ideazione e regia Riccardo Pippa
di e con Cecilia Campani, Giovanni Longhin, Andrea Panigatti,
Sandro Pivotti, Maria Vittoria Scarlattei, Matteo Vitanza
dramaturgia Giulia Tollis
maschere e costumi Ilaria Ariemme
scenografia Anna Maddalena Cingi
disegno luci Paolo Casati
cura del suono Luca De Marinis
assistente alla regia Daniele Cavone Felicioni
produzione Teatro Franco Parenti in collaborazione con Teatro dei Gordi
Teatro Franco Parenti, Milano, dal 20 novembre al 9 dicembre 2018
Il ricordo come antidoto alla fine della vita
Una stanza, un letto, due comodini, una sedia sono gli oggetti scenografici di questa pièce in cui la drammaturgia di Giulia Tollis e la regia di Riccardo Pippa ripropongono un concetto filosofico: panta rei.
La riproposizione teatrale di questo concetto ci viene offerta attraverso i ricordi di una coppia, un uomo e una donna, ormai in età avanzata, che si preparano ad affrontare il mistero dell'esistenza. La loro situazione attuale, resa dalla decomposizione temporale delle facce attraverso delle maschere (bellissime nella loro bruttezza), si contrappone scenicamente al ricordo di quello che furono, attraverso l'incontro, alle visite, nella stanza, di più giovani personaggi. È su questo doppio binario registico basato su un doppio livello temporale, che scorre una drammaturgia "muta" la cui scelta centrale è il privilegio del corpo. Perché è il corpo e la sua inevitabile metamorfosi ad offrirci la possibilità di una riflessione profonda sulle parole di Eraclito intorno al destino dell'essere umano. Giovinezza e vecchiaia, passato e presente, ricordo e azione sono solo alcuni dei concetti dicotomici riassunti nella dinamica, nel cambiamento e nel ritmo di un corpo in divenire. In una notte festosa di capodanno, le movenze seducenti di giovani corpi di un gruppo di amici lasciano, immediatamente, spazio alla lentezza dei due vecchi, nel momento di andare a letto a dormire, non prima di avere svolto i soliti rituali quali spostare un cuscino o aggiungere una coperta. In questo continuo alternarsi scenico scorre lo spettacolo. Fino ad un punto. Un punto di rottura, di qualità, che evita una ripetizione, nonostante la sua bellezza e precisione quasi coreografica, quasi eccessiva. Il fondale della scena cade. Il nostro sguardo acquista improvvisamente profondità. La stanza non c'è più. Rimane il letto. Ci troviamo catapultati in un ospizio. La donna anziana è sola. Il marito è rimasto nella fotografia accanto al comodino. Altri personaggi indossano le maschere. La vita sta per finire. Soltanto la visita di una amica porterà consolazione e luce nel buio di una morte vicina.
Andrea Pietrantoni