domenica, 15 settembre, 2024
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KILOWATT FESTIVAL 2024. -di Valeria Ottolenghi (3 di 3)

“Just Walking” drammaturgia, regia, interpretazione: Michele Losi “Just Walking” drammaturgia, regia, interpretazione: Michele Losi

“Just Walking”
drammaturgia, regia, interpretazione: Michele Losi
e con Sebastiano Sicurezza
elementi di scena e costumi: Stefania Coretti
musiche: Luca Maria Baldini e Nori Tanaka 
coaching attoriale: Sebastiano Sicurezza 
movimento: Filippo Porro, Azioni Fuori Posto 
collaborazione alla drammaturgia: Sofia Bolognini  
produzione: Campsirago Residenza 
con Omnicent Ukiha / D:DNA / Gli Scarti
Visto a Sansepolcro, Kilowatt Festival 13 luglio 2024
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Melyn Chow / Frascati Producties
“Shaking Shame”, ideazione, regia, interpretazione: Melyn Chow
e con: Estela Canal Parejo, Rita Bifulco, Sjaid Foncé, Ashley Ho
luci: Minna Tiikkainen
suono: Maoyi Qiu
scene: Lena van Drie
drammaturgia: Renée Copraij
mentore e consigliere: Floor van Leeuwen
voce e space holder: Leela May Stokholm
ringraziamenti: Audre Lorde, Sarah Ringoet, Jela Nieuwstraten, Merette van Hijfte, Jing Hong Okorn-Kuo, Marijn de Langen, Kim Zeevalk, Mime Opleiding
durata: 60′
spettacolo non-verbale
prima nazionale
Visto a Sansepolcro, Kilowatt Festival 13 luglio 2024
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Tre visionarie performance site-specific, ispirate dall’arte italiana di Tre e Quattrocento
Arte Visiva - ideazione e realizzazione Luigi Presicce - curatela Pietro Gaglianò
con Anna Capolupo, Valeria Carrieri, Matteo Coluccia, Stefano Giuri, Valentina Lupi,
con il supporto di Creative Living Lab e Toscanaincontemporanea 2023-24
scene e costumi di Canedicoda, con le allieve e gli allievi del Liceo artistico I.I.S. Giovanni Giovagnoli - Terza tappa per Kilowatt, prima nazionale, su un prato poco distante da “La Madonna del Parto”
Visto 14 luglio 2024

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A Sansepolcro per Kilowatt Festival tempi e forme che mutano nella varietà della ricerca
Il valore del cammino, nudità oltre la vergogna e due minuti per la performance site-specific
“Just Walking”, “Shaking Shame” e Presicce in dialogo con Piero della Francesca

“Una lingua forse non riesce a contenere le innumerevoli identità del mondo, ma l’Arte sì, perché cerca di creare qualcosa di più vasto di quello che ogni singola esistenza può avere vissuto, per fare estendere e moltiplicare le nostre piccole vite - così scrivono Lucia Franchi e Luca Ricci, direttori artistici di Kilowatt Festival nel saluto di benvenuto alla XXII edizione, 12/20 luglio 2024 -
Sentiamo forte la necessità di espanderci, di confonderci, di rompere i contorni troppo netti che negano e impediscono la vitale fusione delle differenze”.

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La moltitudine dei linguaggi, le contraddizioni e convivenze si svelano anche attraverso i numerosi eventi performativi del festival, molto diversi tra loro, per tempi e modalità espressive. Più di un’ora mezza è durata la camminata “Just Walking”, di/ con Michele Losi, con un percorso che attraversava e circondava Sansepolcro, passando per la stazione ferroviaria in disuso, la fortezza medicea, gli orti sociali e giungere quindi nella bella piazza centrale Torre di Berta, girando il corteo intorno al dodecaedro regolare all’interno del quale cresce la pianta di gelso, evocando le madri di Plaza de Mayo, tenaci nel voler chiedere del destino dei propri cari, torturati e uccisi durante la dittatura argentina. Diverse le sfumature di pensiero di questa camminata, guidata attraverso le cuffie, di legame dell’uomo con la natura, a tratti quasi new age, sottolineata l’importanza della condivisione, citando marce famose, la più nota quella per i diritti civili negli Stati Uniti, con il discorso di Martin Luther King, “I have a dream”, 1963, davanti al Lincoln Memorial di Washington.  Cominciando con Rebecca Solnit, dal suo libro “Storia del camminare”, importanti le sue battaglie ambientaliste, preoccupata per il cambiamento climatico: “Da dove si comincia? I muscoli si tendono. Una gamba è il pilastro che sostiene il corpo eretto. Tra il cielo e la terra. L’altra è un pendolo che oscilla da dietro. Il tallone tocca la terra. Tutto il peso del corpo rolla in avanti sull’avampiede. L’alluce prende il largo, ed ecco, il peso del corpo in delicato equilibrio, si sposta di nuovo. Le gambe si danno il cambio. Si parte con un passo, poi un altro, e un altro ancora, sommandosi come lievi colpi sul tamburo, formano un ritmo: il ritmo del camminare”, Questo l’avvio di “Just Walking”, ma molte parti di strada si svolgeranno in silenzio. Se il camminare è azione individuale è anche vero che, inevitabilmente, diviene anche metafora dell’andare avanti, della tenacia dell’umanità a dirigersi verso nuove conquiste scientifiche, di solidarietà sociale. E ci sono i pellegrinaggi, con valori che mutano nelle diverse culture, ma anche il vagabondare poetico e le manifestazioni di protesta in nome dell’uguaglianza, come il Pride, nella volontà di poter essere ciascuno se stesso nella differenza, senza forme di esclusione. Importante la consapevolezza dello spazio dove ci si trova a vivere, tra natura e architettura, paesi e metropoli, il valore della piazza come luogo d’incontro, e così via. Dalle cuffie si ascolta  e intanto ci si guarda intorno. Ritorna la parola democrazia come elemento essenziale dell’azione del camminare. Magnifica sempre Sansepolcro tra storia e presente. 

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sipario kilowatt shaking shame

“Shaking Shame”, ideazione, regia, interpretazione: Melyn Chow

Corpi nudi s’intrecciano in “Shaking  Shame”, scorrono l’uno sull’altro, continuamente in azione, “tremanti”: all’interno del Chiostro di San Francesco, il pubblico intorno sui quattro lati, cinque performer, donne e uomini, Melyn Chow, Estela Canal Parejo, Rita Bifulco, Sjaid Foncé e Ashley Ho, danzano solitari o unendosi in vari modi, uno sull’altro, con l’indicazione, sembra proprio, di non fermarsi mai, anche quando la fatica, lo sforzo estremo sembrano evidenti, con i sussulti, le vibrazioni che moltiplicano il sudore che si mescola dell’uno e dell’altro, i corpi scivolosi sul piano argenteo. Se la nudità forse inizialmente incuriosisce mentre cresce la comprensione per quell’impegno che diviene sforzo di resistenza, si avverte presto l’assenza di una coreografia d’insieme, con un nocciolo guida sul piano espressivo. Anche la sensualità, che sfida la vergogna del titolo, sembra perdere d’energia forse proprio a causa della sofferenza che quei corpi esposti, esausti, rivelano, i volti rossi, grondanti. L’attenzione iniziale potrebbe sembrare anche avvolta d’erotismo, con il coraggio di mostrarsi senza timori, oltre ogni esigenza di perfezionismo, che è quanto, spesso, determina imbarazzo, disagio, turbamento: “shame”. Quello “shaking” pare dunque avere più valenze, dello scuotere via timidezze, accettandosi per quello che si è, forse anche un invito al pubblico, e, contemporaneamente, dell’azione in quel quadrato lucido di corpi che non possono, non devono fermarsi mai. Purtroppo, proprio per la mancanza di un pensiero coreografico, di passaggi motivati, prevale abbastanza presto un sentimento di noia, non importa se i corpi siano vestiti o nudi. 

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sipario kilowatt 3trittico

Solo due minuti per la performance, uno spettatore alla volta, firmata da Luigi Presicce dedicata alla Madonna del Parto di Piero della Francesca, su un prato di Monterchi, poco distante dalla sede dove si trova ora il magnifico affresco spostato purtroppo in un luogo anonimo, una scuola elementare senza storia. E stata questa, in prima assoluta per Kilowatt, la terza delle performance site-specific ispirate all’arte italiana di Tre e Quattrocento, con un’alta figura in bianco sui trampoli con due presenze ai lati che possono evocare i due angeli, assolutamente  simmetrici, che scostano la tenda per mostrare Maria incinta. Presicce tende a fare entrare l’opera scelta nel suo lavoro che resta comunque autonomo a livello di ricerca, una dialettica che si carica inevitabilmente di valori simbolici in equilibrio tra passato e contemporaneità. Una visione veloce - quei due minuti paiono un’istante - legata all’immobilità, allo stare: qui come l’immoto Piero? Luigi Presicce è pittore: qui si cimenta con la tridimensionalità ma con il rigore della pennellata necessaria, indispensabile, nulla lasciato al caso. Così anche per la voce, la traccia lasciata non solo alla vista ma anche all’ascolto. Diversa la dimensione del tempo tra storia dell’opera ispiratrice e presente, tra tempo di creazione e di fruizione. 

Valeria Ottolenghi

Ultima modifica il Martedì, 06 Agosto 2024 09:26

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