mercoledì, 26 marzo, 2025
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VOLPI (LE) - regia Luca Ricci

"Le Volpi", regia Luca Ricci. Foto Alberto Vendrame "Le Volpi", regia Luca Ricci. Foto Alberto Vendrame

di Lucia Franchi, Luca Ricci
con Giorgio Colangeli, Manuela Mandracchia, Federica Ombrato
scena Luca Ricci
costumi Marina Schindler
suono Michele Boreggi, Lorenzo Danesin
luci Stefan Schweitzer
regia Luca Ricci
produzione CapoTrave e Infinito srl
con il supporto di Ministero della Cultura, Regione Toscana, Argot Studio Roma, Biblioteca al Cortile Roma
rassegna Theorìa – proposte di teatro contemporaneo, gestione e organizzazione Echidna Associazione Culturale – direzione artistica Cristina Palumbo
Asolo (Treviso), teatro Eleonora Duse, 27 febbraio 2025

www.Sipario.it, 28 febbraio 2025

E’ un’atmosfera leggera, rilassante e prospiciente alle immediate vacanze estive, al mare e al soggiorno caldo e rilassato quella che si vede ne Le volpi, testo scritto da Lucia Franchi e Luca Ricci, con quest’ultimo anche alla regia. Piacevolmente rilassante ma in apparenza, perché man mano che passano i minuti vengono a galla alcuni aspetti psicologici e meramente esistenziali dei personaggi, una serie di sfumature su questioni che li riguardano da vicino che, insomma, li smaschera. E’ il consueto specchio della cosiddetta zona cieca, cioè quello che si è realmente visto da altri occhi rispetto ai propri, a quello che si vuol far vedere di noi perché così fa comodo, e alleggerisce i passaggi. Dunque, rimanere leggeri, ma vigilati, in qualche modo, da un occhio estraneo che mostra invece la realtà più o meno sommersa di tutti noi. Un gioco, passate questa parola, psicologico portato a mille, di tre personaggi: madre, dirigente Asl, figlia, ambiziosa progettista culturale intenzionata ad accasarsi al nascente museo di arte contemporanea della città, e sindaco della stessa, amico della madre di lei. Ognuno mostra nella prima parte dello spettacolo il carattere ruvido, o fintamente accomodante, non lesinando peraltro discordanti e più o meno sinceri pareri verso gli altri, salvo poi finire in una fossa biologica, metafora che mi sembra davvero appropriata, del puro interesse personale. Dove, va da sé, ognuno dei tre cerca di poter ottenere il massimo beneficio, cosa che dovrà peraltro andare in crescendo, nella storia, che non si vede ma si intuisce. E al centro, un’inquietante prossima probabilissima chiusura di un reparto maternità dell’ospedale cittadino, che ci ritorna il segnale del contemporaneo più vero e assoluto, uno dei drammi possibili e reali del nostro tempo. Più di tutto a essere scoperta, per quanto da immaginarsi, è la nefandezza del voler mettersi in ordine il proprio orticello a qualunque costo, l’ossessiva corsa, per quanto mascherata, a sistemarsi il proprio tornaconto. E’ un ritratto avvilente della provincia italiana, e dell’essere umano in generale, che gli autori Franchi e Ricci ben mostrano e trattano, indicando, come appunto nella branchia psicologica della zona cieca già citata, quello che di noi non vediamo ma è lì, ed è pronto a palesarsi. Nessuno è perfetto, si potrà dire, questo è vero, ma quello che la nuova drammaturgia indica è giustamente un appunto, un invito a riflettere sull’onda di antichi difetti e mai superati temi. Ad esempio, è abbastanza terribile vedere come in pochi passi si possano variare i rapporti solo in base agli interessi che escono fuori. Corruzioni e confusioni, o meglio certezze, allora, di andare avanti per la propria strada, non curandosi di niente e nessuno se non con l’idea di stabilire un meccanismo che resti in equilibrio da vantaggio, se così si può dire. La regia di Luca Ricci compie il suo dovere, rimane lineare e torbidamente pura. Manuela Mandracchia, la madre, e Federica Ombrato, la figlia, vanno ben oltre la semplice efficacia, dimostrano di essere attrici pure, dallo sguardo lucido, per non parlare di Giorgio Colangeli, così straordinariamente naturale e strafottente, per citare un testo di Peppino Patroni Griffi. Insomma, uno spettacolo che affascina e che mette sul piatto letteralmente i biscottini vegani che si assumono a simbolo di una morale propria mai cercata, anzi, che piuttosto va nella direzione opposta. Le volpi termina per quest’anno ad Asolo il suo ciclo, pronto però a ritornare sui palcoscenici italiani la prossima stagione, e c’è ben più di un motivo per andarselo a vedere.

Francesco Bettin

Ultima modifica il Domenica, 02 Marzo 2025 06:27

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