Il "Fest in pe Bulevard" continua la sua corsa con successo di pubblico. Abbiamo assistito all'opera "Chip de Foc" di Marius von Mayenburg, produzione Teatrul Toma Caragiu della città di Ploiesti, per noi, la prima della serie che ci attende fino al 17 ottobre.
L'autore ha messo in scena un nucleo familiare composto da Padre (Ioan Coman) Madre (Delia Nartea) e due figli: un maschio e una femmina. Si sta festeggiando il 45esimo anno di matrimonio. Ma in casa non c'è una bella atmosfera. I figli, ormai grandi, si dilettano a suonare.
Lui, Kurt, (Ionut Visan) la chitarra, lei, Olga, (Fiorentina Nastase) la batteria. Tra di loro c'è un feeling, una attrazione. Tra padre e madre, invece, una repulsione: lui legge continuamente il giornale, lei lo perseguita. Un inferno. Nella famiglia entra un giovane, Pau (Cristian Popa) innamorato della figlia, Olga. Apriti cielo. Il fratello perde la testa; e nascono litigi, lui contro tutti. Sopratutto coi genitori, tanto è vero che li uccide a suon di martellate per poi bruciarli e con loro brucia se stesso gettandosi benzina addosso. Una tragedia. Come tante. Di questo genere. Soprattutto nascono, sembra, nei piccoli paesi di campagna.
Fin qui niente di male. Una storia drammatica come tante, che il pubblico è stanco di ascoltare.
Il regista Vlad Cristache cosa ti fa? Monta una macchina teatrale, complice lo scenografo Vladimir Turturica: due enormi cubi, alti come una persona, sopra vi mette gli strumenti musicali, zona riservata ai giovani, ai lati dei cubi, pareti dai significati diversi: una fa da specchio, una da scaffale con una sentina di bottiglie, una è neutra per le proiezioni, una riporta una grande scritta per fare esterno. Due tecnici dentro che li girano a seconda della scena che si sta rappresentando. Poi prende un divano su rotelle che fa entrare ed uscire come una spola coi genitori che lo abitano (e lo spingono) il giovane innamorato Paul entra ed esce in moto (spinta coi piedi) mentre la ragazza si divide tra l'innamorato e il fratello. Ai lati del proscenio due piccoli manichini di fanciulli, una lei e un lui. Simboli della loro infanzia.Un casino, insomma, di segni: proiezioni di loro che sono appena nati, fumi, azioni su azioni coi cubi che ruotano di continuo, con il divano che entra ed esce di continuo, fari puntati sugli occhi degli spettatori che si accendono, abbagliandoli, al suon di batteria. Un caos, con questi elementi scenografici.
Due ore di spettacolo, dove il dramma viene sopraffatto dalle trovate del regista che, forse in buona fede, o forse per esibizionismo creativo, non si è accorto di mettere in secondo piano la tragedia familiare.
In tutto questo meccanismo di segni, gli attori riescono a dimostrare la loro bravura e gli applausi sono andati a loro, meno al regista e meno all'autore. Tutto questo dalle ore 18,15 fino alle 20,15 nella sala Horia Lovinescu.
L'organizzazione, nel foyer, ha fatto trovare un ricco buffet, servito da signorine in un costume tipico della Romania. Si mangia per attendere le ore 21, per scendere poi nella saletta sotterranea George Costantin, di appena 150 posti, per assistere ad un lungo monologo, ben giocato, dall'attore ungherese J. Saramago dal titolo "Sex, Drugs, Gods and Rock'n' roll". Lui bravissimo nella lunga esibizione.
Tanto per digerire il mangiato.
Dal il film "Portiere di notte"
della Cavani, un testo trasgressivo,
per la regia di Nona Ciobanu, al Teatro Odeon.
Poi "Il Padre" di August Strindberg
al Teatro Tandarica con attori bulgari.
Appuntamento alle 18, al teatro Odeon di Bucarest.
Prese per mano, condotte lungo un sentiero stretto e buio del retro palco, le circa cinquanta persone vengono fatte accomodare su una gradinata montata sul palcoscenico per assistere allo spettacolo "Cel care incide noapte", produzione Testro Maghiar de Stat di Cluj Napoca, che la giovane regista Nona Ciobanu ha tratto dal film il "Portiere di notte" della nostra Liliana Cavani, mettendolo in scena in uno spazio "scarno ed essenziale" con alcuni elementi chiave: un letto mobile, che girerà in tanti modi, una piccola vasca da bagno con tanto di rubinetto dell'acqua funzionante, un proiettore anni '40, per le immancabili proiezioni, due sedie mal trattate dall'inizio alla fine, una cinquantina di scarpe nere ai piedi di un porta panni, per scene allegoriche. Il tutto racchiuso da pareti prigione, con ai lati una finestra e una porta d'entrata.
Già l'entrata genera nel pubblico un sentimento da claustrofobia, la scena pure. Silenzio di tomba dall'inizio alla fine.
La Ciobanu mette in relazione i due personaggi protagonisti, lui, il portiere, carnefice, prossimo ufficiale dell'SS, lei, la vittima, ebrea giovane. Loro si amano e si odiano, dando vita a una sorta di "balletto" di attrazione reciproca e violenza esercitata, in un rapporto sado-masochistico. Un'ora e dieci di qualsiasi "gioco" perverso, un po' troppo insistito e compiuto, che poi si tramuta in atto d'amore.
Gli attori ungheresi Eniko Gyorgyjaka, nel ruolo di Hanna, Gabor Viola in quello di Max, sono di una eccellente bravura da farci superare il problema linguistico, ostico anche per gli stessi romeni impegnati a rincorrere i fievoli sottotitoli proiettati in alto. Suggestive le proiezioni video dei gerarchi tedeschi che assistono al monologo disperato della vittima.
Applausi, partiti in ritardo tanto il pubblico era basito, sentiti e meritati.
Pausa con buffet: bocconcini appetitosi e poi via, su una carovana di auto, tutti gli ospiti della stampa ed altri, condotti al Teatro Tandarica, Sala Mare, costruito a immagine del mondo infantile, per assistere allo spettacolo "Il Padre" di August Strindberg, messo in scena dalla compagnia bulgara del "Teatrului Drammatic" di Vratsa, con una buona compagine di attori (Anastas Popdimiyrov, Rumjana Merdjanska, Jolanda Michailova, Borislav Borisov, Dimiter Dimitrov, Marina Koteva, Borislav Sarafanov), guidati dal regista Lupcho Gorgievsky, che ha collocato il tutto in una scenografica (Maria Dimanova) giocata tra il bianco e il nero, così dicasi per i costumi; il tutto poco adatto all'ambiente realistico che l'opera di Strindberg richiederebbe, per accogliere la "follia progressiva", a cui viene condotto il protagonista ad opera del medico di famiglia, della balia, della perfida moglie e la giovane figlia. Recitato con naturalezza, il dramma ha avuto un buona accoglienza e applausi meritati da pubblico assai ristretto.
"I tre gemelli veneziani" di Mattiuzzi Collalto
conquistano il pubblico di Bucarest
Anche l'irlandese McDonagh con "Vestul singuratic",
viene accolto con un interminabile entusiasmo e applausi
Antonio Mattiuzzi, di soprannome Collalto, attore che ha militato come Pantalone nella compagnia veneziana Medebach, e quindi a contatto con Goldoni, drammaturgo fisso della compagnia, a distanza di 26 anni, come risposta ironica a "I due gemelli veneziani" del Goldoni, lui s'inventa la storia di tre gemelli, tre caratteri completamente diversi: uno sempre ubriaco, uno un po' così è così, oggi si direbbe gay, un altro quasi normale. Un'ottima opera da Commedia dell'Arte, che anche Goldoni nelle sue Memoire la cita apprezzandola, che si presta a gag e contro gag.
La regista Nona Ciobanu, che abbiamo apprezzato nel testo tratto dal film "Il portiere di notte" della Cavani, si è dilettata a metterlo in scena, giocando con una scenografia fatta di tante porte, almeno una decina, che ruotano su se stesse; e ne fa una sorta di carosello coi personaggi che entrano ed escono a ritmo serrato, alla maniera del vaudeville alla Feydeau, e affida al solo attore Cristian Iacob, i tre gemelli, veramente eclettico nelle trasformazioni ma anche tutti gli altri all'altezza del proprio ruolo assegnato; e mette tra i personaggi un po' stilizzati in costumi che evocano l'epoca settecentesca e il moderno, il solito Arlecchino, stavolta stilizzato in un costume fatto di maglietta a losanghe bianche e nere, calze diverse tra loro una righe e l'altra a quadretti, sempre in bianco e nero. Veste tutti i personaggi in maniera grottesca e li fa agire in questa girandola di porte, mentre intanto si dipana la vicenda dei tre gemelli, coinvolti nella solita storia d'amore.
Lo spettacolo, prodotto dal Teatrul Mic di Bucarest, con la formidabile compagnia composta dal già citato Iacob, Costantin Florescu (Arlecchino), Simona Mihaescu (Argentina), Oana Albu, (in più ruoli) Radu Zetu (Angelica) Avram Birau (anche lui in più ruoli), Iulian Baltatescu (Commissario), ha visto nella sala Lovinescu una larga partecipazione di pubblico, ricco di studenti liceali, che ha apprezzato la proposta, illuminante per capire anche ciò che accadeva intorno al fenomeno Goldoni, e non ha lesinato gli applausi. Lunghissimi.
Pausa di 20 minuti e poi giù, tutti nella sala sotterranea Costantin per assistere all'opera "Vestul singuratic" dell'irlandese Martin McDonagh, dramma con soli quattro personaggi, due fratelli che si odiano, un prete che cerca di mettere pace tra loro, una ragazza invaghita del prete.
Recitata da attori di grande qualità, opera scritta con grande abilità drammaturgica, ricca di spunti comici che il pubblico ha continuamente apprezzato, in realtà l'opera ha un contenuto di denuncia: gli uomini non si amano, si detestano, e il messaggio di pace del prete cade nel vuoto, e la ragazza, si deve rassegnare che non c'è spazio nel cuore del prete.
Collocata in una scena fissa (Carmencita Brojboiu), una stanza logora, sporca, trasandata, dove vivono i due fratelli; nei due lunghi atti, i personaggi di Colem Connor (Florin Piersic Jr.), Valene Connor (Vlad Zamfirescu), Trete Welsh (Andi Vasluianu), Girleen Kelleher (Ioana Calota) sono stati interpretati magnificamente, sotto la regia Cristi Juncu; attori affiatati, in sintonia tra loro, credibili nelle continue ubriacature dettate dalle tante bottiglie di whisky che fanno da protagoniste, per consentire ai personaggi una totale disinibizione.
I circa 150 spettatori si sono spellate le mani per sottolineare la bravura degli attori della compagnia stabile del Teatrul Nottara.
Alla fine delle due performance, dopo cinque ore di attenta prestazione, buffet per tutti.
Serata conclusiva del " Fest de Bulevard",
vera maratona di teatro e premiazioni
La serata conclusiva del 17 ottobre è stata una vera maratona di teatro: alle 18, lo spettacolo "Sefele" di Wernet Schwab, nella sala Costantin del teatro Nottara con tre donne scatenate a raccontare le proprie esperienze di vita, tre tipi diversi tra loro: la grassa signora ben truccata tutta inghirlandata, costretta a muoversi su una poltrona a rotelle; una segaligna, cerbera, strega, cattiva, che rifiuta la vicinanza della terza donna piccola, magra, trasandata, che lavora pulendo le latrine e che trasporta con sé il cattivo odore del suo lavoro. Tre storie che si incrociano e che alla fine, le due si associano per sgozzare la piccola donna delle pulizie. Opera allegorica che il regista Sorrin Militaru per conto della produzione Tratrului Odeon di Bucarest ha ben fatto recitare dalle tre attrici, formidabili: Dorina Lazar, Coca Bloos, Emilia Dobrin.
Poi dalla saletta tutti nella sala grande Lovinnescu per assistere ad un lungo atto unico, durata due ore, senza pausa, dal titolo "Viata e Suferinta", definita dal suo autore Oliver Bukowski commedia da boulevard, ma che in realtà, per demerito del regista Vlad Massaci si è trasformata in una lagnosa e monotona commedia, dove si contrappongo due sistemi di vita, uno fatto da due quasi clouchard che vivono di espedienti, tanto da strumentalizzare la morte di un giovane trovato morto sul fondo di una piscina, per ricattare, fingendo che sia vivo con tanto di fotografie a documentarlo, i legittimi genitori, che non accolgono il ricatto, tanto sono presi dai loro problemi di coppia. Il finale è addirittura tragico: uno dei poveri cristi si spara, morendo in una scena, complessa nella sua struttura, super popolata di oggetti raccolti in strada.
Applausi di circostanza, da una platea super affollata per assistere alla consegna dei premi che, tutto lo staff del festival, in costume tipico romeno, ha saputo ben festeggiare.
Qual è il bilancio di questa III edizione del Fest in de Bulevard, che dall'8 al 17 ottobre ha animato pomeriggio e sera il pubblico di Bucarest, agendo principalmente nella sede del Teatrul Nottara? Sicuramente è positivo, vista la massiccia presenza del pubblico ad ogni rappresentazione, pubblico di ogni genere: dai giovani, alle casalinghe, dagli impiegati agli intellettuali.
Questo Fest ha messo in cantiere la bellezza di 21 spettacoli in 10 giorni; non è cosa da poco: grande impegno economico, organizzazione attenta e capillare, accoglienza ottima, informazioni di stampa tante ed articolate.
Spettacoli che hanno cavalcato ogni genere di teatro: monologhi, cabaret, drammi, commedie brillanti, ecc., spaziando sopratutto in produzioni rumene, ungheresi, bulgare ecc.
Inoltre, per quello che ci riguarda, abbiamo visto in scena ottimi attori, motivati, che hanno dato un forte contributo alla riuscita della manifestazione.
Dobbiamo complimentarci con la giovane direttrice Marilena Tepus presente ad ogni evento, compresi quelli connessi dedicati ai critici teatrali, alle conferenze su tema, alle letture, progetti per i risultati raggiunti.
Un Fest amato anche da una larga partecipazione di sponsor, circa 60, da quelli commerciali a quelli culturali, segno credibilità, di ottimo lavoro svolto nelle precedenti stagioni.