SOGNO E SON DESTO…500 VOLTE
di Gualtiero Peirce e Massimo Ranieri
con Massimo Ranieri
e Flavio Mazzocchi, pianoforte, Pierpaolo Ranieri, basso, Donato Sensini, sax,
Marco Rovinelli, batteria, Stefano Indino, tastiere e Andrea Pistilli, chitarre
Light designer Maurizio Fabretti
Regia Massimo Ranieri
rassegna Asiago Live – org. DuePunti Eventi
Asiago (Vicenza), 10 agosto 2021 Piazza Carli
A guardare e ascoltare Massimo Ranieri c’è da rimanere estasiati per la freschezza che sul palco continua a dimostrare negli anni, che viene confermata anche in questa sua ultima produzione, peraltro collaudatissima, “Sogno e son desto…500 volte”, spettacolo perlopiù portato nei teatri, visto nella rassegna estiva Asiago Live. Il cantante e attore napoletano mette insieme aneddoti, piccoli racconti e canzoni sia della propria produzione che di altra provenienza, inscenando anche gag tradizionalmente popolari. La personalità dell’interprete non può esser messa in discussione, anche per il modo di calibrare esatto e per i tempi perfetti che lo stesso dimostra nelle esecuzioni, e le certezze di essere davanti a un artista completo ormai sono più che sicure. Cinema, teatro, televisione e la sua musica, le sue canzoni, sono marchi indelebili di un artista che ha attraversato lo spettacolo come pochi altri, collaborando coi grandi. Questo suo show, perché di questo si tratta, uno show, inanella una quindicina di canzoni, bis compresi, passando appunto per intrattenimenti di tipo teatrale, e colloqui col pubblico. Tutto spontaneo no, è chiaramente organizzato nei minimi particolari, la canzone è omaggiata con grandi successi personali come “Vent’anni”, l’interessante “Ho bisogno di te”, scritta da Carlo Mazzoni, una splendida versione de “La vestaglia”, pezzo altamente suggestivo del duo Marrocchi e Artegiani, e poi “Se bruciasse la città”, “Mia ragione”, l’ultimo toccante brano scritto per lui da Fabio Ilacqua. Tutto questo spazio contiene però anche omaggi a Nino Taranto e al suo “Quagliarulo se ne va”, cavallo di battaglia del cantante, o l’altro omaggio a Domenico Modugno con “Resta cu’mme”, poi Ranieri va avanti a proporre un altro classico, come “Quando l’amore diventa poesia”. Seguono le primissime note de “L’istrione”, che fanno il resto, cioè rinforzano, se c’è bisogno, il carisma di Ranieri, lo proiettano nel più alto panorama artistico che un cantante, un attore può trovare, nel punto più alto della teatralità, dell’estro. Lo sguardo sornione occhieggia al pubblico che naturalmente è già in una specie di delirio, nonostante manchino ancora diverse canzoni da cantare, che arrivano dopo molti applausi sinceri rivoltigli, mentre lui apparentemente non fa una piega: sarà pura essenza d’artista fino in fondo? Chissà, mai sapremo se quegli stessi applausi ogni volta forgiano così tanto la consapevolezza di essere uno dei grandi. Il buon Massimo (Giovanni Calone all’anagrafe), racconta degli inizi, degli incontri straordinari avuti, ad esempio con Giorgio Strehler e dei contratti milionari di lire già da giovanissimo ottenuti, ma non dimentica il periodo duro che “tutti abbiamo vissuto”. E un po’ stupisce, ma appunto solo un pochino a dire il vero, quando legge un sonetto Shakespeariano da grande padrone della scena, o un brano di Giuseppe Prezzolini sui furbi e sui fessi, molto godibile, per instradarsi verso la fine dello spettacolo con altre famose sue produzioni che tanto hanno avuto successo, come “Erba di casa mia”, “Le braccia dell’amore”, “Rose rosse” e “Perdere l’amore”, con la quale chiude uscendo. Pubblico in visibilio, e Ranieri rientra poco dopo per i due bis, il primo in giacca gessata con “Pigliate ‘na pastiglia” di Renato Carosone, e il secondo, un classico più che mai adatto al momento in corso, per sentirsi più uniti tutti, “Anema e core” di Roberto Murolo. Mentre c’è chi ancora è convinto che l’artista rientri sul palco (peccato infatti l’uscita sbrigativa e senza convenevoli per un pubblico in adorazione), la serata è già terminata. Da citare tutta la band, parte essenziale della riuscita dello spettacolo, “comandata” alle tastiere da Flavio Mazzocchi.
Francesco Bettin