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La rassegna di danza contemporanea ORIENTE OCCIDENTE DI ROVERETO. -di Federica Fanizza

"Strong Born", Kat Valastur. Foto Guido Mencari "Strong Born", Kat Valastur. Foto Guido Mencari

Teatro Zandonai, Rovereto
5 settembre 2023
STRONG BORN
KAT VÁLASTUR
PRIMA NAZIONALE
Coreografia Kat Válastur
Interpreti Noémie Ettlin, Noumissa Sidibé, Xenia Koghilaki
Musica Valentina Magaletti
Scenografia Ulrich Leitner
Costumi Marie Gerstenberger/werkstattkollektiv
Testi Yannis Pappachristos & Kat Válastur
Co-produzione Tanz im August/HAU Hebbel am Ufer
Con il supporto finanziario di Berlin Senate Department for Culture and Europe, Hauptstadtkulturfonds

Teatro Zandonai, Rovereto
9 settembre 2023
SOL INVICTUS
HERVÉ KOUBI | COMPAGNIE HERVÉ KOUBI
PRIMA NAZIONALE
Sol Invictus
Coreografia Hervé Koubi
Luci Lionel Buzonie
Musica Mikael Karlsson, Maxime Bodson, Ludwig van Beethoven, Steve Reich
Co-produzione Ballets de Monté-Carlo – direction Jean-Christophe Maillot, Le GRRRANIT – Scène Nationale de Belfort, L’Empreint – Scène Nationale Brive-Tulle, La Barcarolle – Scène conventionnée de Saint-Omer, Théâtre de Grasse – Scène conventionneée, Centre Chorégraphique Nation de Biarritz – Thierry Malandain, BCMO Pole choréggraphique de Calais

La danza è associata al corpo che diventa strumento di visualizzazione di idee e concetti ritmici del coreografo, ma può sussistere anche senza musica, che sia il corpo stesso a diventare cassa di risonanza. Strong Born del coreografo greco Kat Válastur viene presentato in maniera ambigua dal programma di sala del festival come uno sguardo della contemporaneità sui miti arcaici recuperati con la rievocazione sonora e ritmica, come atto estatico di superamento di un sacrificio. Fa pensare a qualcosa altro, più connesso al titolo evocativo di una realtà femminile di dura consapevolezza, il momento in cui le tre danzatrici si presentano in scena nelle tute da ginnastica con pesanti scarpe da jogging. I loro movimenti sono estrapolati dalle azioni della palestra, il senso del ritmo forsennato si alterna a momenti in cui il tutto si evolve in una lentissima progressione di istanti. La dura consapevolezza di essere donne forti, si accompagnata alla ritmica percussione di oggetti posizionati sul corpo che, amplificati, permettono ai corpi stessi di diventare strumento, con suoni duri e ritmici che risultano ripetitivi. Coreografia non ginnica ma fatta di movimenti estenuante e ossessivi a lungo andare ripetitiva e inconcludente. Inizia a dilatarsi con la spogliazione delle artiste delle loro tute ginniche in una progressiva liberazione dall'essere dure come il suono prodotto da loro stesse, riuscendo ad elaborare una movimentazione del corpo che richiama l'architettura statuaria delle Tre Grazie del Canova, ma come potrebbero essere anche le tre Parche che tessono il filo della vita. Liberandosi dalle vesti acquistano anche leggerezza e qui la musica viene prodotta dal vivo dalla batteria di Valentina Magaletti, compositrice e virtuosa dello strumento. Forse è questa alla fine dell'essenza dell'idea di Válastur: liberarsi dal dimostrare di essere dure, e di riacquistare la radice dell'emancipazione nell'essenza dell'antica mitologia.
Danza fatta di virtuosismo, tra hip-hop, breakdance, street dance e danza contemporanea: questa è la firma di Hervé Koubi nelle sue coreografie, un ritorno dopo il 2020 sulle scene di Rovereto. Coreografo di origine algerina, nato in Francia di religione ebraica inserisce nel suo mondo artistico tutta questo mescolamento di situazioni cosmopolite della sua esperienza elaborando anche miti fondativi quali la proposta del Sol Invictus, appellativo religioso usato per diverse divinità nel tardo Impero romano, quali Helios, El-Gabal, Mitra e Apollo, che finirono per essere fra loro assimilate, all'interno di un monoteismo "solare". Qui è declinato nella vitalismo acrobatico dei danzatori, diciassette in scena che arrivano da Europa, Brasile, Asia, Nord Africa, Stati Uniti tra cui sono inserite anche donne, assieme ad un danzatore disabile a cui manca una gamba. E difficile da intendere quale sia il messaggio politico sottinteso da tutte le sue evoluzioni in palco, oltre al senso che nessuno rimane escluso dal librarsi in aria e muoversi in piena sintonia con il gruppo ricco di identità, forse il richiamo vitalistico alla libertà come risulta anche dall'inserimenti di musiche di vario genere, dalla tecno, alla minimale, dal secondo movimento dalla Sinfonia n. 7 di Beethoven, a estratti di musica irlandese, tutto quanto per dare un senso logico ad una narrazione che alla fine risulta non conclusiva salvo nel momento in cui una dei danzatori si erge in solitudine dalla massa corporea in scena. La prestazione di Koubi ha certamente raccolto consensi ed entusiasmo dal pubblico presente che ha accolto il coreografo e i danzatori con vere e proprie ovazioni a conclusioni di una edizione del festival sempre sulla via di una ricerca di nuovi orizzonti di confronto culturale.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Domenica, 17 Settembre 2023 12:06

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