Balletto in un prologo e tre atti dalla fiaba "La belle au bois dormant" di Charles Perrault
Libretto di M. Petipa e I.A. Vsevolozkij
coreografia e regia: Rudolf Nureyev
coreografia ripresa da Aleth Francillon
musica: Pëtr Ilic Cajkovskij
direttore: David Coleman
scene e costumi: Franca Squarciapino
con Svetlana Zakharova / Marta Romagna / Sophie Sarrote / Gilda Gelati, Denis Matvienko / Guillame Côté / Massimo Garon / Leonid Sarafanov
Orchestra e Corpo di Ballo del Teatro alla Scala
Milano, Teatro alla Scala, dal 12 al 24 maggio 2007
È Svetlana Zakharova, la star più contesa del momento - la si era appena vista col Bolscioi ne La Fille du Pharaon - che risplende ed è il perno di La Bella addormentata nel bosco riapparsa alla Scala. Balletto che continua a godere di grande popolarità, punto d'arrivo assoluto nella graduatoria dei balletti ciaikovskiani, e però fra i più ardui da eseguire. E tanto più in questa versione di Rudolph Nureyev che continua a essere la più favorita.
Una versione, in verità, che oggi anch'essa comincia a risultare un po' «fané», concepita secondo il grande gusto inglese degli anni 60 e tenendo presente la lezione del Kirov. Un balletto molto curato nei dettagli e però giustamente alleggerito nel «divertissement» da inutili folclorismi, dove il ruolo del principe acquista maggiore rilevanza. Un balletto di segno fastoso che tende al kolossal tra un barocco alla Versailles e un Settecento galante alla Watteau, tutto uno sfolgorio di luci, stucchi e gioielli, un palazzo degli incanti e un labirinto di Armida (anche se unica è la scena per i tre lunghi atti) dove tutto accade come se si volesse tornare indietro nel tempo, nella reggia dello Zar quando il lavoro (1890) fu concepito dal grande Petipa.
Tutto infatti ha un piglio imperiale, nella ricchezza policroma delle stoffe e del tulle (costumi di Vera Squarciapino, è sua pure la scenografia) anche nel risentire il cattivo gusto senza per altro caderci proprio dentro come la coreografia di Nureyev con tutti i suoi preziosismi, le sue complicazioni, le sue sfide estreme all'accademia. Dove ognuno, corpo di ballo compreso, si deve impegnare a fondo. Un cammino insomma difficile anche per la bella squadra scaligera non tutta proprio all'altezza del compito. Ma a salvare la serata e a renderla naturalmente bella è la Zakharova, pure se per lei la prova è ardua e in qualche momento ci si accorge. Come nel gran «pas de deux», finale danzato con il biondo, sicuro e ineccepibile Denis Matvienko. Perfetta tuttavia nel famoso «Adagio della rosa» dove eccelle per tecnica superlativa. È trionfo per i due protagonisti. Successo per tutti. Al podio il maestro David Coleman.
Domenico Rigotti