mercoledì, 26 marzo, 2025
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VEGETARIANA (LA) - regia Daria Deflorian

"La vegetariana" regia Daria Deflorian. Foto Andrea Pizzalis "La vegetariana" regia Daria Deflorian. Foto Andrea Pizzalis

scene dal romanzo di Han Kang
adattamento del testo Daria Deflorian, Francesca Marciano
co-creazione e interpretazione Daria Deflorian, Paolo Musio, Monica Piseddu, Gabriele Portoghese
regia Daria Deflorian
aiuto regia Andrea Pizzalis
scene Daniele Spanò
luci Giulia Pastore
suono Emanuele Pontecorvo
costumi Metella Raboni

consulenza artistica nella realizzazione delle scene Lisetta Buccellato
collaborazione al progetto Attilio Scarpellini
consulenza alla drammaturgia Eric Vautrin
direzione tecnica Lorenzo Martinelli con Micol Giovanelli

stagista Blu Silla
per INDEX Valentina Bertolino, Elena de Pascale, Francesco Di Stefano, Silvia Parlani
una produzione INDEX
in coproduzione con Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale; La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello in corealizzazione con Romaeuropa Festival; TPE – Teatro Piemonte Europa; Triennale Milano Teatro; Odéon–Théâtre de l’Europe; Festival d’Automne à Paris; théâtre Garonne, scène européenne – Toulouse
con la collaborazione di ATCL / Spazio Rossellini; Istituto Culturale Coreano in Italia
con il supporto di MiC – Ministero della Cultura
Teatro Astra, Torino 29 gennaio 2025

www.Sipario.it, 2 febbraio 2025

Un appartamento vuoto, dalle pareti scolorite. Misero. Un uomo entra, con passo e gesti incerti, e si rivolge al pubblico con voce tremolante. Misero, anche lui. Le parole faticano a uscire, ma una volta trovata la strada, si rovesciano sul pubblico come sassi: la sua è una storia di sofferenza, incorsa all’improvviso nella vita ordinaria di una coppia, senza apparente ragione, ma latrice di vaghi e inespressi sensi di colpa. 

Gabriele Portoghese, a cui è affidato l’incipit dello spettacolo, è superlativo nei panni del Signor Cheong: ci restituisce il ritratto di un marito, né buono né cattivo, moderatamente egoista, privo di grandi ambizioni, incapace per natura di affrontare la metamorfosi della moglie o di quella che credeva dovesse continuare a essere la forma di sua moglie. Sì, è facile cogliervi rimandi pirandelliani o ibseniani: c’è un po’ di Nora in questa donna che si ribella e per farlo decide di rinunciare non ai figli ma alla carne, e c’è qualcosa anche della protagonista di “Così è (se vi pare)”. La follia che, in maniera diversa sembra lambire queste tre donne, nasce indubbiamente dal non aderire più alla forma che altri hanno loro attribuito. Ma “La vegetariana” di Hang Kang svela di più. La scelta di non eliminare la carne dalla propria dieta, dopo aver fatto un sogno, è solo l’inizio. 

Yeong-hye poco alla volta si rifiuta di mangiare, perde ogni desiderio per il marito e per la vita sociale. Priva di forze, lascia che l’uomo sfoghi i propri impulsi sessuali sul suo corpo come se non le appartenesse più; arriva a tentare il suicidio tagliandosi le vene dei polsi quando il padre, autoritario, anaffettivo, rude, tenta con la forza di infilarle in bocca carne di maiale. Un ruolo complesso quello di Yeong-hye, che si trasforma a poco a poco, a cui Francesca Marciano assegna fin dall’inizio movenze di donna sommessa, alienata, in contrasto con la voce piena e determinata.

Altro personaggio equivoco è quello del cognato (interpretato da Paolo Musio), videoartista, eccentrico, narcisista. Attratto dalle stranezze di Yeong-hye e dalla macchia mongolica intravista per caso sul corpo della donna, intreccia con la sorella di sua moglie una relazione sessuale, a scopo formalmente artistico, sfruttando lo stato apparentemente confusionario della donna. 

In-hye (Daria Deflorian, anche regista dello spettacolo), una volta scoperto il tradimento del marito, chiede l’internamento di entrambi in un ospedale psichiatrico.

In-hye ama che le cose siano in ordine, si occupa del figlio, è dedita al marito, chiude un occhio sulle sue stravaganze da artista purché si limitino agli orari o alle mancate risposte al telefono, si preoccupa della sorella che comincia a dare segni di sregolatezza e, una volta fattala ricoverare, non manca di andare a trovarla, di prendersene cura. Il suo spirito da crocerossina con la mania del controllo comincia a vacillare quando le condizioni di Yeong-hye peggiorano. Yeong-hye, fuggita dall’ospedale psichiatrico, viene ritrovata in un bosco, aspira forse a diventare un vegetale. Nessuno è in più in grado di nutrirla.  In-hye perde a sua volta il controllo e subisce lo stesso destino della sorella. Nessuno è esente da responsabilità, o abbastanza forte da esimersi dai sensi di colpa.

Deprimente ed efficace la scenografia, con quel materasso nudo e squallido, appoggiato alla parete di fondo, su cui si schiantano corpi stanchi e infelici, o quel bagno essenziale, privo di specchio e persino dell’asse del wc. Desolante, come gli abiti stropiccianti, ordinari, dalle tonalità tristi che si sposano perfettamente con i personaggi che li indossano.

A segnare il tempo che scorre, l’alternarsi immutato delle luci del giorno e della notte.

L’adattamento del testo, a cura di Daria De Florian e Francesca Marciano, rispetta la suddivisione in tre parti del romanzo, a seconda del punto di vista del racconto: la storia, infatti, viene raccontata prima dal marito, poi dal cognato e infine dalla sorella. Ma non è teatro di narrazione quello a cui assistiamo, o meglio non solo, è qualcosa di più: a raccontare sono i personaggi-narratori ripercorrendo le azioni narrate come in un plurimo flusso di coscienza visivo. 

Esperimento interessante e riuscito.

Francesca Maria Rizzotti

Ultima modifica il Martedì, 25 Febbraio 2025 07:11

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