Itinerario di sola andata
Di e con Antonella Voltan
Regia di Paolo Panizza
Disegno luci di Federica Piergiacomi
Produzione SPAZIO VERTICALE
Milano, Stecca 3.0 - 26, 27 gennaio 2019
Uno spazio bianco, pronto per essere colorato. Un salotto ludico dove ci si diverte e mette in gioco. Così Stecca 3.0 ospita le vite di tre donne, ad ognuna assegnata una fase del parto. Tre storie sospese, tre uteri in aria, ciascuno paralizzato nel proprio ciclo solo per rendersi manifesto. Esistenze per nulla banali, non di tutti i giorni, o forse sì, ma delle quali Antonella Voltan ha sentito comunque il bisogno di scrivere e dare voce. Tante immagini condiscono la scena, presentate in maniera fresca e dinamica dalla regia di Paolo Panizza. Il monologo è così reso fluido ed in perenne conflitto permettendo alla penna di Voltan di commuovere in molti snodi. La fermata di un tram, arrugginita nella nostalgia ma anche nel rimorso; gli stessi sapori della prima storia. Elena è un po' timida, brava a raccontare poesie. Figlia del desiderio di una donna di dare la vita, indipendentemente dalle incertezze, dalla solitudine, da tutto. Un volo di rondine, con fede e determinazione a dar luce a questo viaggio avventuroso, un itinerario di sola andata, in cui ogni giorno trascorso equivale ad un traguardo raggiunto. Elena non sa che la promozione lavorativa della madre è stata rinviata a data da definire, che il lavoro stesso magari cambierà o verrà affiancato da un altro. Gli occhi della donna, sebbene carichi di paura, continuano a comunicare amore e speranza, anche se filtrati da uno schermo. La seconda storia vede Dora protagonista che, come il fiume, si secca, si svuota, fa fatica a trovare il suo affluente; tuttavia, come la dedizione, riesce a uscire dallo schermo e raccontarsi. Una maternità desiderata, anche in questo caso. Un figlio, una figlia: non si sa. Perché non è mai arrivato. Una richiesta di aiuto alla scienza che, in cambio di tanti, troppi tentativi, lampeggia una linea verticale nel test di gravidanza: non incinta. Un senso del dovere che si sta smarrendo. Un desiderio che diventa ossessione. La terza fase, quella espulsiva, insegna che "ci sono tante parole di cui possiamo fare a meno", dando la precedenza a un tempo che non ritorna, da cui bisogna distillare fino all'ultimo secondo. E quando di mezzo c'è una malattia neurologica, anche se il rumore della sedia a rotelle è sempre più assordante, ogni operazione alla spina dorsale è vita che rinasce. Una condizione attutita da una madre che confessa il suo desiderio di conoscere la quotidianità della figlia di cui si è occupata per 23 anni. "Francesca ha fatto di me una persona migliore": la figura dell'attrice si riempie a fine spettacolo, toccando le corde più sensibili del pubblico nella sua totalità. "Un tema solo apparentemente femminile, che riguarda l'essere umano posto di fronte ad un bivio". Sembra ecumenico l'appello di Voltan che, emozionando ed emozionandosi, rende la maternità una condizione universale.
Giovanni Moreddu