Cry Macho - Ritorno a casa
di Clint Eastwood
Con Clint Eastwood, Eduardo Minett, Natalia Traven, Dwight Yoakam, Fernanda Urrejola
USA 2021
Il tramonto del cowboy
Il vecchio cowboy ed ex idolo dei rodei Mike Milo (Eastwood) riceve dal suo amico Howard (Yoakam), padrone del ranch nel quale vive, la richiesta di andare in Messico e portargli il figlio quattordicenne Rafo (Minett), frutto di una breve relazione con Leta (Urrejola), perché ha saputo che nella casa materna il ragazzo viene maltrattato. Mike cerca di evitare il faticoso viaggio ma l’amico gli ricorda il suo debito di riconoscenza: anni prima, avendo perso la moglie e la figlia in un incidente, si era lasciato andare al dolore e all’alcool e Howard lo aveva aiutato, dandogli una casa e un lavoro. Parte per il Messico e arriva nella villa di Leta, mentre è in corso una festa. I due scagnozzi della donna, Aurelio (Horacio Garcia Rojas) e Lucas (Ivan Hernandez), lo portano dalla padrona e lei, saputo il motivo del suo arrivo, gli ride in faccia dicendogli che l’ex compagno aveva già mandato altri due a prendere il ragazzo e che entrambi avevano rinunciato; aggiunge che Rafo è un ribelle, ladro d’auto e frequentatore abituale dei combattimenti di galli; se lo trova, lo prenda pure. Mike gira per la città e trova un magazzino dove è in corso un combattimento di galli e qui vede Rafo che sta per mettere in campo il suo gallo Macho. Arriva la polizia, il ragazzo si nasconde e Mike che ha preso Macho, gli intima di venir fuori. Sulle prime Rafo sta in guardia: teme che l’uomo sia uno dei pervertiti che la corrotta madre usa mandare a molestarlo. Dopo un po’, l’idea di andare dal padre nel ranch pieno di animali lo convince e prega Mike di andare a prendergli qualcosa per il viaggio. Nella stanza del ragazzo il cowboy viene sorpreso da Aurelio che, minacciandolo con una pistola, lo porta da Leta. La donna tenta di sedurlo ma lui se ne va, con lei che lo minaccia di farlo arrestare e ordina ad Aurelio di seguirlo. Il mattino seguente, mentre sta guidando da solo, Macho sbuca dai sedili posteriori facendolo sbandare: lui e il ragazzo si erano nascosti lì. Infuriato intima a Rafo di scendere ma alla fine, vedendo i segni di frustate che il ragazzo ha sulla schiena, si convince di proseguire la sua missione. Loro sono costretti a prendere strade secondarie per sfuggire ad Aurelio e ai federales che – avvertiti da Leta – li cercano. Durante una sosta, la loro macchina viene rubata ma – arrivati ad un centro abitato – Rafo ne ruba una a sua volta. Si fermano per telefonare ma Aurelio li ha rintracciati e prende il ragazzo, gridando alle persone che assistono alla scena che lui è suo figlio e che il gringo vuole rapirlo; Macho si lancia sullo scagnozzo e, mentre lui è sbilanciato, Rafo si alza la maglietta, mostra i segni e grida che quell’uomo lo vuole prendere per abusare di lui. Gli astanti si precipitano a picchiare Aurelio e Mike, Rafo e Macho ripartono. Arrivano in un piccolo centro, dove si fermano a fare colazione nella locanda di Marta (Traven), che, intuendo che sono nei guai, caccia in malo modo lo sceriffo (Jorge-Luis Pallo), che era entrato insospettito dalle due facce nuove. La macchina rubata si è rotta e il loro soggiorno dovrà prolungarsi. Intanto Howard confessa al telefono all’amico che lui ha bisogno del figlio per usarlo con Leta, alla quale aveva intestato, per ragioni fiscali, delle proprietà delle quali ora vorrebbe – almeno per la metà – rientrare in possesso. Mike si indigna ma non dice niente a Rafo per non dargli una nuova delusione (sa, peraltro, che Howard è, in fondo, una brava persona e non lascerà mai tornare il figlio dalla perfida madre). La vita nel paesino comincia ad essere piacevole: Marta, come Mike, ha perso il marito e una figlia ed ora cresce le nipotine (Ramona Thorton, Abiah Martinez, Cesia Isabel Rosarez e Elida Munoz); in Mike, ricambiato, cresce un sentimento per la donna e Rafo ha un piccolo flirt con la più grande delle nipoti. In paese c’è un ranchero, Porfirio (Marco Rodriguez) che cattura cavalli selvatici ma non sa domarli; è il mestiere di Mike che – oltre ad insegnare a Rafo a cavalcare – si guadagna così i soldi per la permanenza, anche - grazie alla sua grande esperienza con gli animali - improvvisandosi veterinario per le bestie dei compaesani. Quando “guarisce” il cane della moglie (Darlene Kellum) dello sceriffo, entra a pieno titolo nella comunità ma l’arrivo dei federales, costringono Mike e Rafo ad una nuova fuga. Messo in salvo il ragazzo, lui torna da Marta.
Si può dire, in premessa, che non è tra i migliori film di Eastwood. Non è stato accolto bene da pubblico e critica negli Stati Uniti e anche in Europa (dove il mito dell’autore-attore è solidissimo) non ha convinto. E’ stata, in particolare, rilevata la scarsa credibilità dell’ultranovantenne Clint come uomo d’azione e – addirittura - seduttore; chi lo ha scritto ha, in parte, ragione: i suoi lenti movimenti, un tempo caratteristica di un eroe ieratico, ora sembrano soprattutto frutto degli acciacchi dell’età ma il suo carisma è sostanzialmente intatto (mi viene in mente, per assonanza, la scena finale di Bowling a Columbine nella quale – comunque la si pensasse sulla libera vendita delle armi – il “cattivo” Charlton Heston piegato in due dall’età, ruba la scena e il cuore degli spettatori rispetto al documentarista “buono” Michael Moore). Credo che i limiti di Cry macho siano due; uno, strutturale, è la qualità produttiva: lui, come sempre, produce con la sua Malpaso ma è evidente che non gli è più tanto facile trovare investitori ed assicurazioni (indispensabili per ogni film) che rischino su di un film prodotto, diretto ed interpretato da un novantunenne. L’altro limite è di genere: il western crepuscolare è sempre stato nelle corde di Eastwood ma la storia dell’orgoglioso tramonto del vecchio cowboy – dopo Solo sotto le stelle (’62) di David Miller con Kirk Douglas, Sfida nell’Alta Sierra (’61) con Randolph Scott e Joel McCrea e L’ultimo buscadero (’72) con Steve McQueen (entrambi di Sam Packinpah), Gli spostati (’61) di John Huston con Clark Gable e Il pistolero (’76) di Don Siegel con John Wayne – oggi non regge più. Il romanzo di N. Richard Nash (medio autore è sceneggiatore, noto prevalentemente per il dramma Il mago della pioggia) è del ’75 e, molto più del sempiterno Eastwood, mostra la corda. Fatto salvo tutto questo - e dando per accettabili location e cast messicani che consentono di abbassare i costi- ci sono nel film un paio di graffi con i quali il vecchio Clint lascia il segno: l’uso sapiente e ruffiano delle musiche (i due balli con Marta al ritmo di Sabor a mi rendono tutta la tenerezza di un amore fuori tempo massimo) e i suoi quasi impercettibili ma intensissimi passaggi di espressione, che traportano lo spettatore in un irresistibile coinvolgimento. Sembrano lontani i tempi degli splendidi Gran Torino e The mule (che invece sono del 2008 e del 2018) ma alla fine l’ultimo, grande macho è ancora con noi.
Antonio Ferraro