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Martedì, 04 Dicembre 2018
Pubblicato in Sinopsi testi

LA RAGAZZA DELLO SWING
di Fabrizio Meini

luoghi dell’anima, quelli veri, sono quelli che porti con te, ovunque tu vada, perché lì rimangono attaccati per sempre. I luoghi dell’anima sono quelli dove ciascuno di noi ha lasciato piccoli stracci, brandelli della propria vita. Rosa, originaria di un paese della provincia pisana, ha 78 anni. Obbligata ad emigrare con la sua famiglia nel 1944 per sfuggire agli orrori della guerra e cercare una nuova vita altrove, Rosa ritorna al suo vero luogo dell’anima, il suo paese natale, dopo più di 50 anni. Ci racconta una storia di persone semplici e di vita vissuta, dove i suoi ricordi si dipanano tra la miseria della povera gente e la musica americana ascoltata clandestinamente alla radio, tra la prepotenza fascista e gli ideali della lotta partigiana. Quegli anni sono ormai lontani, ma il cuore di Rosa batte ancora, da tutta la vita, per quella sensazione di una “umida carezza sulle labbra” e il desiderio di un bacio, un bacio “…un po’ maleducato…” che il suo amore di un tempo, se ora fosse lì con lei, le darebbe “…per aiutarla a respirare… e un altro ancora… per morirci dentro”.
Nota al testo
Il monologo è ambientato in un paese del pisano, alla fine del secolo scorso. Il testo contiene molte parole ed espressioni tipiche del parlato toscano, come ad esempio il troncamento delle desinenze dei verbi all’infinito, diffusissimo in tutte le province (prènde per prendere, anda’ per andare, ecc.), oppure la contrazione e modificazione fonetica dei pronomi possessivi (su’ per suo, mi’ per mio o mia, ecc.) o del numero cardinale due (nel parlato du’), o della negazione non (nel parlato ‘un). Alcune declinazioni dei verbi e la loro ortografia potrebbero talvolta far pensare ad errori ortografici o grammaticali, ma in realtà sono modi tipici di esprimersi del parlato comune toscano.
 
I luoghi geografici citati sono realmente esistenti così come i sono reali i riferimenti storici. Il personaggio di Rosa invece, e tutti gli altri citati nel suo racconto, sono frutto di pura fantasia dell’autore. I cognomi utilizzati sono molto ricorrenti nella zona del pecciolese e della Valdera in genere, ma nel monologo non c’è alcun riferimento a persone realmente esistite e/o a fatti realmente accaduti.

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