Come invogliare i giovani
a conoscere l'arte coreutica
La politica di Lì Cunxin è vincente: direttore da cinque anni della Queensland Ballet, ha capito che la sopravvivenza di un'arte particolare, come il balletto, può essere sostenuta solo con una politica di coinvolgimento del pubblico e dei mecenati, piccoli o grandi che siano, più che con i contributi pubblici, che nella migliore delle ipotesi coprono un terzo dei costi di gestione dei dipendenti fissi, dei cachet degli artisti ballerini, dei creativi: costumisti, scenografi, coreografi, designer luci, musicisti, direttori di orchestra.
Allora, occorre ricorrere al pubblico e ai sostenitori privati. Ma come coinvolgerli? Degli sponsor si è già detto, in un precedente articolo. Ora ci occupiamo dei giovani, il pubblico di domani, poiché il parterre degli anziani ballettomani si riduce notevolmente.
Occorre, quindi, creare rapporti con le scuole e fare in modo che partecipino agli eventi, non solo assistendo alle rappresentazioni ma coinvolgendole nei meccanismi produttivi: insomma, portare gli studenti in palcoscenico a contatto con i tecnici, con la scenografia, con le luci, in modo da far capire loro il lungo e prezioso lavoro che si svolge fra le quinte, prima, durante e dopo. Allora, ecco che vengono invitate scolaresche ad assistere alle prove: ed ognuno spiega il proprio lavoro: da chi tiene il palcoscenico sempre pulito, al macchinista che spiega un trucco, un effetto. Si mostra il soffitto dove scendono e salgono scene, si parla di luci colorate sotto controllo dei computer, si mostra un costume. E poi, in fila indiana tutti in platea ad assistere alla prova. Per loro è una vera lezione di teatro, per la compagnia saranno i "passa parola" per altri spettatori. È così che si possono avere 17 repliche esaurite innanzi tempo in un teatro di oltre 800 posti, quale è il Playhouse QPAC. Meditate, meditate sovrintendenti italiani.