TEMPI MATURI
di Allegra de Mandato
con Emanuele Arrigazzi
regia Emanuele Arrigazzi
disegno luci Fabrizio Visconti
video e fotografie Cecilia Brugnoli
progetto grafico Riccardo Guasco
produzione Casa degli alfieri
Visto al Teatro delle Moline, Bologna, il 12 febbraio 2019
BOLOGNA - Il rumore delle ruote che scivolano sui cilindri, rimanendo in perfetto equilibrio dinamico, è il metronomo che fa rima con il battito del cuore, sono le virgole a questo flusso di coscienza che non conosce pause, è il misuratore di fatica e sudore che scansiona l'aria, che rimette in circolo endorfine, è la cadenza dei passi sempre più affrettati dentro il bosco della nostra esistenza, dentro la conoscenza di noi stessi. "Tempi maturi", di Allegra de Mandato, ha in scena un attore e un ciclista, nella stessa persona, Emanuele Arrigazzi, in un'ora di pedalata sostenuta senza cedimenti.
E' una corsa contro se stessi quella di Arrigazzi, corpose le ombre create sul muro che sembrano altri sé che corrono al suo fianco superandosi, nei panni di un attore-ciclista che ha affrontato la vita per vincerla, per batterla, ma in fondo non ha spinto fino al limite, poteva dare di più e l'insoddisfazione deriva dai quasi, dai forse, dalla mancanza di decisione nei momenti che contavano come uno sprinter in volata sul traguardo. Come ne "La Maratona di NY" di Edoardo Erba, dove i due protagonisti corrono su un tapis roulant, lo sport è il sottofondo, è l'azione mantra, cornice dentro la quale perdersi in gesti ripetitivi.
La bicicletta qui è sia compagno che aguzzino, sia confidente che avvoltoio, amico e sanguisuga che gli toglie le energie migliori. La bicicletta ha l'unica catena che ti rende libero. E' uno spettacolo non tanto sul ciclismo, nemmeno sullo sport, ma è un monologo sulla necessità di fare fatica, fatica come azione quotidiana per ripulirsi dai pensieri, fatica dosata per reggere meglio l'urto con l'oggi, fatica per essere più forti e più stanchi, più pronti e più tenaci. Ipnotizzano i raggi delle ruote che corrono come scorre il tempo sulle nostre rughe. Che poi i tempi non sono mai maturi oppure lo sono quando noi decidiamo di mettere un punto e cominciare a far sì che lo siano realmente invece di trascinarci tra mancate aspirazioni, cocenti delusioni, ambizioni fallite, chili di alibi, sensi di colpa senza prendersi le giuste responsabilità. Siamo noi stessi i primi grandi nostri nemici, ci freniamo, ci mettiamo i bastoni tra le ruote (appunto).
"Tempi maturi" ci parla del cambiamento, di tutti quei crack che dentro di noi prima ci rompono per poi ricomporci più consapevoli, è una dose di coraggio, una spinta a non abbattersi, un incentivo a pedalare anche quando non ce la fai più, anche quando, soprattutto, la salita si fa più ripida.