Storie della buonanotte per bambine ribelli
Esclusiva regionale
dall’omonimo best-seller di Elena Favilli e Francesca Cavallo
Orchestra Multietnica di Arezzo con Margherita Vicario
Regia Francesco Frangipane
Musiche OMA e Margherita Vicario
Direzione d’orchestra Enrico Fink
Debutto nazionale
Todi Festival 2021, Teatro Comunale 4 Settembre 2021
Il diverso ha sempre suscitato interesse, curiosità. Ha alimentato studi e ispirato svariate creazioni artistiche: alcune eccelse, altre abusate. Quando non provoca ripulsa e rifiuto, sentimenti dettati da ignoranza, ciò che si oppone a quello che individualmente è noto è foriero di prospettive nuove. Sicché ecco pensieri freschi farsi avanti e smascherare stereotipi.
Non sempre, però, si verifica tale condizione. A volte, la diversità viene fraintesa. Essa diviene la condizione, il postulato da accettare per giusto. A nulla, in tali casi, serve la comprensione critica, il tentativo di farsi compenetrare da idee e sistemi di pensieri e valori che mai si sarebbero immaginati.
Elena Favilli e Francesca Cavallo scrivendo il libro Storie della buonanotte per bambine ribelli hanno tentato una doppia strada: raccontare idee di opposizione e riscatto alternative alle solite note; mostrare, attraverso l’apologo, la percezione che si ha della dignità umana e del suo rispetto, malgrado distanze e differenze culturali.
Fil rouge che accomuna i racconti: il tema della libertà, della scelta e della responsabilità che ruotano attorno al progetto che ognuno intende realizzare e perseguire. Tema dal sapore sartriano, che andrebbe rievocato di continuo.
Scienziate, pittrici, astronaute, musiciste, sollevatrici di pesi: donne, tutte, che hanno battagliato per affermare il loro pensiero e rivendicare la libertà, unita al diritto, dell’autodeterminazione.
È noto che attraverso le fiabe si tramandano gli archetipi per farli rivivere nei fanciulli. Ma nella trasposizione scenica che di questo libro ha fatto Francesco Frangipane non si respira nulla della dimensione archetipale presente nel testo. Se ne è perduto tutto il sapore. Questo perché non vi era un’idea drammaturgica di fondo, eccettuata la presenza dell’Orchestra Multietnica di Arezzo diretta da Enrico Fink. Complesso talentuoso e variegato, che ha rievocato tonalità emotive esotiche, tradizioni musicali dalla scrittura notevole e distante da quella occidentale. Ma questo non è servito a dare corpo alle storie raccontate da Margherita Vicario. La quale, pur leggendo con simpatia una selezione delle storie tratte dal libro della Favilli e della Cavallo, non ha dato loro carne, una teatralità. Non ha trasformato queste favole, tutte vere, in personaggi e situazioni capaci d’imprimersi nella memoria dello spettatore.
Al quale è invece rimasto il ricordo di una carrellata di buoni esempi come ve ne sono tanti. Ma che di unico sembravano avere poco o nulla. Impressione erronea, ma giustificata dal fatto che il teatro non può essere solo parola, ma parola tramutata in azione, azione scenica mai fine a se stessa e che è sempre trasmutazione della realtà di tutti i giorni osservata e compresa (questo insegnava Orazio Costa).
Risultato difficile, ma necessario da raggiungere e che la Vicario deve apprendere e perseguire. Affinché il teatro, fragile castello di sabbia, sopravviva nel cuore e nella mente del pubblico.
Pierluigi Pietricola