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BARTÓK OPERA PLUS FESTIVAL - Alla ricerca dell' "Opera nuova". - di Federica Fanizza

Bartók Plus Opera Festival di Miskolc. Foto Ufficio Stampa del Festival Bartók Plus Opera Festival di Miskolc. Foto Ufficio Stampa del Festival

Alla ricerca dell' "Opera nuova"
Il manifesto programmatico del Bartók Plus Opera Festival di Miskolc (Ungheria)

Esiste la possibilità di rinnovare l'opera lirica nei suoi contenuti e nelle forme? Come formare il pubblico a questo genere musicale che possa andare oltre al repertorio consolidato? Si gioca su questa scommessa la credibilità progettuale del Bartók Plus Opera Festival ( 8 – 16 giugno 2018) a Miskolc, terza città dell'Ungheria sotto la direzione artistica, assunta dal 2014, da Gergely Kesselyàk. Certo la musica di Béla Bartók segna l'esistenza del Festival come ha dimostrato l'allestimento dei tre titoli scenici del compositore ungherese con i balletti Il Principe di legno, Il Mandarino Meraviglioso insieme a Il Castello di Barbablù. Ma è con il concorso " Composition Competition 2018" per un'opera innovativa che sia popolare, ovvero, che si faccia ascoltare, che si sta giocando la specificità internazionale di questo festival per nulla marginale nel panorama degli eventi musicali europei. Non dobbiamo aspettarci lavori d'avanguardia sia musicale che performativa, ma lavori che si rifanno ad un solido lavoro compositivo e, di conseguenza, a testi facilmente riconoscibili per storie che possano avere dei riscontri con esperienze e conoscenze condivise. Non per altro le scelte di programma hanno esplorato la ricerca sulle forme del melodramma anche per alcuni aspetti inusuali. È stato il caso dell'opera in un atto di Raymond J. Lustig e Mattehew Doherty, Semmelweis, in coproduzione con il Budapest Operetta and Musical Theater (in scena il 9 giugno).

bartok ssemmelweis

Questo accostamento con il termine "operetta" non deve fuorviarci dalla serietà dell'argomento musicale. Si tratta di un dramma: la vicenda del medico Ignác Semmelweis (Buda, 1 luglio 1818 – Döbling, 13 agosto 1865) ostetrico, docente alla clinica universitaria di Vienna che scoprì la ragione delle morti delle donne per febbre puerperale, trovando un rimedio alquanto banale, ossia, il lavaggio delle mani, dopo le autopsie, con sali di cloro e calce per contrastare la contaminazione batterica, allora ancora sconosciuta. Una storia con esiti tragici che si concluse con l'internamento del medico in manicomio: la sua scoperta venne contrastata negli ambienti accademici. "Operetta" indica forma musicale con utilizzo di voci non impostate al canto lirico, necessità artistica per poter fare affidamento ad uno dei migliori artisti della scena musicale delle operette ungheresi Szilveszter S. Szabòm, la cui presenza sarebbe stata una garanzia di successo.

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Ne è uscito un prodotto con un solido costrutto drammatico, ricco di riferimenti all'800 musicale, di intuizioni sceniche sotto la regia del giovane Martin Boross, che ha costruito il tutto ambientato in un'aula di anatomia con il coro femminile, funzionale all'azione scenica, con video che ricostruivano i tratti interni del corpo umano, utilizzando maschere grottesche per rappresentare i medici presuntuosi. Essendo una vicenda di storia condivisa il pubblico si è sentito partecipe di questa vicenda umana ampiamente documentata da film e documentari illustri, quali Fred Zinneman, e per l'Italia uno sceneggiato del 1982 di Aldo Grasso e Gianfranco Bettetini. Certo che molto della popolarità dell'opera contemporanea dipende anche dalla scelta dei soggetti affiancati da un'impalcatura musicale che ne sottenda il significato. Fa specie sentire accostare il termine di opera rock al melodramma. Eppure esempi negli anni '80 di tale genere in Occidente (USA ed Europa) ce ne sono stati e di successo, storie collettive generazionali e umane (Hair, Jesus Christ Super Star, Cats), con un est europeo nel quale il regime comunista iniziava a riconoscere e a sperimentare le prime forme di accettazione della musica rock giovanile utilizzandole in un'ottica di propaganda interna, legate a una tematica patriotica. In questo modo sono emersi lavori anche di buon spessore musicale. Esempio ne è stato il Stephen, the King (István, a király) di Levente Szörényi (musica) – János Bródy (libretto) opera Rock, allestito in versione sinfonica al Main Stage del Teatro nazionale (11 giugno) sotto la direzione di Gergely Kesselyàk con teatro esaurito in ogni ordine e grado di posti, opera rock dedicata alla vita del re Stefano d'Ungheria fondatore dell'identità nazionale, prodotta nel 1983 (presenti in sala il librettista e il compositore) strutturata in forma di oratorio con solisti mediati dalla scena lirica e dal mondo del pop.

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Ma non esiste melodramma se non c'è la tradizione italiana. Dopo la presentazione nel 2015 di "Napoli Milionaria" di Nino Rota in coproduzione con il Goldoni di Livorno e il Verdi di Pisa, con Matteo Beltrami, direttore, è stata chiamato a rappresentare la tradizione dell'opera italiana il Teatro Coccia di Novara con il gustoso e divertente atto unico di Alberto Mattioli, libretto, con musica di Marco Taralli "La Rivale". Presentato a Novara nel 2016 è stato riproposto con il cast al completo con Tiziana Fabbricini nelle vesti della cantante Carmela Astolfi e con la direzione di Matteo Beltrami (gradito ritorno in questo festival), bravo a dare le indicazioni musicali tutte di stile italiano, alla guida dell'orchestra del Festival con un risultato divertente e piacevole capace di carpire l'ilarità del pubblico locale (sottotitoli in ungherese). Altra produzione ospite L'Amore delle tre melarance di Sergej Prokofiev (1919) a esemplificare il quadro dei drammi in musica di questo controverso inizio '900, nell'allestimento in lingua croata curato dal Zagreb National Theatre, di Simon Beyer, fatto di continuo rimandi tra tradizione della commedia dell'arte del mondo di Carlo Gozzi e favole dall'esito amaro. Le sperimentazioni rock sono continuate con un Don Giovanni di Wolfang A. Mozart in forma semiscenica, narrato e ironico nel delineare i personaggi dell'opera, allestito con effetti speciali nella spazio della grande antenna televisiva, con orchestra del locale teatro diretta dal direttore artistico stesso Gergely Kesselyàk che si era già cimentato nel precedente musicale di "operarock".
Altre manifestazioni a margine, film, mostre, concerti da camera, presenti i Musici di Roma, hanno completato un programma che si è concluso con il Galà lirico di tradizione, con l'orchestra nazionale ungherese. Già si annunciava una traccia per il 2019.
Tra l'altro in quei giorni a Budapest era in corso di svolgimento il Festival Wagneriano curato e diretto da Adam Fischer in programmazione al Müpa. Sono segni di orgoglio culturale di uno stato che attualmente rischia un isolamento politico ma che dà segni di una notevole vivacità anche nei centri minori che contribuiscono a lasciare aperti i dialoghi culturali con il resto d'Europa.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Domenica, 17 Giugno 2018 11:44

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