FEDRA
di Jean Racine
con Marianella Bargilli, Fabio Sartor, Paila Pavese, Matteo Cremon, Silvia Siravo, Leonardo Sbragia
costumi Daniele Gelsi
regia Patrick Rossi Gastaldi
produzione Aurora Produzioni
Rassegna 74.mo Ciclo dei Classici al Teatro Olimpico
Vicenza, Teatro Olimpico, 8, 9 e 10 ottobre 2021 – prima nazionale
Tragedia dove convivono amore, passione, rabbia, impeto e il dubbio sull’innocenza-colpevolezza, la Fedra di Jean Racine approda al Ciclo dei Classici del Teatro Olimpico di Vicenza nella versione registica di Patrick Rossi Gastaldi, proposta con molta eleganza e un cast interessante, ben diretto dal regista che gioca le carte senza mischiarle, piuttosto puntando sugli assi. Una Fedra estasiata dall’amore, prima, e incagnita dalla rabbia poi nel non poter avere Ippolito, figlio del suo compagno Teseo, del quale si è invaghita. Ippolito però ama Aricia, ed è ben lungi dall’accettare la corte della matrigna. Ma l’“Io amo” di Fedra è a tutti gli effetti un grido che promette battaglia, che porta a sragionare in insicurezza, accecando occhi e anima. Racine si rifà al teatro ellenico di Euripide portando però la tragedia del mito nel binario del giansenismo, affrontandolo da più punti dando una visione più “moderna” alla storia. E lo fa con un testo tutto sommato scorrevole nella sua difficoltà, penso agli attori più di tutto, e l’adattamento registico ancora una volta si fa notare nel suo ottimo lavoro di sistemazione, chiamiamola così. Lo spettacolo dell’Olimpico dura all’incirca un’ora e mezza, mostra caratteri e sfumature ricche dove potersi perdere, grazie a un lavoro d’insieme, di prosa, direzione, recitazione, un insieme che un pubblico coscienzioso e mai distratto apprezza. Il cercato amore, con sdegno rifiutato dal giovane, da parte di Fedra è nel pieno svolgimento di dolore e perdizione e non accetta discussioni. Aggravante è il fatto di aver accanto Emone, sua istrigatrice alla quale profferisce un’altra formula autoannientante, “Cedo ai tuoi consigli” e pure traditrice, cosicchè da cercare un rimedio senza trovarlo, anzi, aumentando lo spessore delle ire. Che poi sono le sue stesse, e quelle naturalmente di Teseo una volta tornato da una delle sue imprese. Tragedia è e rimane fino alla fine, anche e soprattutto quando si svela l’arcano enigma, lo spietato gioco d’amore azzardato che Fedra voleva far suo. Tutti ne pagano le conseguenze, e qui lo spazio del Teatro Olimpico diventa quanto mai raggelante, perfetto e in simbiosi con la messa in scena, magari mancante, forse, di qualche ombra in più, di qualche tenebra ribaltante, da mostro, una o più oscurità che avrebbero completato l’opera. Ma Rossi Gastaldi che è un regista che sa il fatto suo si ferma allo stato dei fatti, mostrando le infinite traversie che i personaggi accusano, che fanno proprie. Teseo si rivolge a Nettuno quando è troppo tardi per bloccare il destino e chi cerca non trova, è disperazione senza scampo. Presenti gli interpreti, qualcuno limita con asciuttezza. Certamente è molto pregevole, importante l’interpretazione di Fabio Sartor, un Teseo possente e concreto, sprezzante mentre l’attonito Ippolito è interpretato con baldanza e bella prova da Matteo Cremon, un attore che gioca, player, in casa, essendo vicentino, che riesce a non tradire una certa emozione. La nutrice Emone è Paila Pavese, a un’altra sua prova più che egregia. L’asciuttezza riguarda probabilmente di più il Teramene di Leonardo Sbragia, mentre Silvia Siravo è una rassegnata Aricia. Fedra è Marianella Bargilli, che dal canto suo si conferma come una delle attrici più interessanti da seguire nel panorama teatrale, che lascia Vicenza come una vera regina, con portamento nobile, eccitata e addolorata insieme. Davvero una sfida indovinata la sua.
Francesco Bettin