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IL LAGO DEI CIGNI – coreografia Rudolf Nureyev da Marius Petipa e Lev Ivanov

"Il lago dei cigni", coreografia Rudolf Nureyev da Marius Petipa e Lev Ivanov. Foto Yonathan Kellerman, Opéra national de Paris "Il lago dei cigni", coreografia Rudolf Nureyev da Marius Petipa e Lev Ivanov. Foto Yonathan Kellerman, Opéra national de Paris

Balletto in quattro atti
Coreografia: Rudolf Nureyev da Marius Petipa e Lev Ivanov.
Musica: Pyotr Il’yich Tchaikovsky. Libretto: Vladimir Begichev, Vassili Geltser.
Scene: Ezio Frigerio. Costumi: Franca Squarciapino. Luci: Vinicio Cheli.
Con: Valentine Colasante, Paul Marque, Dorothée Gilbert, Guillaume Diop, Myriam Ould-Braham, Marc Moreau,
Héloïse Bourdon, Pablo Legasa, Amandine Albisson, Jérémy-Loup Quer,
le étoiles, i primi ballerini e il Corpo di Ballo dell’Opéra national de Paris.
Orchestra dell’Opéra national de Paris. Direttore: Vello Pähn
PARIGI, Opéra national de Paris, Opéra Bastille, dal 10 dicembre 2022 al 1 gennaio 2023

www.Sipario.it, 21 gennaio 2023

Il lago dei cigni all’Opéra de Paris: se laisser aller au rêve!
Nell’anno che segna il trentesimo anniversario della scomparsa di Rudolf Nureyev sono numerosi gli omaggi e le serate dedicate alla memoria e al contributo dell’indimenticato divo della danza. Non poteva fare eccezione l’Opéra national de Paris che all’indiscusso protagonista delle scene coreutiche della seconda metà del Novecento dedicata il titolo classico di maggior respiro della stagione in corso. Sedici recite riportano in scena, infatti, la sua versione del Lago dei cigni creata proprio a Parigi nel mese di dicembre del 1984 con le scene di Ezio Frigerio e i costumi di Franca Squarciapino: décors che qui, com’è noto, rievocano le iconiche campiture cromatiche di Claude Monet efficaci nel delimitare quello spoglio spazio chiuso in cui prendono vita le angosce e i tormenti del giovane Siegfried, protagonista che in questa versione gode di una lettura drammaturgicamente e coreograficamente di assoluto rilievo.
In una delle recite di fine dicembre a vestire i panni del giovane principe era Marc Moreau, premier danseur della massima troupe di danza d’oltralpe che troviamo in uno splendente vigore tecnico tale da consentirgli di affrontare, con lodevole disinvoltura, le insidie del vocabolario coreografico concepito dal tartaro volante. Piacciono le linee definite, gli equilibri stabili, la pulizia esecutiva nei salti e nei manège che inframezzano i segmenti pensati per il personaggio. Un vigore, il suo, che permette di mostrare le prescritte prodezze tecniche sebbene non sempre si ravvisino le dinamiche e gli smussamenti estetici concepiti dalla scrittura Nureyev. A sostituire l’annunciata étoile Myriam Ould-Braham nel ruolo di Odette/Odile la première danseuse Héloïse Bourdon: gelido lirismo, port de bras ampi e tempra interpretativa sono i tratti che emergono nella sfida legata al noto doppio ruolo e se moderatamente ammiccante è la sua Odile - rinunciando alla perfidia dirompente - elegante e armonicamente modulata è la sua Odette che gode di arabesque eccellenti e di una gradevolissima partnership con il ruolo di Siegfried consegnato da Moreau. Jack Gasztowtt, impegnato con i nebulosi rivoli di Wolfgang e Rothbart, è convincente nella resa torva prevista in questa versione, appropriate le smussate dinamiche concesse alla coreografia, lacunosi i tours en l’air della variazione che amplia il Black swan pas de deux. Se non sempre ottimi i sincronismi del corpo di ballo maschile, magnifico è l’ensemble dei cigni abili nel riconsegnare con precisione le complesse geometrie della coreografia, come pure valida l’esecuzione del pas de trois del primo atto che qui vede impegnati Hannah O’Neill, Roxane Stojanov, Andrea Sarri e dei quattro piccoli cigni di Bleuenn Battistoni, Inès Mcintosh, Jennifer Visocchi e Julia Cogan.
Un capitolo determinate, dunque, per l’identità della massima compagnia francese - come opportunamente ribadisce Aurélie Bergerot nel programma di sala: le «style Noureev» […]est désormais indissociable du Ballet de l’Opéra national de Paris - creato esattamente trentotto anni fa subito dopo la nomina di Rudolf Nureyev alla direzione del corpo di ballo dell’Opéra. Un titolo, quindi, che non può essere dimenticato e che impone la necessità di riportare frequentemente in scena l’urgenza di un ripensamento antropologico che accoglie e valorizza l’umana disperazione: merita ricordare, infatti, che l’estetica e la drammaturgia pensata dal divo della danza per questo balletto sembrano rievocare, con spietate autenticità, quelle note e fosche considerazioni di Čajkovskij che nel 1878 - un anno dopo la composizione del balletto - scrive a Madame von Meck: S’il ne nous reste que la résignation et la tristesse, il est alors préférable de tourner le dos à la réalité et de se laisser aller au rêve.

Vito Lentini

Ultima modifica il Martedì, 24 Gennaio 2023 00:10

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