3 Bartók
Ist performance
Bluebeard: Marcell Bakonyi Judith: Andrea Szántó
Choreographer: Elzbieta Pantak, Grzegorz Pantak
Contributing: the Kielce Dance Theatre,
The Miskolc Symphony Orchestra,
Choir of the Miskolc National Theatre
Conductor: Ádám Cser
Costume Designer: Ana Ramos Aguayo
Designer Scenery: Luigi Scoglio
Lighting Designer: Bogumil Palewicz
An independent production of Bartók Plus Opera Festival
Miskolc National Theatre - Summer Theatre, 8, 10 June 2018
I 100 anni del Castello di Barbablù: le inquietudini e le follie di una composizione scritta in pieno conflitto mondiale
Follia o allucinazione, come cornice narrativa della serata Bartók, in caledario al Bartók Opera Festival Plus che si è tenuto dal 8 al 17 giugno 2018 a Miskolc terza città ungherese, un festival musicale diretto da Gergely Kesselyák a 100 anni dalla prima rappresentazione dell'opera Il Castello di Barbablù del compositore ungherese, avvenuta il 24 maggio 1918 al Teatro dell'Opera di Budapest e in Italia, per la prima volta a Firenze, al Maggio Musicale, nel 1938. Sono particolari queste coincidente di date che sottendono l'evoluzione della storia culturale europea tra le due guerre: la prima il clima di disfatta incipiente della Grande Guerra proprio in quell'Impero astroungarico, emblematico portavoce di una cultura di crisi delle certezze morali e sociali, lungamente elaborate dall'inizio del secolo XX, l'altro, anniversario, sintomo di una attenzione della cultura italiana nei confronti delle avanguardie europee che prontamente verranno seppellite con l'affiancamento della politica fascista alle restrizioni culturali e razziali naziste. Domenica 10 giugno al Main Stage del Teatro Nazionale della cittadina si è assistito alla seconda rappresentazione del trittico dedicato a Bèla Bartok, con una produzione indipendente del festival che porta il suo nome, composto dai due balletti Il Principe di legno, rappresentato in prima assoluta al Teatro dell' Opera di Budapest nel maggio 1917 e Il Mandarino meraviglioso, presentato nel 1926 suscitando polemiche di immoralità, assieme all'atto unico Il Castello di Barbablù, per la regia del polacco Michał Znaniecki, importante presenza registica nei teatri musicali europei e italiani e più volte premiato per le sue produzioni. In Italia gli è stato conferito il Premio Abbiati per l'allestimento de I Pagliacci realizzato a Como nel 2015. Complesso è il mondo narrativo di riferimento di Bèla Bartók tra fiabe e leggendario popolare, narrazioni di oscure drammaticità comunque mediate dal teatro allora contemporaneo. Nel trittico allestito dall'esperto regista i tre titoli di Bartok trovano un legame nella rappresentazione onirica dell'inquietudine nelle relazioni umane, resa dalla comune presenza a margine, ma allusiva, del palcoscenico, di una seduta psicanalitica: medico e paziente donna apparentemente estranei alle storie in scena, ruoli sostenuti dagli stessi cantanti che troveremo poi in Barbablù. Eppure la loro estraneità sarà parte attiva nell' azione finale de Il Mandarino Meraviglioso quando sarà lei, la paziente, ad intervenire al disvelamento del cadavere dell'uomo amato e non la danzatrice protagonista che rimane muta spettatrice in un finale cambiato, ma sempre dall'esito tragico. Presenza patologica definita anche dalla messinscena con struttura fissa a conchiglia su cui sono proiettate inquietanti immagini fisiognomiche (per Il Principe di legno) per poi disvelare ambienti naturali tramite proiezioni, curate dallo scenografo e esperto di arti visuali Luigi Scoglio, che ne Il Mandarino Meraviglioso diventano le macchie di Rorschach, segni di inquietudine e di disagio mentale. Il tutto offre la misura delle angosce musicali del '900 di Bèla Bartók fatte di sonoritá gridate, segno dell'Espressionismo musicale del Primo Novecento ma immerse nella tradizione tonale. Suggestive le coreografie moderne che lavorano sulla convulsione del corpo piuttosto che sulla acrobazie accademiche curate da Elżbieta e Grzegorz Pańtak. La parte musicale era sostenuta con grande competenza musicale dall' Orchestra del Festival diretta da Àdàm Cser. Nel Castello di Barbablù la patologia mentale emerge in tutta la sua violenza, mostrandoci un Barbablù in camicia di forza in preda a convulsioni. Il disvelamento delle sette porte del misterioso Castello (fiaba di Perrault, affabulatore alla corte di Re Sole, ripresa da Maurice Maeterlink) avviene in un clima di allucinazione perversa con il progressivo spogliarsi della camicia di forza che sarà fatta indossare a Judith, legata in un letto di contenzione, lungo un vortice di follia a dimostrazione della serialità omicida e della necrofilia del misterioso signore del castello. Affascinante la resa dello voci con la parte di Judith affidata al soprano Andrea Szántó affiancata dal baritono Marcell Bakonyi nell'impegnativo ruolo del protagonista, voce molto interessante e già strutturata. Meritato successo da parte di un pubblico essenzialmente locale che sostiene attivamente, con convinta partecipazione, la progettualità del Festival.
Federica Fanizza