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Domenica, 21 Gennaio 2018
Pubblicato in Interviste

Carolyn Carlson nata in California da genitori finlandesi, studia danza alla San Francisco School of Ballet. Nel 1965, mentre frequenta l'Università dell'Utah incontra Alwin Nikolais che sarà il suo maestro e di cui elaborerà l'insegnamento. "Nik" la inserisce nella sua compagnia a New York, di cui Carolyn diventa presto la figura emblematica e dove rimarrà per sette anni con il titolo di "lead soloist" (è stata l'unica danzatrice della compagnia di Nikolais ad aver ricevuto tale titolo). Nel 1968 riceve il Premio come migliore danzatrice del "Festival Internazionale di Danza" di Parigi. Nel 1971 lascia la compagnia di Nikolais ed entra come solista e coreografa nella compagnia di Anne Béranger, rivelandosi l'anno successivo al Festival di Avignone con "Rituel pour un rêve mort" che le varrà l'invito della London School of Contemporary Dance come docente, interprete e autrice. Viene altresì invitata da Maurice Béjart a lavorare per il suo Ballet du Xxéme siécle come danzatrice e coreografa. Nel 1974 Rolf Liebermann la invita all'Opéra di Parigi a collaborare ai programmi coreografici. Qui si esibisce, lo stesso anno, con Rudolf Nureyev in "Tristan et Yseult", coreografia di Glen Tetley e musica di Hans Werner Henze. L'anno seguente, Liebermann le affida la direzione del "Gruppo delle Ricerche Teatrali" (GRTOP), direzione che manterrà per sei anni. Dal 1974 al 1980 porta sulla scena più di 25 coreografie, tra le quali: "Density 21,5"; "The architets"; "This, that and the other"; "Slow, havy and blue". In questi anni elabora il suo metodo di insegnamento, basato su tecniche d'improvvisazione e di composizione coreografica. I suoi corsi all'Opéra sono frequentati da Larrio Ekson, Caroline Marcadé, Dominique Mercy, Dominique Petit, Quentin Rouillier, Anne-Marie Reynaud. Nel 1979 è invitata dal Teatro alla Scala di Milano e presenta "Trio" con Larrio Ekson e Jorma Uotinen. Dal 1980 al 1984 è invitata dall'allora direttore del Teatro La Fenice di Venezia Italo Gomez a creare e guidare, sul modello del GRTOP parigino, un gruppo di giovani danzatori, parte dei quali in seguito si costituiranno in una compagnia autonoma (compagnia Sosta Palmizi) e offriranno il primo esempio di Teatrodanza italiano con lo spettacolo "Il Cortile" (1985). Durante questi anni in collaborazione con il teatro veneziano e con il gruppo di danzatori da lei cresciuto mette in scena "Undici Onde", "Underwood", "Chalk Work" poi rinominato "L'orso e la luna", e l'assolo creato per se stessa "Blue Lady", poi presentato in quaranta paesi. Tornata a Parigi nel 1985, crea per il Théâtre de la Ville "Dark"e "Still Waters". Nel 1990 crea "Steppe", spettacolo che indica un ritorno alla natura ed è intriso delle suggestioni del filosofo e letterato francese Gaston Bachelard e degli studi sul mito dell'americano Joseph Campbell. Il fondale scenico è occupato da un proiezione a mega schermo del cortometraggio della regista francese Marlène Ionesco, girato nella foresta di Fontainebleau. Tra il 1991 e il 1992 Carolyn si stabilisce in Finlandia, dove prosegue la sua attività di solista con "Elokuu"; "Syskuu"; "Maa". Nel 1993 crea "Commedia", spettacolo ispirato al capolavoro di Dante Alighieri, che debutta al Deutsche Schauspielhaus di Amburgo. Nel 1994-1995 dirige il "Ballet Cullberg" a Stoccoloma, per il quale crea "Sub Rosa" (1995). Ha creato numerosi assoli per se stessa (oltre al già citato "Blue lady", "Vue d'ici" del 1995 e il più recente "Writings on Water") ma anche per i danzatori Marie Claude Pietragalla, Tero Saarinen, Talia Paz e Nina Hyvarinen. Intercalate a queste creazioni sono le esperienze di "improvvisazione-spettacolo" condotte da lei stessa insieme ai danzatori prediletti Larrio Ekson, Jorma Uotinen, Malou Airaudo, Michele Abbondanza e Antonella Bertoni e da musicisti-complici come Michel Portal, John Surman, René Aubry, Joachim Kuhn, Trilok Gurtu. Un esempio tra tutti: "Cornerstone" su musica di John Surman, prodotta da "Europe Jazz Network", ed eseguita nel 1991 dalla Carlson con Larrio Ekson, Michele Abbondanza e Antonella Bertoni al Teatro Romolo Valli di Reggio Emilia e in altre città italiane. Crea ancora coreografie di repertorio per l'Opéra de Paris (Signes) e per l'Opéra de Bordeaux (Hydrogen Jukebox). Nel 1999, con il sostegno del Comune di Parigi, ha fondato alla Cartoucherie de Vincennes "L'Atelier de Paris-Carolyn Carlson", divenuto in breve tempo un centro di riferimento per la formazione professionale dei danzatori. La Carlson vi tiene delle masterclasses e vi invita a insegnare gli artisti tra i più prestigiosi della scena internazionale, come ad esempio Trisha Brown, Suzanne Linke, Bill T. Jones, Wim Vandekeybus, Susan Buirge. Inoltre l'Atelier accoglie nei suoi studi coreografi e artisti interpreti sostenendoli nel loro lavoro di ricerca e di creazione. Dal 1999 al 2002 è nominata direttrice del settore danza della "Biennale di Venezia". Vi apre un'accademia di danza contemporanea (Accademia Isola Danza), organizza un festival e vi crea "Parabola", "Light Bringers", "J. Beuys Song", "Writings on water". Nel 2004, la Carlson crea "Tiggers in the tea house". Nel 2005 è nominata direttrice artistica del "Centre Chorégraphique National" di Roubaix-Nord Pas de Calais. Per la compagnia del Centro compone "Inanna", creazione per sette donne. Nel 2006 crea la sua prima coreografia per ragazzi, "Les Rêves de Karabine Klaxon" e un nuovo assolo, "Double Vision", concepito con Electronic Shadow. Nel corso dello stesso anno inizia a lavorare su "Full Moon", brano coreografico a quattro mani con la coreana Kim Mae-Ja. Nel 2007 crea il duo "Li" - con Chinatsu Kosakatani e Yutaka Nakata – e "Eau", in collaborazione con il compositore britannico Joby Talbot. Nel 2008 crea "Hidden" - un quartetto presentato nel mese di giugno alla Cartoucherie di Vincennes. Carolyn Carlson ha segnato con la sua presenza il percorso della danza contemporanea europea degli ultimi trent'anni. Ha ricevuto nel 1998 il titolo di Cavaliere delle Arti e delle Lettere, nel 2000 è stata nominata Cavaliere della Legion d'Onore di Francia e nel 2002 ha ricevuto la Medaglia della città di Parigi.. Nel 2006 ha ricevuto il primo Leone d'Oro, prima mai attribuito ad una coreografa da parte della Biennale di Venezia.

Gentile Signora Carlson in molti l'hanno paragonata a Isadora Duncan per la libertà d'espressione e per la poetica spirituale della sua "danza". Da cosa parte e come si evolve la sua continua ricerca e sperimentazione artistica?
Da bambina, ho sempre improvvisato per la gioia di muovermi. Isadora proveniva anche lei dalla California, quindi forse entrambe abbiamo ascoltato l'Oceano Pacifico e le onde eterne che battevano sulla riva, vedendo le loro maestose curve nel flusso. Mia madre e mio padre mi hanno sempre incoraggiata a mantenere questo spirito di libertà. Sono cresciuta anche nelle foreste, dove prevaleva l'amore per la natura selvaggia. Più tardi, negli anni '60, ho incontrato Alwin Nikolais a New York City, un'era incredibile della "generazione hippy che esplorava l'arte come mezzo di espressione. Nikolais ha instillato i principi vitali della danza come mezzo di trascendenza e di servizio per la forma senza ego. Nello stesso tempo, ho scoperto Zen Buddism, Haiku Poetry e gli studi di Carl Jung. Tutte queste opportunità hanno cambiato il mio modo di pensare, permettendo di essere me stessa in totale libertà. Attraverso le filosofie di Nikolais e le mie numerose avventure a New York, ho iniziato come artista per inseguire i regni poetici di ciò che la danza poteva rappresentare.

Quanto è importante per un personaggio come Lei, entrata di diritto nella "Storia della danza", rendersi disponibile ad insegnare, sensibilizzare e donare una tra le più antiche forme d'arte e di linguaggio?
È vitale continuare ad insegnare, ho un ricco patrimonio ereditato dal mio Maestro ed è necessario donare il mio sapere. Non puoi scrivere sul processo, è trasmesso da Maestro a discepolo. Simona Bucci è una seguace del nostro amato Nikolais, insegna a Firenze e offre le sue lezioni durante tutto l'anno.

Grazie al suo carisma artistico, all'autorevolezza e competenze ma anche alla determinazione e disciplina, Lei è uno dei massimi esempi per intere generazioni di ballerini contemporanei. A suo avviso, qual è il messaggio più forte, che desidera far giungere a coloro che la seguono e l'ammirano... Anche per i tanti che non masticano la danza a livello tecnico ma la vivono mediante "il sogno" che essa da sempre trasmette?
Spero di instillare in ogni persona un'ispirazione per continuare. Credo nell'immaginazione poetica, e sebbene il mio insegnamento sia vicino alle arti marziali, nel senso di mettere in relazione corpo, mente e cuore con la natura e le sue energie vitali desidero sempre raggiungere il cielo e scavare nella terra. Credo sia fondamentale che tutti possano toccare la bellezza della danza a modo loro, nella gioia di muoversi semplicemente nei ritmi del battito del proprio cuore e nel miracolo dell'Essere.

Un suo ricordo particolare legato al Teatro alla Scala di Milano?
Oh sì, uno dei momenti salienti della mia carriera! Il Maestro Italo Gomez nel 1979 mi aveva invitato per esibirmi nel suo nuovo lavoro "Trio" in questo prestigioso Teatro. Con me, Larrio Ekson, Jorma Uotinen (tre alte e imponenti figure audaci) suscitando scalpore per quel periodo. Il pubblico rimase colpito, stupito, scioccato nel vedere la danza come un'affermazione poetica feroce. Come conseguenza del successo, il Maestro Gomez aveva installato la nostra compagnia al Teatro La Fenice di Venezia, nel 1980, per formare un gruppo di ballerini italiani! Che onore partecipare ad una nuova ondata di Danza in Italia, oggi tutto ciò continua con gli ex membri.

Qual è il momento di maggior tenerezza e poesia che la lega ai suoi inizi verso un futuro così prezioso di soddisfazioni e riconoscimenti?
Innanzitutto, è con gratitudine e umiltà che mi sono stati dati così tanti premi onorari. Sono semplicemente un "messaggero" che ascolta la fonte dell'illuminazione e quelle cose del mondo immaginario appartenente ai sogni e alle emozioni che tutti noi condividiamo. Le nostre vite sono piene di bellezza e io cerco di esplorare questo regno della poesia. È una necessità condividere le mie intuizioni aprendole negli spazi dell'anima.

La danza contemporanea, negli ultimi anni, grazie anche a Lei ha raggiunto una visibilità totale... Una danza non di élite ma una danza per tutti. Quanto la gratifica questo aspetto della Sua carriera? E quanto è cambiata, in termini evolutivi e fisici, la disciplina e lo stile contemporaneo dai suoi inizi ad oggi?
I ballerini oggi hanno incredibili capacità tecniche e io cerco di sfruttare le loro energie in continue poesie che possano raggiungere tutti. Ogni coreografo è unico, quindi seguo il mio istinto sulla "poesia visiva", che dobbiamo continuare a coltivare oggi nel nostro mondo pieno di caos e guerre brutali. Sento la responsabilità di perseguire le più alte qualità dell'arte come veicolo spirituale di speranza ed illuminazione.

Ognuno di noi possiede dei miti, Lei lo è a livello mondiale per svariate generazioni... Ma i suoi miti personali di ieri e del presente chi sono?
Sono cresciuta con la musica e i testi fantastici di Bob Dylan, che è da sempre la mia fonte di ricerca filosofica profonda. Ammiro molto anche Robert Wilson, che appartiene alla mia generazione teatrale. Le sue luci, i decori, i testi e le scenografie mi sono sempre stati di grande ispirazione. Ovviamente Pina Bausch, il cui lavoro mi ha colpito particolarmente con il suo teatro-danza. Ci sono troppi eroi da nominare: tutti i grandi libri che ho letto: Jung, Bachelard, Rikle, ecc. hanno arricchito il mio spirito alla ricerca di nuovi stimoli per raggiungere l'essere umano all'interno e non all'esterno. La danza viene da dentro. Certamente, vediamo la performance, tuttavia, è nell'energia di ogni ballerino che porta le onde della condivisione l'una all'altra, che io chiamo "il silenzio interiore del respiro".

La danza, intesa come creazione coreografica oltre che performance, è anche dolore e fatica fisica oltre alla responsabilità di non deludere mai il pubblico. A lei la danza ha dato tantissimo ma la danza nei suoi confronti quanto Le è debitrice?
Non tutte le mie opere sono state "grandiose". Mi sforzo di fare il meglio, ma a volte quando tutti gli artisti sperimentano, può capitare di cadere e ricadere, ma di rialzare nuovamente la testa per rendere migliore la prossima creazione. Sono grata di aver fatto oltre cento creazioni nella mia carriera, di cui venticinque posso affermare che sono stati "capolavori". Altri eccezionali, alcuni dei fallimenti. Chi può pretendere di rimanere sempre al "top"?

La passione per la danza è sempre la stessa o nel tempo muta? E come vive il tempo che passa nell'incedere verso un "nuovo cammino"?
Conto il tempo sul mio calendario come artista... Il tempo è circolare, la mia ricerca della perfezione e dell'illuminazione è la stessa, specialmente lavorando sui Miti dell'Umanità. Ci sono fonti eterne che non cambiano mai. L'amore, ad esempio, è il primo principio per lavorare e condividere. Devo dire che le mie creazioni oggi sono più dedicate alla poesia e alle espressioni visive per i tempi in cui viviamo. Molte compagnie attualmente implicano astrazioni concettuali del movimento. A volte sono accusata di essere una sognatrice, troppo estetica... meglio per me! Continuo per la mia strada...

Come l'ha cambiata l'incontro con Alwin Nikolais ma soprattutto cosa vuole ricordare dei tanti insegnamenti ricevuti dal Maestro?
Alwin Nikolais è la forza delle mie origini come ballerino e coreografo. I suoi insegnamenti su tempo, spazio, forma e movimento sono ancora oggi i miei principi base mentre insegno ai corsi di perfezionamento. L'influenza dello Zen e della poesia si aggiunge alle esperienze delle innovazioni del mio maestro. Penso che la rivelazione più importante che mi abbia dato sia stata l'intuizione dell'improvvisazione come strumento atto alla creazione di un'opera. Era un grande uomo di umiltà e genio, è stata una grande fortuna incontrarlo e continuare il suo lavoro!

Mentre di Maurice Béjart?
Non ho mai studiato con Béjart, tuttavia, ho insegnato molte volte nella sua scuola e ho creato un assolo, un omaggio a Jorge Donn. Bejart era il "sole" esplosivo nelle sue idee e creazioni. Siamo alquanto diversi nei nostri stili, eppure entrambi abbiamo apprezzato le reciproche idee sui concetti filosofico-spirituali.

Ha danzato anche con Rudolf Nureyev in "Tristan et Yseult" di Glen Tetley. Quali ricordi porta con sé del "ballerino dei ballerini"?
Questo è stato un compito difficile durante le prime prove, poiché Rudolf era molto forte nel suo approccio come figura maschile; ma lentamente capii che l'essenza del gesto era sufficiente e non necessario nel forzare il movimento. Che artista eccezionale! Abbiamo condiviso splendidi momenti in palcoscenico e fuori. Le risate erano diventate le nostre migliori amiche.

La natura e la spiritualità hanno sempre avuto un ruolo predominante nel suo lavoro, perché sono così fondamentali nella sua ricerca coreografica?
Siamo tutti collegati insieme in questo mondo, Natura, Sole, Acqua, Silenzio... quelle cose di cui non possiamo vivere senza. A volte sono un albero che cresce nel cielo senza lamentarsi!

C'è un filo invisibile che fa da comune denominatore in tutti i suoi lavori?
Amore e compassione!

Cosa significa ai giorni nostri fare "danza contemporanea"?
La danza e l'arte, in generale, sono cambiate con i tempi. Non la sua fonte eterna! Abbiamo tutti un cuore e una mente da ricevere, che non ho mai dimenticato nel nome della condivisione... una guarigione che è possibile, che restituisce un'immaginazione ed una luce alla memoria e al sostegno dello spirito umano... chiamato "Inspiration".

In conclusione, gentile signora Carlson, la danza e l'arte in senso lato, che messaggio culturale dovrebbero trasmettere ai giovani del domani come monito alla "bellezza"?
Guarda il nostro mondo oggi! Cose materiali di cui non abbiamo bisogno, una tecnologia che è buona, ma che perseguita le nostre ore in denaro, fama e guadagni superficiali per il potere. Abbiamo necessità della bellezza e dell'amore per sostenere i nostri desideri più intimi e quelli per guarire la nostra esistenza.

Michele Olivieri

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