direzione e digital painting: Michele Sambin
performer/musicisti: Pierangela Allegro, Kole Laca, Alen Sinkauz, Nenad Sinkauz
fonica: Alessandro Martinello
produzione Tam Teatromusica
Castiglioncello, Castello Pasquini, luglio 2008
E' la struttura del consumo a rendere attraente Inequilibrio, il festival diretto da Massimo Paganelli. Tutto si svolge in uno spazio ben delimitato. I luoghi di rappresentazione sono quattro, due in un capannone, il terzo in una stanza del castello, il quarto in un anfiteatro. Gli spettacoli, previsti tra le 19 e mezzanotte sono tanti; spostarsi dall' uno all' altro è facilissimo; alla fine non resta che rilassarsi nella Limonaia, un caffè sotto i pini dove si accende la discussione - tra i reduci degli spettacoli, registi, attori e spettatori. Tra le molte cui ho partecipato una riguardava proprio i festival, la loro situazione, la loro involuzione. Involuzione? A prima vista si direbbe il contrario. Ve ne sono tantissimi e di tutti i tipi. I festival di teatro in questo senso non sono secondi a nessuno. Ma il punto è proprio questo, il moltiplicarsi esponenziale di un oggetto (di una merce) lo rende più o meno rapidamente obsoleto. Che cosa sono oggi i festival dell' Adriatico, dal passato glorioso, come Polverigi e Santarcangelo? E, per tornare al Tirreno, che ne è di Volterra, dove un tempo si andava tutti, certi che vi si sarebbe incontrato il nuovo teatro? Questo discorso l' ho accennato a proposito di Spoleto. Il Festival ha trovato in Bob Wilson, e nella sua Opera da tre soldi, la carta vincente. Ma l' insieme, per quanta energia ideativa vi abbia impegnato il nuovo direttore Giorgio Ferrara, dubito abbia resuscitato un troppo logoro organismo. Poi c' è Napoli. Napoli è stato un successo. Ma un così faraonico progetto rischia di rendere velleitari gli sforzi degli altri. La ragione per cui Castiglioncello e Paganelli resistono è che non vi si sbandiera nulla; di più, che spesso non vi si rappresentano spettacoli veri e propri ma solo studi, work in progress, parti di qualcosa che verrà (in inverno o mai). In tal senso è stato sconcertante vedervi sbarcare lo stato maggiore del Teatro di Roma per assistere all' abbozzo di una nuova creatura, Magick, il secondo spettacolo di Lucia Calamaro, che in versione integrale e compiuta andrà in scena all' India. Lo spettacolo era stato già comprato, o prodotto. Che cosa se ne sarebbe potuto fare, o dirne? Anche i dirigenti dei teatri sono diventati come gli editor per gli scrittori, che gli aggiustano o riscrivono i libri? Ben diversa la situazione di un artista come Michele Sambin, senza santi in paradiso. Con il suo Tam Teatromusica, Sambin è attivo dal 1977. Un poco, lo sorregge il comune di Padova, per il quale questo valoroso regista collabora in attività di teatro per ragazzi. Alla fine del suo Tutto è vivo!, Sambin mi ricorda gli spettacoli del Tam Teatromusica da me visti in trent' anni: uno dedicato a Maderna, un altro al Rublëv di Tarkovskij. Per il poco che la memoria mi sorregge in Tutto è vivo! osservo una volontà inesausta di rinnovamento. Vi si sperimenta l' integrazione di suono, musica e segno grafico - il pennello luminoso che pone in dialettico rapporto i geometrici movimenti dei quattro attori e l' improvviso animarsi dei trentuno «oggetti sonori potenziali», fino agli stessi addobbi - lo schermo bianco sul fondo e il bianco lenzuolo di plastica steso in terra. Nello spettacolo non accade nulla di concreto, o raccontabile. Solo un incessante, incalzante, buio-luminoso divenire del puro evento formale. Vi è in tutto ciò, come si può intuire, un limite decorativo, calligrafico. Ma vi è anche un' indubbia deliberazione di resistenza all' ovvietà del discorso - quale che sia il messaggio che si intende trasmettere.
Franco Cordelli