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BAILANDO MI TIERRA... MUDÉJAR - coreografia Miguel Ángel Berna


Bailando mi tierra... Mudéjar Bailando mi tierra... Mudéjar Coreografia Miguel Ángel Berna


Di: Miguel Ángel Berna

Costumi: Maria Jose Mora

Luci: Bucho Cariñena, 
Suono: Kike Cruz
, Direttore tecnico: Sergio Claveras (Pluto)

Regia: Miguel Ángel Berna

Produzione: Centro Aragonés de Danza Zaragoza

tour italiano a cura di Duetto 2000 - Roma

Interpreti: Miguel Ángel Berna con i ballerini, l'orchestra e la cantante della Compañia Española de Danza

Trieste, Politeama Rossetti 2 novembre 2013

www.Sipario.it, 14 novembre 2013
L'eleganza si sposa con la ieraticità, il dinamismo con il forte sentire. Per il recupero filologico di un'antica danza spagnola, nata nella regione aragonese più di mille anni fa, Miguel Àngel Berna offre tutto se stesso. Il suo talento di ballerino dall'intenso temperamento è finalizzato a riproporre la jota, da lui perfezionata in più di trent'anni e che dal 2006 è divenuta il suo cavallo di battaglia. In "Mudéjar... bailando mi tierra" il coreografo e direttore della Compagnia Stabile di Saragozza esprime al meglio l'amore e il pathos per le sue radici. La performance è frutto di un lungo lavoro di ricerca dedicato ad un ballo popolare di cui non esistono più testimonianze filmiche ma solo qualche foto e la memoria dei vecchi che l'hanno danzato in gioventù. Priva di un'elaborazione teatrale, al contrario del flamenco, la jota è coinvolgente, sensuale, prevedendo però movimenti che non si sfiorano ed esigendo musica dal vivo per instaurare un dialogo quasi di sfida tra ballerino e musicista. Si nutre delle atmosfere simboliche della Spagna medievale, di quel crogiuolo culturale pacifico che coinvolgeva cristiani, ebrei e musulmani prima della Reconquista. Ma è soprattutto danza ritmica che pretende sfoggio di abilità tecnica, di irrefrenabili e vitali virtuosismi di piedi e nacchere, ispirandosi all'andatura decisa e variabile del cavallo. Nacchere che per altro prevedono l'utilizzo del dito medio e non del pollice (al contrario di quanto avviene nel flamenco) e che sono realizzate in metacrilico trasparente (e non in legno).
Il performer Berna – dalla presenza scenica notevole – con le scarpe rosse e il completo nero rasenta e batte il pavimento esprimendo da febbrile interprete avite sofferenze esistenziali. La fierezza del busto, la passionalità controllata, la velocità fulminea, le simmetrie studiate trasmettono ossimoricamente emozioni talora algide, così come tutta la prova della Compañia Española de Danza, non certo facilitata dal disegno luci molto ripetitivo e cupo e da un impianto spettacolare molto tradizionale.
Le monodie dal sapore arabeggiante (intonate dalla magistrale Maria José Hernandez) lasciano il posto alle brusche accelerazioni e ai crescendo dal sapore klezmer, ben eseguite dall'orchestra dal vivo formata da sette musicisti. Molto accattivante risulta, infatti, la partitura, caratterizzata da malìe orientali affatturanti. Essa non è originale, al contrario dei passi e delle coreografie, ma nasce da una congettura a posteriori, ispirata proprio a quelle movenze del corpo, a quel folklore spagnolo lontano, nato dalla feconda contaminazione di culture.
Premiata da molti applausi l'apparizione triestina del "Paganini delle nacchere".

Elena Pousché

Ultima modifica il Giovedì, 14 Novembre 2013 23:08

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