio d'uno spettacolo sanguigno, ustionante e applaudito: " Signori, avanti! E voi, gaie signore, / Entrate nel serraglio, avanti, avanti! / Vi potrete ammirar, con freddo orrore / O con ardente voluttà, le belve / Senz'anima che il nostro genio doma".-

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Lunedì, 16 Febbraio 2015 14:13

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