TEATRO FRA PARENTESI: LE MIE STORIE PER QUESTO TEMPO
di Marco PaolinI
con Marco Paolini e l’accompagnamento musicale di Saba Anglana e Lorenzo Monguzzi
luci Michele Mescalchin
fonico Piero Chinello
produzione Michela Signori, JOLEFILM
rassegna Operaestate Festival Veneto
Isola Vicentina, Parco Villa Cerchiari, 19 agosto 2021
La certezza, almeno una, c’è, ed è quella che Marco Paolini riesce sempre a portare a sé, a teatro, grandi folle, come è successo anche in questa occasione nello spettacolo proposto per Operaestate Festival, a Isola Vicentina. Le sue tematiche, pur non essendo più quelle che l’hanno portato alla notorietà molti anni fa, Ustica, il Vajont, vere denunce sociali, vanno in direzioni di sicuro molto apprezzate dalla sua gente, queste osservazioni così narrate in maniera accattivante sono anche paradossalmente dei soliloqui ma che conquistano, quando appunto raccontati. In questo spettacolo che fa parte anch’esso di quelli della categoria “comincio sospendo ricomincio”, purtroppo a causa del Covid, Marco Paolini invita a riflessioni con un cantilenare spesso a scatti, quasi robotico, a voler ribadire l’invito a non perdersi ma a proseguire con attenzione l’ascolto. Temi di fondo, l’ecologia, il pensiero su di essa, il futuro, le azioni che noi possiamo esercitare, le decisioni. E capire quanto senso hanno adesso la condivisione, la collettività e la solidarietà. Paolini sciorina diversi racconti, anche personali, non senza ricordare che probabilmente la pandemia ha cambiato il mestiere dell’attore, e regala già dall’inizio un pensiero base, “M’interessa il futuro, non importa cosa dovremo fare, ma mettere insieme i nostri pensieri in qualcosa che va oltre”. I racconti del narratore bellunese sono cadenzati dagli intermezzi musicali di Saba Anglana, cantante italo somala, e Lorenzo Monguzzi alla chitarra che agevolano di sicuro, anche se francamente finchè le canzoni cantate sono in italiano si comprende l‘impegno e una certa voglia di denuncia, quando il testo non si fa capire ed è musica del repertorio popolare somalo diventano suoni certo affascinanti (la voce della Anglana è molto interessante) ma si fa fatica a comprendere il perché di una scelta come questa. Così Paolini prosegue per circa due ore, raccontando di storie vissute anche in prima persona, come quella davvero spassosa dell’organizzazione (da parte sua e di alcuni amici, molti anni fa) di uno spettacolo di Carmelo Bene sotto un tendone del circo Togni con relative bizze, pare, del genio, che tanto poi non sono perché rientrano in contesti conosciuti; o ancora un’altra storia, dell’importanza di alcune decisioni, come quella di bloccare le uscite di sicurezza e di non interrompere la proiezione durante un film al cinema Statuto a Torino, anno 1983, che causò così a causa di un incendio molti morti, persone che non riuscirono a uscire dalla sala. O quella di un tenente colonnello russo, Stanislav Petrov, che decise di non attuare il protocollo di difesa dopo che i radar segnalarono (erroneamente) l’arrivo in terra sovietica dagli Usa di alcuni missili per colpire il territorio. Decisione che segnò anche la sua carriera. Paolini mostra le carte di un panorama attorno a noi complicato fin da tempi non sospetti, facendo riflettere su come le decisioni prese da qualcuno possano rivelarsi determinanti. Facendo anche qualche mea culpa, (“Come siamo attaccati alle cose”) e lanciando qualche slogan rivolto all’Europa. Fino al finale quando invita a sé il popolo, come un guru, popolo che obbedisce prontamente. Detto dunque di qualche racconto-trovata, che fa pensare, molto dello spettacolo non (mi) convince, è disallineato sebbene si tenti di far valere uno scuotimento, di restare sempre vigili e soprattutto uniti. Sono alcune storie di questo tempo, è indubbio, che forse a causa anche di ciò rischiano di essere in balìa di confusione. Il successo c’è stato, e grande.
Francesco Bettin