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(CONCORSO CRITICI 2019: TEATRO) - "SENZA FAMIGLIA" regia Marco Lorenzi. -di Tommaso Chimenti

"Senza Famiglia" regia Marco Lorenzi "Senza Famiglia" regia Marco Lorenzi

SENZA FAMIGLIA
di Magdalena Barile

regia Marco Lorenzi

con Christian Di Filippo, Francesco Gargiulo, Barbara Mazzi,
Alba Maria Porto, Angelo Maria Tronca

luci Eleonora Diana


manifesto Daniele Catalli

uno spettacolo di Il Mulino di Amleto

in coproduzione con Tedacà e Campo Teatrale

con il supporto di Residenza IDRA e Armunia nell'ambito del progetto CURA 2018

progetto Finalista Premio Scenario 2017
Visto a Campo Teatrale, Milano, il 26 febbraio 2019

MILANO - Dalla famiglia nascono, a grappolo, incubatrice e nido della gestazione della futura persona, vizi e virtù, patologie, paure e traumi, ossessioni e manie, ricordi che saranno indelebili, nostalgie inestirpabili, modalità relazionali. La famiglia nutre ma ingabbia, dona ma pretende osservanza delle regole per starne dentro e allontanarsene diventa sempre fonte inarrestabile di sensi di colpa, recriminazioni, lamentevoli scontri dove i figli, nei confronti dei genitori, ne escono psicologicamente con le ossa rotte nel limbo di quel modus ricattatorio che soffoca invece che far respirare. Il Mulino di Amleto sposa il testo grottesco di Magdalena Barile, "Senza famiglia", una sorta di "Famiglia Addams" dei nostri giorni tra insofferenze, insoddisfazioni, abuliche indifferenze sparse.
L'affresco è pop tinteggiato di forzature che ne esaltano, come in una favola noir, le sproporzioni grossolane, le esagerazioni che diventano realistiche di tic e fissazioni guaste. Un animo leggero pervade la regia di Marco Lorenzi in un plot esplosivo e un finale inquietante proprio perché plausibile ma amarissimo. E' un'altalena che prima spinge verso picchi bizzarri e stravaganti come tunnel degli specchi questa "Sagrada" Famiglia in salsa nostrana, mentre dall'altra parte è palese la denuncia alla famiglia tradizionale di stampo cattolico.
I cinque in scena recitano rivolgendo il loro sguardo alla platea, non si guardano tra loro, non c'è calore in questa piramide dove al vertice sta impassibile, imperturbabile la Nonna, irresistibile di chiaroscuri Angelo Maria Tronca, algida, uno stiletto nelle nostre coscienze, sotto la Madre che ha sempre desiderato, senza successo, l'amore e la considerazione della genitrice, il Padre chiamato dalla Nonna dittatrice "Minus Habens" e i due Figli della coppia, i nipoti della despota, la ragazzina autolesionista e il ragazzo che vuole cambiare sesso.
Ad inframezzare le scene casalinghe piene di rancore e cattiverie, di inacidito disamore, arriva, come una mannaia, quel fruscio di fondo di tv che non prende il segnale e regala apparizioni visionarie, epifanie da incubo di alieni dalle teste enormi. La televisione che frigge è anche l'elemento sonoro che ci porta verso il drammatico e tagliente finale, roba da Barbara D'Urso, di quelle trasmissioni dove si va a cercare nel delitto di una qualche periferia italiana non tanto i colpevoli quanto il pruriginoso lordo che esorcizza. Come è successo con Erba, Cogne, Avetrana, Novi Ligure.

Ultima modifica il Venerdì, 05 Aprile 2019 08:13

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