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98° OPERA FESTIVAL 2021, ARENA DI VERONA - "TURANDOT", direttore Francesco Ivan Ciampa. -di Federica Fanizza

Turandot
Dramma lirico in tre atti e cinque quadri
Libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni
Musica di Giacomo Puccini
Direttore Francesco Ivan Ciampa
Personaggi e interpreti
Turandot Anna Pirozzi
Imperatore Altoum Carlo Bosi
Timur Giorgio Giuseppini
Calaf Murat Karahan
Liù Ruth Iniesta
Ping Biagio Pizzuti
Pong Marcello Nardis
Pang Matteo Mezzaro
Mandarino Viktor Shevchenko
NUOVO ALLESTIMENTO DELLA FONDAZIONE ARENA DI VERONA
ORCHESTRA, CORO, BALLO E TECNICI DELL’ARENA DI VERONA
Coro di Voci bianche A.d’A.MUS. diretto da Marco Tonini
Maestro del Coro Vito Lombardi
Direttore allestimenti scenici Michele Olcese
Verona, Arena di Verona, 28 agosto 2021
98° Opera Festival 2021

Conto alla rovescia al termine di questa 98a edizione dell'Opera Festival di Verona, stagione anomala per i limiti di spettatori ammessi (6mila), di aspettative per le nuove, ma non fino in fondo riuscite, proposte scenografiche digitali. Concluso il ciclo degli eventi Gala e delle rappresentazioni di Turandot segnate dal debutto del soprano russo, "diva" Anna Netrebko, si ritorna alla normalità, portando in scena quegli artisti che costituiscono il nerbo dei cartelloni di questa stagione che con la loro presenza contribuiscono a tenere alta l’attenzione sulle recite alternandosi, nella specificità dei rispettivi registri, tra date e vari cast e ruoli, per i vari titoli in stagione. Così capita di riascoltare il soprano Anna Pirozzi nella Turandot pucciniana, indiscussa Abigaille nel Nabucco pochi giorni prima, assieme al tenore Murat Karahan in Calaf, applaudito in Cavalleria Rusticana e Aida, a dimostrazione di un luogo comune che per cantare in Arena occorre essere un cantante "da Arena". Quali siano le caratteristiche? Certamente cantare e bene, farsi sentire dal pubblico senza perdere musicalità e stile, capacità di interpretare l'ambiente sonoro dell'anfiteatro, emissione correttamente impostata per non trovarsi affaticati, adattarsi allo spazio fisico che non è quello di un teatro tradizionale. La Turandot di Giacomo Puccini allestita per la stagione 2021 si avvaleva della collaborazione del Museo d'Arte Cinese ed Etnografico di Parma, per la fornitura di immagini dalle proprie collezioni e forse è stato uno degli accostamenti tra i più riusciti. Quello che è emerso è stata l'assoluto contrasto tra la storia crudele della Principessa di Gelo e le delicata iconografia dei paesaggi e delle architetture dell'arte pittorica cinese che fungevano da fondale, il tutto in un riuscito gioco di dissolvenze e animazioni ad opera della D-Wok. Il resto, con il praticabile che fungeva da struttura scenica, era gestito come da tradizione, dai costumi, senza farsi mancare un po’ di chineserie, alle azioni dei figuranti funzionali all'animazione del palcoscenico: il tutto senza grandi pretese. Turandot si materializzava con la voce del soprano Anna Pirozzi, sua unica data in questo ruolo in Arena, che si conferma voce di volume, che non perde colore anche nei passaggi più aspri della partitura vocale sia nella “scena degli enigmi” o nella narrazione tragica "In quella reggia" mantenendosi in una linea interpretativa contenuta negli eccessi vocali. Murat Karahan, ormai tenore di esperienza, ha delineato un Calaf eroico e spavaldo; certamente il giovane tenore turco possiede una voce squillante, ma gli eccessi di apertura nel canto spiegato gli fanno perdere lucentezza vocale nei momenti più lirici. La sua personalità gli ha permesso di interpretare il Nessun dorma, con audacia tanto da meritarsi il bis richiesto a gran voce e assecondato dalla direzione. Corretta la Liù di Ruth Iniesta anche se, forse per stanchezza, il suo personaggio risultava priva di partecipazione emotiva. Il Timur del basso Giorgio Giuseppini non era perfettamente a fuoco nella linea di canto e come interpretazione. Quanto alle tre Maschere, si è fa valere il baritono Biagio Pizzuti, al suo debutto in Ping, mettendo in chiaro il suo personaggio di deus ex machina di tutta la vicenda sostenuto, nelle loro maschere da Opera di Pechino, da Marcello Nardis, Pong, e dal giovane tenore Matteo Mezzaro, Pang. La loro scena di inizio del II atto era accompagnata dall'iconografia paesaggistica cinese di stile Shan Shui, una complessa teoria di rappresentazione della natura, pienamente in linea con le aspirazione di pace e tranquillità auspicate dai tre ministri di Turandot. Come piacevole, nel finale, la trasformazione del gelido paesaggio volutamente plumbeo in un ambiente delicatamente fiorito e radioso. Il resto del cast poteva contare sulle esperienze dell'autorevole Mandarino di Viktor Shevchenko, dell’Imperatore Altoum di Carlo Bosi. Buona la prestazione del coro preparato da Vito Lombardi, assieme al del Coro di voci bianche A.d’A.MUS diretto da Marco Tonini, sempre defilato in gradinata, ma non penalizzato nell'ascolto. La direzione di Francesco Ivan Ciampa, deve aver fatto esperienza, di queste anomalie di collocazione perché, rispetto a recenti ascolti, tutta l'esecuzione risultava scorrevole senza forzatura di tempi, con buona amalgama tra le sezioni rendendo comprensibile all'ascolto la struttura compositiva dell'opera. Successo pieno di fine estate con un pubblico che poteva contare presenze dall'estero, con qualche orientale, e che ha fatto registrare il pieno nei posti anche in platea.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Domenica, 05 Settembre 2021 12:43

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