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MESSINA, 4° Cortile Teatro Festival 2020 - "Amleto" di e con Michele Sinisi. -di Gigi Giacobbe

"Amleto", di e con Michele Sinisi. "Amleto", di e con Michele Sinisi.

Elsinor / Progetto Farsa
Amleto
di e con Michele Sinisi
Costume di Luigi Spezzacatene
In coproduzione con Festival Castel dei Mondi, sostegno alla produzione Pontedera Teatro – FestTeatro – Armunia Festival, Piccolo Osservatorio Universale Garzia. Palazzo Calapaj-D’Alcontres di Messina
13 luglio. 4° Cortile Festival 2020 diretto da Roberto Bonaventura e Peppe Giamboi

Michele Sinisi inaugura la 4ᵃ stagione del Cortile Teatro Festival 2020 voluta “fortissimamente” in maniera quasi alfieriana da Roberto Bonaventura e Peppe Giamboi, i quali nonostante il Covid-19, il distanziamento degli spettatori, i contributi che latitano e altro ancora, sono riusciti ad architettare un cartellone più che dignitoso in cui vi compaiono Simone Corso (Nor(Live) /Un Fotogramma), Giuseppe Provinzano (Comu veni/ Ferrazzano), Vincio Siracusano (Theremani), Giulia Messina, regia Auretta Sterrantino (Cenere), Angelo Campolo (Stay Hungry), Compagnia Carullo-Minasi (Due passi sono), Gaia Gemelli (Defragmento). Intanto Sinisi ha dato il via mettendo in scena una sua singolare ri-scrittura dell’Amleto shakespeariano titolato Elsinor/Progetto Farsa, dando vita ad alcuni personaggi del dramma identificabili con i loro nomi (Claudio, Regina Gertrude, Ofelia, Laerte, Polonio, l’attore d’una compagnia girovaga assolta da Amleto) affissi sullo schienale di alcune sedie apri-e-chiudi (in tutto sette e non trentacinque come nella nota pièce Le sedie, di Ionesco). Una prova solipsista, in sintonia con quel diktat che vieta gli assembramenti, in cui Sinisi agghindato con un costume rinascimentale da paggio (quello di Luigi Spezzacatene) simile ad un Jolly o un Full, dialoga con quei personaggi assenti resi visibili col suo verbo. L’unica figura tangibile è il fantasma del padre che gli racconta in che modo è stato fatto fuori dal fratello Claudio, arraffando in un sol colpo trono e cognata. Ho scritto in varie occasioni come l’Amleto sia l’opera che anche i più sprovveduti conoscono, almeno nel titolo, anche se non sanno tutti gl’intrighi al suo interno. Nel suo incedere sembra un giallo, una storia d’un uomo colto e raffinato che imbastisce una trappola per topi per smascherare lo zio Claudio uccisore del padre. Le cose alla fine prenderanno un’altra piega giocando il caso un ruolo dominante, del resto come succede in Romeo e Giulietta e in altri drammi di Shakespeare. Tante le edizioni classiche e/o sperimentali dell’opera in cui ogni regista ci mette un po’ del proprio background, diventando Amleto ora donna, ora solista come ha fatto Bob Wilson al Teatro Goldoni nella Biennale di Venezia del 1985, diventando per Carmelo Bene un cavallo di battaglia strombazzato un po’ per tutta la penisola e qui omaggiato da Sinisi, forse, quando esorta Ofelia ad andare in convento, senza però strappare fogli del testo e farne pallottoline. “È possibile aggiungere ancora qualcosa ad un’opera che è un mito teatrale”, si chiede Sinisi in una sua nota? Certamente sì visto che c’ha provato, concludendo che per lui trattasi d’un “mistero che non è riuscito a svelare tutto”. Un mistero d’un uomo chiuso nella sua stanza che ascolta brani di opere liriche, un Amleto intimista che volendo giocare a fare la farsa riflette sul suo ruolo umano mentre viene assillato da ricordi, immagini e fantasmi che vorrebbe rimuovere senza però riuscirci.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Venerdì, 17 Luglio 2020 12:29

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