Montepulciano 31 luglio
Cortile delle Carceri
Giacomo Bianchi violino
Giordana Della Rosa pianoforte
Debussy - Sonata in sol minore
Respighi - Sonata in si minore
Prokof’ev - Sonata n.2 in re maggiore op.94 bis
Suonare qualche cosa che ha a che fare con il movimento ideologico, con tutta quella scrittura e riscrittura post romantica non è cosa facile. Non è facile suonare Ottorino Respighi compositore controverso, assolutamente poco eseguito e poco conosciuto nella sua Italia. Eppure basta ascoltare la Sonata in si minore per violino e pianoforte e si comprende quanto questo compositore avesse da dire in un periodo in cui era difficile esprimere un proprio pensiero che non fosse in linea con quello suo contemporaneo. Un po’ come quello che successe a Nino Rota che non andava bene agli innovatori e non andava bene a coloro che amavano la scrittura antica. Insomma è come spesso succede in Italia: un eterno dibatto fra l’essere bravi e il non esserlo. Per tornare quindi a Respighi il duo Bianchi-Della Rosa ha saputo raccontare ciò che questo autore sapeva scrivere con una sicurezza incredibile della tecnica compositiva, con la conoscenza delle scuole antiche. Bravi, molto bravi nel saper quindi affrontare una partitura che ha in se tutte quelle difficoltà non solo interpretative ma anche e soprattutto tecniche. Non è da tutti, anche per questo poco si suona Respighi. Ma anche la Sonata di Claude Debussy parla di un tempo in cui si riusciva a rovesciare il dritto, a riprendere le regole antiche e ad esortarle per far uscire quello che il doloroso periodo in cui visse potesse essere forma d’arte atta al divenire prossimo. Una lettura d’analisi profonda quella proposta dal duo Bianchi e Della Rosa. Debussy è difficile da eseguire: o si rischia di banalizzarlo o si rischia invece di renderlo troppo cerebrale. Entrambi i musicisti hanno cercato di rendere la composizione con una attenta analisi ed una ricerca di profondità quasi psicologica, senza banalizzare o rendere il tutto estremamente razionale. La Sonata di Sergeij Prokofieff ha la forza intima di mostrare come un compositore così sensibile potesse provare ad aprire il canto interiore ad un canto di estrema comunicabilità. Ci sono almeno due momenti che rendono questa Sonata di una estrema bellezza, quando appunto Prokofieff propone due cellule apparentemente melodiche che sono il tramite per stabilire un approccio con ciò che voleva trasformare. Con la sua voglia di emergere da una ingombrante scuola sovietica. Insomma cosa altro aggiungere di questi due bravi musicisti: che hanno grinta e capacità interpretative, che sanno ben suonare e soprattutto sanno raggiungere modalità interpretative molto interessanti ed uniche. Certo non è facile emergere in una Italia musicale che predilige sempre i soliti interpreti ma auguriamo ad entrambi un futuro di espansioni interpretative perché oggi è difficile trovare chi sa prendere la musica e farla diventare qualche cosa di assolutamente unico. La passione e la competenza possono creare il miracolo di sapere ancora oggi sorprendere l’ascoltatore competente che ha voglia di trovare altro, trovare il senso della musica.
Piazza Grande
ECHI D'ISTANTI
Ensemble degli Intrigati
Quattro prime assolute su commissione del 45° Cantiere
Olivier Durendal Fanfare de la clarté du ciel
Norberto Oldrini Gravity
David Graham L’ottimista del progresso
Claus Kühnl "Con suoni e canti" Serenata per nove strumentisti
Questo è assolutamente un progetto che nasce dalla mancanza della presenza, o meglio dell’esigenza della distanza. Nell’idea della direzione artistica c’era tutto quel fardello logico ed emotivo che potesse mettere assieme il bisogno di comunicare ma circonstanziato ad una adeguata distanza quale opportuna risposta verso la gravità degli eventi. Pertanto i quattro compositori hanno lavorato molto sull’idea di suono innanzitutto e poi tutto questo è stato redatto su partitura come elemento di presenza costante e non intangibile. Lo sforzo è stato notevole ed il risultato altrettanto. Dai suoni diffusi sulla linea orizzontale di Durendal ai suoni vari e circolari di Oldrini fino a quello che è il lavoro di Graham con una idea di distanziamento prossemico e ancora di più quello di Kuhnl che non risparmia nessuna distante percussione dall’alto della torre alla prossimità terrena. Il processo creativo è molto interessante, ricco di entusiasmi e di ricercatezze. Non v’è nessuna relazione che non possa esistere secondo i compositori che sanno bene quanto sia potente il suono, il segno, la distanza ravvicinata. Tutte cose che in musica si praticano da sempre e anche ora è possibile tenere un’orchestra considerando che mai nessuna orchestra ha suonato in prossimità se non in distanza. E’ la natura del musicista suonare con gli altri, è quello che i compositori hanno cercato di esprimere. Il Cantiere mai come d’ora sarà luogo di incontri e di creazioni, senza perdere di vista il dettame fondamentale di Henze ovvero suonare per senso di vita, per vicinanza, per globalità. Ottime le esecuzioni che hanno dimostrato come sia ancora oggi possibile suonare assieme mantenendo quella giusta dose di professionalità ed umanità.
Marco Ranaldi