Beppe Menegatti, predatore
d’Amore e libera Creatività
di Mario Mattia Giorgetti
Beppe Menegatti merita un applauso per il suo percorso lungo 95 anni dedicato a sentimenti d’amore, di bellezza e di creatività, ora che ci hai lasciato per eterna dimora a cui nessuno può scappare.
“Ti voglio bene”, concludeva le sue telefonate con me e con tantissimi altri che ha conosciuto in privato e nella sua professione di “animatore di vita”, di creatore di eventi a largo raggio: dalla prosa, alla danza, a dar vita ai grandi personaggi del passato facendoli rivivere in palcoscenico, grazie alla presenza di Carla Fracci, compagna di vita e di arte, come Jean Cocteau, Vaslav Nijinsky, Marina Cvetaeva, Giacomo Puccini, Isadora Duncan, Marie Taglioni e così per altri.
In quel suo “Ti voglio bene, Beppe si aspettava dall’interlocutore un “Contraccambio”; e io, ironicamente, gli rispondevo, “Più di te”.
Beppe era ossessionato dalla bellezza, e ciò la trovavi nelle diverse abitazioni in cui ha abitato: pareti affollate da dipinti magnifici, punti luci con abat-jour in ogni angolo, oggetti artistici da fare invidia a chi li vedeva; e a cena tavole imbandite di candelabri accesi, attento che ogni singolo elemento fosse in armonia con l’altro. E se un cucchiaio era fuori posto, lui si alzava per metterlo nel giusto verso.
E poi era un instancabile pescatore nella sua memoria, odiava sentire gli altri commensali parlare di luoghi comune di vita quotidiana.
E io, che conoscevo la sua sensibilità variegata in tante direzioni, lo provocavo con domande su personaggi che lui ha conosciuto bene: “Parlami della Callas, di Visconti, di Eduardo, di quel compositore e altri ?”. E lui iniziava il suo monologare, ricco di parentesi personali, di variazioni, di divagazioni varie, che io in silenzio ascoltavo, mentre a lato gli altri chiacchieravano del più e del meno.
Amava operare anche con le proprie mani, nel mettere in scena uno spettacolo multidisciplinare dove mescolava prosa, danza, musica, colori, luci, e se qualcosa degli elementi scenografici non gli “sconfifferava” con pennello e colori
interveniva a suo piacimento, come ha fatto al Teatro Olimpico di Vicenza, dove lo avevo scritturato per mettere in scena “La Scuola di Ballo” di Carlo Goldoni, dove Menegatti aveva combinato un cast unico: Carla Fracci, come attrice, insieme all’étoile Gheorghe Iancu, si confrontavano con attori della portata di Claudia Lawrence e Mario Scaccia e altri di chiara fama. In quella occasione, nel cortile del teatro, lo sorpresi a correggere con tanto di pennello in mano le scene di Anna Anni, scenografa qualificata, importantissima.
Il gusto della bellezza, dell’estetica raffinata, la vedevi anche sulla sua persona: dalle camicie, ai pullover, dalle giacche ai pantaloni, meno per le scarpe: sempre le stesse, dal copricapo confezionato a maglia dalle mani di Gillian Whittingham, che Beppe considerava di sua “legittima proprietà”: da Maitre di Ballet a fianco di Carla Fracci ad autista, ad assistente artistica , ad redattrice di adattamenti teatrali, responsabile di pubbliche relazioni; infatti, quando lo scritturai, non conferivo con lui, ma con lei; e come Dante ci racconta nella sua Divina Commedia l’amore galeotto, complice il libro, tra Paolo e Francesca così il dialogo lo fu tra me e Gillian.
Come dimenticare, le telefonate quotidiane, di affetto, tra una pausa prove e l’altra, al figlio Francesco?; come dimenticare la sua curiosità telefonica che mi faceva: “Come va?”
E amo ricordare Beppe anche come impresario: aveva costituito la Compagnia Italiana di Balletto per portare le sue creazioni in decentramento nei luoghi più disparati, sempre con la presenza di Carla Fracci: dal teatro tenda, alla piccola provincia. Beppe è stato un vero innovatore, scopritore di talenti. E ora non c’è più nessuno come lui.
Beppe ora che sei nel mondo dell’oblio, ritroverai la tua Carla: baciala, abbracciala perché voi due resterete vivi nella memoria mia e di moltissimi altri.